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Titolo: I libri della settimana

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1933-09-13

Identificatore: 1933_403

Testo: I libri della settimana
Un romanzo di Cerio
Edwin Cerio, popolare guanto il suo lungo reggimento dei destini comunali dell’isola di Capri, ha scritto un romanzo che vede la luce nelle edizioni del fido Casella: Conserve e affini (Napoli, 1933 - L. 15). Che sia un romanzo, il frontespizio non dichiara e chi distrattamente sostituisse una sola vocale nel nome dell’autore potrebbe credere di trovarsi davanti al catalogo alimentare di una firma famosa. Il caso non è senza sapore, e dichiara subito il carattere partenopeo e burlesco del libro, che è proprio un romanzo, solido, compatto, di 464 pagine, la vita d’un uomo e d’una industria, un panorama napoletano alto di colore. « Quella è la macchina di don Giacomo Amoroso che s'è fatto signore con la conserva di pomodoro », esclama la gente con una specie d’orgoglio nazionale quando vede passare l’automobile del pomodorista, ed è codesto del pomodoro e delle connesse fortune degli Amoroso il leit-motiv del romanzo, cucinato stavamo per dire in tutte le salse. Ma Giacomo Amoroso ha pure una vita sentimentale e buona parte del libro è dedicata alla storia del suo matrimonio con Gelsomina, prosperosa ragazza molto più giovane di lui, che dovrebbe dargli un figlio ed erede, il futuro continuatore dell’industria paterna. Il figlio non viene. Ragione per cui la delusione di don Giacomo dà al romanzo qua e là un tono patetico che non manca dì note umane: ma finalmente anche la paternità ha il suo ottimistico epilogo; nasce il figlio che don Giacomo accetta a occhi chiusi come una benedizione celeste. Appena sa che è un maschio dispone perchè sulla facciata dello stabilimento un pittore dipinga a lettere di scatola la dichiarazione della speranza fatta realtà: « Giacomo Amoroso e figlio, conserve e affini », quel figlio che ha appena un'ora ed è già nella vita con una personalità e un destino. La conclusione ha una sua moralità delicata. Ma il romanzo si raccomanda alla lettura, divertente com'è e in genere sostenuto se pure qua e là le tinte appaiano sforzate sul piano della caricatura sommaria, soprattutto per la felicità con cui è sbozzato il carattere di don Giacomo e per la realizzazione della figura di Gelsomina, che diventa il vero centro e motore della vicenda e l’illumina delle contraddizioni, reazioni e sorprese di una femminilità vivacissima. È poi c’è Napoli che canta in queste pagine e c'è la curiosa avventura d'una industria napoletana che allineando accanto al pomodoro gli affini e preparandoli in scatole celebri ha conquistato il mondo.
Edwin Cerio.
Ritratto di Londra
Ritratti di città. Dopo Nuova York, ecco che Paul Morand ha posto a fuoco l'altra mecca del mondo anglosassone, Londra. (Paul Morand: Londres - ed. Plon, 1933 - franchi 15). Morand forse ha pensato che in fondo le città, la stessa Parigi, non hanno mai avuto nella letteratura il posto che meritano: i romanzieri se ne sono serviti come ambiente, gli storici come tela di fondo, gli oratori come uditorio; se i geografi le trascurano, i drammaturghi le ignorano (Roma, s’intende, resta fuori causa: Roma è stata assunta dalla storia in persona a protagonista d’una vicenda di carattere universale che dura da duemila anni).
Ora Paul Morand ha voluto porre rimedio a queste lacune e restituire alle capitali il loro colore poetico, i loro movimentò essenziali, la loro anima. A Londra, egli dice, il presente non si spiega che col passato (è una formola che vale per Londra come per Parigi o per Mosca) e le radici scendono in profondità di quanto l'albero sale in altezza. Di qui il tono di libro storico e di ricordi che ha questa guida morandiana di Londra, di esplorazione nel profondo di quel mistero londinese che si evoca così spesso e che si conósce così male. Ne vien fuori a poco a poco, e con sorpresa del lettore, una Londra romantica, e pur radicata nella realtà, dove tutto è sostanza e nulla apparenza, e dove la nebbia, che stagna sulla pita cittadina e oscura il cielo, e il gran fiume freddo hanno la loro poesia (reperibile, se mai, anche in più d'un romanzo inglese d’oggi). Infine il ritratto di Londra desinit nel ritratto del carattere inglese idealizzato da un parigino non ancora deluso: ne giudichino i lettori: « Voglio un'ultima volta render grazie a Dio di questo: che gli inglesi hanno saputo servirsi del denaro senza che il denaro si serva di loro; che non hanno la mano sul cuore ma il cuore in mano; che invecchiano senza rughe, con occhi di fanciulli, con la leggerezza che dona lo sport; che sono i più vecchi uomini liberi dell'universo e che tuttavia sanno dire grazie; che usano poche cortesie ma anche pochi tiri mancini; che non li interessa di non essere più alla moda; che occorrono loro dieci anni per fabbricare un tecnico, ma dieci secoli per fare un gentleman; che non cercano di trasformare i cani in grandi persone nè i giardini in salotti; che sono riusciti a metter su questo capolavoro che si chiama Londra ». La parola a Bergeret...
Paul Morand
Sinfonie di luce
Col nuovo volume di liriche di Gentucca (Sinfonie di luce) s’inizia una collana di poesia della Casa Editrice Montes di Torino; e si inizia sotto un segno fausto, in quanto il mondo lirico di Gentucca è un'accettazione ottimistica della vita in pienezza di emozione e di sentimento, con cosciente revisione dei valori spirituali che concorrono ad elevarla emancipandola dal male e dalla supina accettazione di esso. La vita è azione e reazione, non rassegnazione passiva. Il bene, la bellezza, l'amore sono forze positive sulle quali l’uomo deve sempre saper contare, risolvendo in canto di gioia consapevole, cioè in inno, la sua contemplazione della realtà. In questo senso anche il dolore è una forza, e il superamento del dolore un tema lirico. Del resto l’ottimismo di Gentucca non è una presa di posizione volontaria, una formola o un'abitudine: è uno stato d’animo di felicità ispirato soprattutto dagli aspetti della natura, dai suoi profondi richiami e dalle sue influenze indirette e dirette sul corso dei pensieri e dei sentimenti. I colloqui coi paesaggi e con le creature e con le cose ispìrano a Gentucca alcuni de’ suoi canti più belli. C’è in questa poetessa molta gentilezza e soavità femminile, ma c’è anche un’intima forza che esplode in accenti concitati e appassionali. La sua atmosfera non è sempre da idillio. Si legga, per esempio, La scala sinfonica, che apre il volume, per avere il senso delle forze che si equilibrano in lei, della aspirazione panica potentemente espressa e della tendenza a una poesia impressionistica di tinte accese insieme e delicate. Altre indicazioni: Radici, La via dell’anima, La legge, come punti di orientamento per la valutazione d’una poesia non consueta nel coro femminile. Gentucca ha una voce sua, riconoscìbile a distanza, una sua virtù di animare il paesaggio e di coglierne gli accordi universali, di mettere le cose su un piano lirico assoluto che non ha bisogno del simbolo per fare intendere il valore della sua sintesi. La formola carducciana delle voci che vanno eterne fra la terra e il cielo ha nel canzoniere di Gentucca una applicazione assidua in atmosfere rarefatte, con intuizione spesso mirabile dei segreti tremori di queste rispondenze, delle leggi misteriose che le regolano; prima la legge d’amore, che ha in questa poesia una sede sempre assai degna e la ripaga con l’altezza dell’ispirazione e la nobiltà della forma.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 13.09.33

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “I libri della settimana,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1213.