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Titolo: Utilità e funzione dei "premi letterari"

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1931-08-26

Identificatore: 126

Testo: UN' INCHIESTA FRA AUTORI ED EDITORI

Utilità e funzione dei “premi letterari"

1° Credete all'utilità del premi letterari e alla loro efficacia come mezzo di propaganda popolare a vantaggio del libro italiano?

2° Credete che i premi possano rivelare degli autentici valori che non avrebbero altrimenti modo di arrivare al pubblico?

3° L’attuale moltiplicarsi di premi letterari non è già un indice della favorevole ripercussione ch'essi, nel recente passato, hanno avuto nella massa dei lettori? O anche in fatto di premi preferite la formula: « pochi, ma buoni »?

4° Qual è l’influenza immediata del premio sulla vendita del libro premiato?

Il pensiero di Ugo Ojetti

Iniziamo l'odierna puntata delle risposte alla nostra inchiesta sul premi letterari, confortata dal generale consenso, col nome illustre di Ugo Ojetti, accademico d'Italia e direttore della rivista Pègaso, autorevole specchio della vita culturale del nostro Paese. Con la precisione e la chiarezza che gli sono proprie, Ugo Ojetti espone il proprio punto di vista in merito alla frequenza ed alla entità dei premi, per arrivare ad una conclusione supremamente saggia, sulla quale crediamo che tutti ci si possa mettere d’accordo:

Credo nell’utilità dei premi letterari; e più saranno, meglio sarà. Penso agli scrittori non al pubblico. Nell’indifferenza e, se permettete, nell’ignoranza di tanti Italiani pei libri in genere e più pei libri del loro Paese, se il premio avrà soltanto confortato uno scrittore in solitudine e gli avrà provato che vale la pena di continuare a lavorare, lo scopo sarà raggiunto.

Che ogni premio debba portare alla luce del sole un genio nuovissimo, questo è chiedere troppo. Del resto da noi gli scrittori veramente noti e ben venduti sono, in confronto agli scrittori che meriterebbero d’esserlo, tanto pochi, che per parecchi anni si potranno premiare scrittori e scrittori al pubblico quasi ignoti ma già stimati ed ammirati dai loro colleghi più attenti ed equanimi.

Che il libro da premiare sia nella vita dell’autore il primo o il decimo, che l’autore abbia vent’anni o n’abbia quaranta, a me giurato importa poco.

Ma se non sono contrarlo al moltiplicarsi dei premi, comincio, sulle recenti esperienze, ad essere contrario ai grossi premi. Premiare con cinquanta o centomila lire un libro o un quadro, è troppo. I giurati restano titubanti nel vedere tanto oro su un piatto della bilancia e, davanti al rischio di riuscire cattivi profeti, sono tentati di mandare a monte il concorso. I premi da diecimila lire in su non dovrebbero mai essere destinati ad un singolo lavoro, ma all’opera complessiva di uno scrittore o di un artista. Se Corrado Alvaro avesse presentato un solo libro, forse non avrebbe vinto il premio di cinquantamila lire. Per fortuna nel 1930 egli aveva pubblicato tre libri. Così in Accademia, attribuendo i premi Mussolini ad Ada Negri e ad Ildebrando Pizzetti, s’è considerato tutta la loro opera e la loro vita, non soltanto Vespertina o Fra Gherardo. Idem alla Quadriennale, quando s’è dato il premio di centomila lire per la pittura ad Arturo Tosi che esponeva cinquanta quadri. Per questo tutte e quattro le premiazioni sono state approvate dalla stragrande maggioranza del pubblico.

Premi, dunque, quanti se ne può, a mare e a monte, in Accademia e a Bagutta. Si aggiunga che più frequenti saranno i premi, più facilmente si potrà riparare un'ingiustizia e dimenticare un premio male attribuito,

Ugo Ojetti

Bino Sanminiatelli

La parola è a Bino Sanminiatelli, toscano di antico ceppo, affermatosi da pochi anni nella letteratura narrativa con due o tre libri di primo ordine, il più recente dei quali, « L'urto dei simili » tocca un problema che a suo tempo aveva interessato il cuore e la fantasia dì Turgheniev.

Credo all’utilità dei premi letterari e alla loro efficacia come mezzo di propaganda popolare a vantaggio del libro italiano. Credo anche che i premi possano rivelare giovani finora ignoti al gran pubblico. Tutto sta nel come questi premi vengono intesi. Trovo anzitutto che il premio deve avere valore morale e di propaganda; perciò sono contrario ai premi troppo vistosi a cui spesso non corrisponde il successo della vendita. Guardarsi perciò dal fuoco di paglia e da che il premio costituisca per il vincitore una cosa simile alla vincita di una tombola e di una lotteria. Vi sono stati alcuni dei premi maggiori, ignorati dal pubblico. Io sono del parere: « pochi e meno buoni » (dal punto di vista del premio in denaro, s’intende), ma che quei pochi abbiano più risonanza e maggior valore per la carriera di un giovane.

Bino Sanminiatelli

Un editore

Licinio Cappelli, il valoroso editore bolognese che ha recentemente lanciato i primi tre numeri della « Biblioteca dell'autore prescelto » per rivelare giovani scrittori degni d'incoraggiamento, è un altro che crede all’influenza morale dei premi ma è scettico sulla loro efficacia pratica.

I — Sì, fermamente, per le ragioni che dirò, credo all'efficacia morale dei premi letterari.

II — Si, credo che i detti premi potranno rivelare autentici valori, specialmente quando saranno rivolti, oltre che ad autori i quali sono comunque riusciti a pubblicare le loro opere, anche a. coloro che invano hanno bussato alle porte degli editori, quasi sempre costretti — per ovvie ragioni commerciali — a tener conto, prima che del valore delle opere offerte, del nome degli autori. Il sottoscritto, ad esempio, può prescindere da queste considerazioni solamente quando si tratti di giovani i quali aspirano alla « Biblioteca romantica italiana: l’Autore prescelto », la quale ha per programma di far conoscere opere di carattere narrativo scritte da giovani autori ancora inediti.

III — Sì: il moltiplicarsi dei premi letterari è indice di un nostro maggiore interessamento al libro italiano. Direi anche, « pochi premi, ma buoni ». Però, sono davvero troppi, una decina, e forse meno? Sono così scarsi, in Italia, gli autori che possono vivere col reddito delle loro opere (e ciò a cagione delle povere tirature, chè, da noi, si legge purtroppo ancora poco: all'estero, opere che vengono chiassosamente tradotte, e non valgono le nostre, giungono a tirature che consentono, di un subito, l’indipendenza economica) per cui un certo numero di premi letterari credo sia proprio utile. Meglio spartirei il poco, posto che non siamo in condizioni di dare un pane sufficiente, che lasciare qualcuno, più degno. morire d'inedia. Intendo, sopra tutto, inedia morale...

IV — Poca, poca è l'influenza dei premi sulle vendite delle opere premiate; e ciò a causa di qualche errore e di qualche orrore nelle premiazioni. Il pubblico non è affatto sciocco; e come s’è abituato a diffidare delle recensioni fatte in famiglia (sicché sono pochi, oggi, i giornali che ancora godano tal credito) e delle auto-fascette, così per i premi va guardingo. Più che come editore, come libraio potrei, in « camera charitatis », fare dei nomi e delle cifre: premi chiassosi che hanno fruttato, si e no mezza dozzina di copie; recensioni di due colonne che hanno lasciato il volume... in vetrina, mentre una volta bastavano dieci righe ad esaurire una edizione.

Licinio Cappelli

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 26.08.31

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Utilità e funzione dei "premi letterari",” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/126.