Beta!
Passa al contenuto principale

Titolo: Utilità e funzione dei "premi letterari"

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1931-09-09

Identificatore: 144

Testo: Un’inchiesta fra autori ed editori

Utilità e funzione

dei “premi letterari"

1° Credete all'utilità dei premi letterari e alla loro efficacia come mezzo di propaganda popolare a vantaggio del libro italiano?

2° Credete che i premi possano rivelare degli autentici valori che non avrebbero altrimenti modo di arrivare al pubblico?

3° L’attuale moltiplicarsi di premi letterari non è già un indire della favorevole ripercussione ch'essi, nel recente passato, hanno avuto nella massa dei lettori? O anche in fatto di premi preferite la formula: pochi, ma buoni »?

4° Qual è l'influenza immediata del premio sulla vendita del libro premiato?

Un giudice

Paolo Monelli siede una volta all'anno attorno alla tavola (imbandita) per decidere da giudice onesto a chi tocchi il premio Bagutta. Egli non si scorda di questo suo carattere e prende subito posizione:

Essendo io giudice fondatore del premio Bagutta (il premio che ha dato l’esempio e la stura a tutti i presenti premi letterarii in Italia) dovrei naturalmente esprimere parere incondizionatamente favorevole alla prima domanda, se i premi letterarii siano utili ed efficaci come mezzo di propaganda del libro italiano. Debbo dire però che l’esperienza di quattro anni di premi letterarii, ogni anno più frequenti, mi lascia alquanto perplesso sulla utilità generale di un premio, che mi pare si limiti a qualche vantaggio personale per il premiato (offerte di collaborazioni a quotidiani, di editori e simili) ed alla vendita di qualche centinaio di copie in più del normale nei pochi giorni seguenti all’assegnazione del premio, se ed in quanto i quotidiani italiani abbiano avuto la cortesia di occuparsi con abbondanza della cronaca dei premio e se i librai si siano affrettati a esporre il volume in vetrina.

Ad ogni modo bisogna francamente lasciare da parte l’aggettivo popolare della prima domanda. Il popolo italiano, inaccessibile alla produzione della presente letteratura italiana per ragioni che non è qui il caso di studiare, e sordo alle critiche e alle raccomandazioni dei giornali, appare ormai non tenere in nessun conto le designazioni, rigorosamente letterarie, della maggior parte delle nostre giurie; specie dopo di essere rimasto scottato dal carattere appunto prevalentemente « di letteratura d’eccezione » delle prime designazioni. Esclusa la grande massa del popolo italiano, si può ammettere che il premio abbia una certa eco fra quella classe di lettori attenti alle novità per curiosità o per moda, che seguono i listini editoriali, e sono abituati a ricevere il la dai critici togati dei principali giornali; ma questa eco non credo ottenga altro effetto che quelle centinaia di copie vendute in più, di cui dicevo più sopra; e forse il risultato, ove si tratti di un nome completamente ignoto, di segnalarlo con qualche anticipo e con una effettiva violenza sulla critica togata; alla quale in ultima analisi quel pubblico continua spesso a dare retta anche in questo caso, attendendone la sanzione al premio assegnato.

Così intesa l’utilità di un premio letterario, essa può essere tale da fare salutare il moltiplicarsi dei premi, aumentando per così dire il controllo e la suggestione alla critica togata da parte di gruppi eterogenei di giudici, spesso a quella critica estranei od avversi. Tuttavia i troppi premi letterarii, data l’estrema suscettibilità della scarsa classe dei compratori e la sua angustia intellettuale che non le permette di accettare troppi nomi alla volta, possono condurre rapidamente alla sazietà ed allo scetticismo davanti alle nuove proclamazioni.

Ritengo necessaria poi la distinzione fra un premio solo, cospicuo, destinato a premiare un autore nella sua vita e nella sua opera complessiva, che potrebbe diventare un premio Nobel letterario per l’Italia (l’attuale premio Mussolini dell’Accademia, per esempio, però portato a un ammontare molto maggiore dell’attuale); e gli altri premi destinati esclusivamente alla scoperta o alla valorizzazione di autori ignoti o poco noti o noti solo a classi anguste di lettori. A mio giudizio tali premi dovrebbero essere tenuti distinti da ogni azione di propaganda libraria o editoriale, di cui il pubblico diffida, e la loro assegnazione non dovrebbe mai confondersi con cerimonie che ricordino fiere del libro o simili (dirò, se richiesto con altra inchiesta, il mio parere schiettamente contrario alle fiere del libro e relative pesche, cuccagne, imbonimenti, ecc. ). Tali premi dovrebbero essere sempre indivisibili e unici; la designazione di altri libri meritevoli di elogio accanto al premiato può risultare dalle discussioni dei giudici rese note dalla stampa; ma non dovrebbe essere affidata alla largizione di premi minori. Apprezzo le buone intenzioni degli assegnatori di medaglie d’oro e di premi di consolazione, verbigrazia, al testè discusso premio Viareggio; ma per quanto mi riguarda confesso che quell’idea di premiare dieci o dodici libri con somme minori e medaglie non mi è piaciuta. Nè vorrei che questo uso si generalizzasse, e sulle copertine dei libri più in voga dovessimo vedere la formula « premiato ai principali concorsi », e accanto una fila di medaglie d’oro o d’argento come sulle etichette dei liquori e dei formaggi.

Paolo Monelli

Un deputato

Circostanziata, chiara, persuasiva la risposta di Ezio Maria Gray, scrittore efficace, polemista vigoroso, oratore ornato, che nel Parlamento fascista rappresenta degnamente la cultura e l'azione:

L’utilità dei premi letterari (aiuto e dignità agli autori, segnalazione al pubblico) è indubbia e non nuoce affatto che i premi siano molti, purchè siano genuini nella volontà costitutiva e nella assegnazione.

Guardarsi dall’esagerare nella vistosità del premio annuale. Favorire invece anche la vistosità di premi destinati a riconoscere dieci, venti anni di fatica e di merito cioè tutto un complesso artistico con le sue luci e anche le sue ombre, i suoi inizi e il suo apogeo, il quale apogeo può esser tale intrinsecamente ed essere ignorato dal pubblico.

Bisogna inoltre guardare oltre la siepe del romanzo. Interrogate gli Editori: vi diranno che in questi anni il gusto del pubblico va soprattutto ai libri di storia, i quali hanno in realtà assunto dignità agilità immediatezza che prima non avevano se non raramente. Ebbene perchè gli scrittori di storia e di politica e anche di critica non debbono trovare l’ausilio di segnalazione dei premi?

E poiché questo vostro referendum in sostanza non è che un atto polemico — utilissimo — della battaglia del libro, lasciatemi aggiungere che per vincerla (e la vittoria deve essere continuativa e non episodica) occorre, accanto alla segnalazione dei premi, la segnalazione dei quotidiani, in quanto questi possono inquadrare masse imponenti di lettori e trasportarne parte dalle loro colonne alle pagine del libro.

Ebbene credete forse che il grande profondo denso articolo di critica letteraria del quotidiano, con le sue analisi, i suoi riferimenti, le sue riserve conferisca lettori al libro uscito ieri?

Io credo sia una illusione incancrenita. Tali articoli sono letti dagli altri critici e dagli autori. La loro zona di efficacia, di diritto, di dignità deve essere ritrovata nelle riviste. Al suo pubblico, che è desideroso ma frettoloso,

il quotidiano deve dare segnalazioni brevi, serene, chiare, agili, attiranti: tanto meglio se firmate da nomi che il pubblico ama già. Allora il lettore del quotidiano legge, intuisce se il libro può essere di suo gusto e va a comprare.

Ezio M. Gray.

Un editore

Diamo la parola a un altro coraggioso editore, Franco Campitelli, che dalla nativa Foligno ha trasportato le tende a Roma:

I — I premi letterari potrebbero riuscire utili qualora il giudizio fosse esclusivamente riservato ai lettori, a mezzo referendum e in seguito a propaganda imparziale delle opere e degli autori più diversi.

II — Sono convinto che autori ed opere di autentico valore siansi sempre rivelati e siano stati riconosciuti dal pubblico anche senza l’aiuto dei «premi letterari ».

III — Il moltiplicarsi dei « premi letterari » in Italia, è a mio parere una encomiabile gara di propaganda poiché i premi ripromettono di avvicinare il pubblico al libro e di rivelare ed aprire la via anche a giovani autori d’ingegno e di valore; ma non si può escludere che all’infuori di queste nobili ragioni, seguano anch’essi... una moda. Comunque, preferisco la formula: pochi ma buoni.

IV — Ritengo infine, che l’influenza immediata del premio sulla vendita del libro premiato, sia relativa per l’opera vìncente, dannosa per le opere escluse, e, poiché il giudizio non è dato dal pubblico, può essere nociva alla futura produzione dell’autore vincente, se il gusto del pubblico non corrispondo a quello della Commissione giudicatrice.

Franco Campitelli

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 09.09.31

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Utilità e funzione dei "premi letterari",” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/144.