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Titolo: Testi e pretesti: un'antologia poetica di Huxley

Autore: Alberto Rossi

Data: 1933-12-13

Identificatore: 1933_535

Testo: testi e pretesti - Un’antologia poetica di Huxley
Un’antologia poetica uscita dalle mani di Aldous Huxley: c’è da star sicuri che avrà in sè qualche elemento davvero fuori dal comune. E tale aspettativa non andrà certo delusa per chi voglia prendersi il gusto di sfogliare le pagine di quest’ultimo volume, che il celebre scrittore parrebbe aver composto nei riposi tra un romanzone una raccolta di saggi e di novelle.
« Parrebbe », s’è detto: e il condizionale non è qui una semplice forma di discorso elusivo, ma vuol dire qualcosa di preciso, e cioè che quell’apparenza di opera composta per svago e sollazzo, e sia pure dottissimo sollazzo, non regge, appena uno guardi un poco addentro. Ci si avvedrà ben presto, invece, che essa risponde a quei medesimi bisogni di affermazione temperamentale per una parte, di critica e di polemica dall’altra, delle opere di creazione.
Ma che cos’è, anzitutto, il libro cui si sta accennando? È uscito qual che mese fa a cura di un editore americano (Aldoux Huxley: Texts and Pretexts - Harper & Brothers, Nuova York - Due dollari e mezzo ) e porta come sottotitolo « An Anthology with commentaries », un’antologia con commenti, e si compone di poesie e brani di poesie — anche qualche brano di prosa più o meno poetica — in diverse lingue, cui fanno seguito i commenti di Huxley: commenti rapidissimi o appoggiati, di ispirazione critica o estetica o morale o politica o sociale o scientifica o tutte queste cose assieme: pretesti, insomma, secondo la parola cara a André Gide. Cosa che non meraviglierà chi non sia del tutto nuovo alla personalità multiforme dello scrittore, quale si manifesta nei suoi romanzi e novelle, pieni, com’è noto, di arresti e notazioni e discussioni su ogni punto dello scibile; e miglio ancora nei suoi saggi, che godrebbero a essere meglio conosciuti.
Lo Huxley potrebbe apparire, a prima vista, uno scettico e un eclettico: e non è, anzi il contrario, uno degli scrittori d’oggi che porta nel proprio mondo romanzesco, più che una preoccupazione di concretezza, la massima attenzione invece alle « idee » e alle persone che le incarnano. Insomma, nessuno come lo Huxley si potrebbe avvicinare, tra gli scrittori viventi, a quegli « illuministi » del Settecento, instancabili nell’esaminare e nel risolvere i casi sempre nuovi che la vita presenta, in idee: ma non già col distacco del psicologo disinteressato e solo curioso di casi, come lo Huxley stesso amerebbe talvolta suggerire, ma anzi con una partecipazione sempre attiva e se non appassionata — ecco una parola che difficilmente si potrebbe usare parlando di questo scrittore — intellettualmente vigile, e tanto preoccupata della difesa di certi valori da giungere sino a una fredda e vendicativa violenza.
E non a caso si sono rievocati gli illuministi, poiché i valori che lo Huxley difende sono sostanzialmente i loro. Se, infatti, nessuno quanto lo Huxley ha denunciato i pericoli di un eccessivo intellettualismo, non meno per lui il rimedio sovrano ai pericoli da cui l’individuo e la società sono minacciati sta in un uso corretto vigile e virile delle facoltà di intelligenza e di razionalità insite nell’uomo. E se il suo scrupolo di obbiettività potrà talvolta dare alle sue osservazioni un certo color fatalistico, in realtà il movente che governa tutti i suoi atti e i suoi pensieri è una difesa dei valori spirituali e intellettuali, minacciati dalla marea di grossezza che le moderne forme quantitative di vita sociale favoriscono. Sicché la sua ironia e la sua critica, che hanno dato luogo a tanti saporosi racconti, si volgono più che altro alle deviazioni e alle sopraffazioni intellettualistiche e snobistiche della mondanità intellettualoide del dopoguerra. In definitiva, quel che gli sta a cuore e propugna è una virile armonia delle facoltà nell’uomo, e un atteggiamento di onesta consapevolezza di fronte a se stessi e agli altri.
In questa antologia poetica si hanno continue conferme di questo atteggiamento. Ecco le prime parole dell'introduzione: « Compilare un’antologia mentre tutto precipita? È come suonare il violino, protesterete indignati, mentre Roma brucia. Ma forse Roma oggi non sarebbe in fiamme se i romani (leggi, la civiltà contemporanea) si fossero interessati con più intelligenza ai loro violinisti... Noi tendiamo a pensare e a sentire nei termini dell’arte che ci piace: e se questa è scadente, anche il nostro pensare e il nostro sentire lo saranno. E se il sentire e il pensare della maggioranza degli individui componenti una società sono scadenti, tale società non sarà forse in pericolo? ». Dove è elegantemente posto e risolto il problema dei rapporti della vita e dell’arte.
« Nei corso dell’ultimo mezzo secolo, le concezioni secondo le quali gli uomini interpretano le proprie esperienze sono state alterate dalla scienza in modo irriconoscibile. Superficialmente, dunque, molta della grande poesia del passato è fuori corso: ma solo superficialmente: poiché l’esperienza fondamentale rimane inalterata. Non è difficile decifrare, per così dire, le antiche interpretazioni, e tradurle in termini nostri. Questa è una delle cose che ho tentato di fare nei miei commenti... Sarebbe stato meglio, naturalmente, scrivere tutto da solo, testo poetico e commenti, se di commenti ci fosse stato bisogno »... Ma poiché lo Huxley confessa di non avere le capacità di un Dante, s’è volto a questo espediente.
Egli non ha dunque voluto compilare un’antologia delle migliori poesie mondiali, ma mettere insieme un mosaico poetico che esprimesse o contenesse per così dire una somma di visioni e interpretazioni delle più svariate esperiènze umane: eliminando anzi tutti i « pezzi » più noti e facilmente accessibili, ed eleggendo solamente quelli che per un verso particolare interessavano la sua interpretazione. Ne è venuta fuori per tal modo una raccolta singolarmente istruttiva e attraente, sia per l’abbondanza di poesie e frammenti poco noti, specie in lingua inglese, sia per gli accostamenti imprevisti, che vengono a dare nuovo sapore e chiamano a nuove riflessioni. E queste sono poi svegliate a ogni tratto dai commenti dello Huxley, che potranno volta a volta essere profondi, divertenti, irritanti, ma non mai banali.
Per parlare il linguaggio d’oggigiorno, l’intonazione ne è prettamente « contenutistica », anche se egli non dimentichi mai di vagliare il valore estetico della « realizzazione » di fronte alle intenzioni. Ma la poesia rimane per lui innanzi tutto una « espressione » e quindi un documento. E vi assicuro che le induzioni che egli da tali documenti ricava sono sempre pungenti e stimolanti. Così, citando i versi del poeta inglese che dice: « Siete voi, siete voi, luce di luna, e ombre, e lago, e montagne, che ci empite di gioia, o il poeta che tanto bene vi canta? », a un certo punto aggiunge lo Huxley: « Le nazioni sono per una gran parte inventate dai loro poeti e narratori. L’inadeguatezza del dramma e del romanzo tedeschi spiegano forse la curiosa incertezza e artificiosità di carattere mostrate da tanti dei tedeschi che accade d’incontrare ». E via di seguito. E subito dopo, a commento di una quartina di Blake sull’Immaginazione, egli osserva: «Ad Altamira, e nelle caverne dipinte della Dordogna, si trovano dei bisonti paleolitici che potrebbero essere disegnati da Degas. Sulle mura dei ricoveri rocciosi di un’epoca posteriore vi sono figure neolitiche di uomini e di animali che potrebbero essere opera di un bambino settenne. Eppure tutto dimostra all’evidenza che gli uomini della Nuova età della pietra erano incomparabilmente più intelligenti e progrediti che non i loro antenati magdaleniani. L’apparente degenerazione dell’arte neolitica è in realtà un progresso, poichè segna un aumento del potere di generalizzazione... Quel primo è un realismo che può essere solamente ritrovato quando gli uomini, giunti a un grado elevatissimo di civiltà, scoprono una tecnica per dimenticare quell’arte dell’astrazione che aveva reso la civiltà possibile, e imparano a guardare nuovamente il mondo con gli occhi spregiudicati di esseri che non abbiano ancora imparato a parlare... ».
« L’uomo e la natura », « L’uomo e Behemot », « Il Paradiso Terrestre », l’amore sotto i suoi vari aspetti — « Desiderio », « Passione fìsica », « Amore e letteratura », e via dicendo, sino alla « Poligamia » — « Il denaro », « La magia », « L'amor fati », « La tortura di sé », ecco alcuni dei titoli sotto cui son rubricati testi e commenti: e daranno un’idea della ricchezza e varietà della raccolta.
Alberto Rossi.
Andrea Malraux che ha vinto quest'anno il premio Goncourt per il romanzo « La condition humaine ».

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 13.12.33

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Citazione: Alberto Rossi, “Testi e pretesti: un'antologia poetica di Huxley,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1345.