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Titolo: Ragazzi sulla Via Appia

Autore: Luigi Volpicelli

Data: 1934-06-13

Identificatore: 1934_263

Testo: Ragazzi
sulla Via Appia
Poco oltre Cisterna, la Via Appia gira ancora una volta con ampio e mollissimo gomito, poi si scioglie libera per quasi cinquanta chilometri. L’automobile balza sul rettifilo, e dalla tenue traccia suscita rapido la subitanea certezza della strada: si compongono fugaci i lati spaziosi, danno indietro gli alberi, il verde trascorre ondoso sui campi, a gara con la vettura.
Ma dura poco la corsa. Proprio quando incominciano i vecchi olmi ed elci, par di trovarsi nel mezzo dell’abitato: è un’immensa città la pianura, e fiorisce tutta di casolari che si rispecchiano per chilometri e chilometri sulla via, come in un corso. File di biciclette, di birocci, di carri vanno da un borgo all’altro senza posa, e pare una festa: gli autotreni, con quella tortuosa andatura di giganti ciechi, portano alberi e case e macchine per la creazione del mondo.
E poi ci sono i ragazzi. Escon di scuola come smemorati, fissi alla lontananza delle loro case, e allorché son da presso corrono addirittura.
Una bimba vestita di bianco, con un gran fiocco azzurro sbiadito sul petto, cammina tutta sola. Le sottili trecce ritorte in ghirlanda sulla nuca le dànno un’aria pensosa di maturità.
* * *
Sul pomeriggio, nelle ore dei giuochi, appostati nei loro agguati, i ragazzi non riesci a destarli per quanto tu possa suonare. Ripetono sulla via, che è loro, imprese d’altri tempi, quando la palude chiamava nelle gravi albe invernali i cacciatori vogliosi: sparivano nei pantani con rauchi gridi di saluto per ritrovarsi a sera nelle fumose mense di Fogliano e di Foceverde: o anche ritraggono, dalle brevi parole e dalle canzoni dei padri, le gesta conservate nel nome solenne dei borghi.
I più piccini, quelli che non sono ammessi al gioco e stanno paghi di solo guardare, si schierano ai lati, a farti il saluto romano. Ma anch’essi non ti curano: con ingenua scaltrezza ti adoperano per i loro fini e fan su di te le prove di quell’abilità e di quegli anni che hanno desiderato sui banchi della scuola.
La Via Appia appartiene a loro. Quella terra rossa, che v’hanno portata coi piedi, la rende paesana e nostrale, e pare l’arme del primo occupante. Le arginature son fatte trincee e castelli, i begli alberi fitti sulle prode son diventati fortezze e chiassuoli. Dovettero trovarla subito, con la gioia di conquistatori di continenti, se pure non fu per loro certa come il sole, fin da quando vi passarono sul carro, che conduceva la famiglia verso la nuova casa.
* * *
Il canale che costeggia la via e riflette alberi e cielo, ha giovato per acclimatare queste genti acquatiche. Sostano come enormi ranocchi panciuti i barconi e le zattere, e qualcuno dei ragazzi più grandicelli ruzza intorno alle corde con la voglia di scavezzarle di soppiatto all’abbandono delle correnti. Giù in fondo c’è Terracina fiorita come una favola, con la sua montagna a piombo sul mare rasserenato.
La risacca batte alla scogliera con il ritmo tranquillo di un respiro umano: l’azzurro si distende trepido, per pianure d’acqua infinite: i rari brigantini vi stagliano le vele avventurose, come in un libro mirabile di imprese corsare.
Il Monte Circeo, con la cima che sorge oltre le basse nubi, pare il cassero di una nave che salpi dal mito per il sogno dell’adolescente.
È terra tutta di leggenda e di avventura.
Littoria, emporio spazioso del sud, richiama storie di commerci e di fiere, traffici e vie e genti e fondachi: affiorata nel folto del bosco, come in un canto nazionale di genti pastore, Sabaudia eleva la torre a segno del miracolo, fra mare e cielo e terra: città degli elementi e festa della primavera.
Le nubi mutevoli fingono cieli di epopea sui campi arati: il ramato del sole occiduo arrossa la via e trascolora l’erba dei campi, intenerisce e dirada il fogliame denso degli alberi, fatti aerei e leggeri quasi da una mentita primavera.
L’ora trasfigurata avvicina i monti dell’Appennino: incombono sulla pianura per la veglia notturna, quando sorgeranno nel cielo degli eneadi le costellazioni e fioriranno sulla terra i canti dei paesi lontani.
* * *
L’ora crepuscolare dissolve il piano: l’occhio risale quelle cime rocciose, anelo di più ampi orizzonti e fantasie di nuvole.
Le case cantoniere, ora, aspettano gli osti smaliziati che v’aprano cucine e tinelli. Un giorno, tornando, vi troveremo di certo i pergolati spariti dalle osterie suburbane, le incannucciate che fingono stanze e châlet, ritrovi di tempo amoroso, dimenticato nel verde cupo dei sambuchi.
Diradano i giochi dei bimbi, per la sera che scende: a frotte ritornano lungo le vie e i sentieri, dietro i noti richiami: si distaccano con muti saluti. Naufragano nella memoria, adesso, barlumi di campi e paesi lasciati nel nord. E un attimo: il cielo s’illumina improvviso verso ponente d’un chiarore d’annunzio, come si scoperchiasse: anche gli uccelli arresteranno il volo con le ali irrigidite: il verde accieca ed apre zone profonde di ombra e rilievi mai visti.
E dopo un poco comincia nascosta, sottile la pioggia senza vento: la luce s’abbandona stanca, l’acqua trabocca sulla terra e la frantuma di specchi. Umida e fredda la odi battere dove cade. A notte si leverà la nebbia: spariscono le automobili in tenui aloni di luce, fatta sostanza: i viandanti creano il loro cammino.
* * *
Ma domani sarà primavera e le finestre delle case staranno aperte: la terra lavorata sarà più nitida: la via avrà ripreso il suo colore di ferro e la sua certezza. I bimbi torneranno a scuola recando i fiori dei prati alla maestra. Ella giungerà in bicicletta come nei loro paesi. Sorriderà per la preghiera il Signore alla vita, che sembra non cambi nella sua corsa perenne.
E a mezzogiorno, il sole alto batte le messi immobili, che maturano.
Luigi Volpicelli.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 13.06.34

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Citazione: Luigi Volpicelli, “Ragazzi sulla Via Appia,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1628.