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Titolo: Il problema editoriale: Lire 3 al chilo

Autore: Francesco Orestano

Data: 1934-07-18

Identificatore: 1934_308

Testo: IL PROBLEMA EDITORIALE
- Lire 3 al chilo
Massimo Bontempelli or non è mollo ha spezzato una lancia contro il libro bello di fuori, che dovrebbe con le sue grazie sedurre alla lettura. Fare del libro « un oggetto di bellezza » e desiderabile come tale, non solo non risolve il problema del libro, ma lo sposta e lo falsa. Dobbiamo offrire il libro come « una cosa di consumo », « come una necessità ». Bisogna « fare che il libro, dopo letto, sia in condizioni da essere buttato via ».
L’avvicinamento che suol farsi tra il cibo, l’alimento, il pane, ingeriti per bocca e il «cibo intellettuale», 1’« alimento dello spirito », il « pane della scienza » ecc. è molto più che una semplice metafora. La similitudine è intrinseca e si può approfondire in molti sensi. Oso dire che la soluzione del problema del libro, sotto il triplice riguardo dell’autore, dell’editore e del lettore, dipende dalla realizzazione più completa possibile di tale similitudine.
Acquistare il libro a prezzi di pane quotidiano, ecco la chiave che può spalancare le porte di una nuova èra per la cultura universale. I libri a lire tre il chilo! Preciserò anzi, a rischio di scandalizzare che bisogna finirla col prezzo unitario del libro, stabilito in modo più o meno arbitrario, secondo previsioni approssimative di successo, col proposito d’insinuarsi nelle tasche del consumatore e di farvi la più ampia possibile presa. Principio fondamentale: il libro dev’essere venduto non in ragione del suo pregio intrinseco, ma del suo costo. Se noi volessimo vendere il pane in ragione del suo valore nutritivo, dovremmo venderlo a lire mille al chilo, a dir poco. Tal sia del libro. E per romperla definitivamente con la tradizione del prezzo arbitrario, il libro rechi sulla copertina unicamente l’indicazione del proprio peso: tanti grammi, tanti centesimi; tanti chili, tante lire.
Ma per cominciare, è questa una cosa possibile? Possibilissima: Oggi l’industria grafica, che si serva di macchine compositrici, di rotative e di legatrici automatiche, può fornire un chilogrammo di carta stampata e allibrata a L. 2 il chilo, e neppure in carta così scadente da doversi « buttar via », ma in un quasi-mezzofine. Aggiungiamovi una lira per le percentuali all’autore, all’editore e al rivenditore, ed ecco stabilito il prezzo di L. 3 a chilogrammo, su cui la concorrenza potrà fare il resto. Naturalmente si partirà dalla tiratura minima di diecimila copie. Ma si può prevedere che questo minimo sarà sempre sorpassato.
Altro principio fondamentale: bisogna dare pane intellettuale di prima qualità. L’obbiezione che il libro che corre di più è oggi il romanzo giallo, non calza, se mai è un argomento a fortiori in favore della mia tesi. Il libro giallo corre tanto, perchè è il più accessibile e per la spesa e per la reperibilità. Lo si trova da per tutto. Ma voi fate d’inondare il mercato — tutte le librerie, tutte le edicole, tutte le stazioni ferroviarie — di serie su serie di libri utili, di roba ghiotta, di cose rare, preziose, che ognuno vorrebbe aver letto, e che non legge perchè non sa dove metter le mani, nè quanto gli tocchi di spendere; poi alimentate la curiosità, l’interesse, il favore per l’una o per l’altra serie — la storica, la scientifica, la letteraria, la filosofica, la tecnica, e così via — con sempre nuovi numeri, uno più appassionante e più proficuo dell’altro; e vedrete le schiere dei lettori affollarsi davanti alle edicole e far la fila alle porte delle librerie. Acquistare libri, fascicoli, numeri della serie A o della serie N o Z, diventerebbe un’abitudine quotidiana. E il problema del libro sarebbe definitivamente risolto. Contenti i consumatori, contento l’autore, che avrebbe finalmente lavoro assicurato per tutto l’anno, contento l’editore, contento il libraio, contenti tutti.
Alcuni esempi illustreranno meglio il mio assunto. Il lettore X si ferma alla solita rivendita: oggi preleva dalle varie serie che lo interessano 5 dialoghi di Platone gr. 300, 10 novelle di Boccaccio gr. 200, le Grazie e i Sonetti di Foscolo gr. 150, totale gr. 650 = L. 1, 95. Il lettore Y preferisce una raccolta di novelle cinesi o indiane gr. 250, vi aggiunge l'Apologia di Lorenzino gr. 75, e una raccolta di relazioni e documenti colombiani sulla scoperta dell’America gr. 125; totale gr. 450 = L. 1, 35. Il lettore W vuole il Monologio di S. Anselmo gr. 100, i Principi della natura di Leibniz gr. 50, le Cronache di Dino Compagni, i Pensieri di Leonardo, o il Post-scriptum della mia vita di Victor Hugo gr. 150; totale gr. 300 = L. 0, 90. Domani da capo. Moltiplicate per centinaia di migliaia di casi e per tutti i 365 giorni dell’anno e per una successione illimitata di anni, e avrete fatto veramente della lettura, la più sana, la più utile, la più interessante, il vital nutrimento per milioni di cittadini. In poco tempo avrete avviato a un livello superiore la cultura nazionale.
Nè con questo c’è da temere che l’arte del libro decada. In primo luogo non c’è bisogno che il libro a prezzi di giornale sia brutto. In secondo luogo il libro scadente spiana la strada al libro bello. In terzo luogo non c’è ragione di non fare in Italia quel che si fa già da tempo in Francia, e cioè di stampare la stessa edizione di un libro in carte di diversa qualità: un certo numero di copie per gli « amatori »; altre destinate alle biblioteche, cioè a restare; e le rimanenti in una carta che può attendere serenamente l’opera del tempo edace.
E ancora una riflessione, che a me non pare fra le meno importanti per la risoluzione del gravissimo problema. Che cosa si fa per la lettura in ferrovia? per cogliere questo felice momento di ozio forzato, che ciascuno dedicherebbe volentieri alla lettura, se questa gli fosse propinata nelle debite condizioni, oltre che di qualità, di forma adatta per l’igiene della vista?
Già il problema dei caratteri tipografici dovrebbe essere affrontato in tesi generale, anche per la lettura dell’uomo stazionario, massime se questa deve diventar quotidiana. Leopardi contrassegnò con una sua mordace osservazione « l’avere abbandonati i caratteri tondi, che si adoperarono comunemente in Europa ai secoli addietro e sostituiti in loro vece i caratteri lunghi, aggiuntovi il lustro della carta; cose quanto belle a vederle, tanto e più dannose agli occhi nella lettura; ma ben ragionevoli in un tempo nel quale i libri si stampano per vedere e non per leggere ».
Che dire poi se si tratta del lettore viaggiante in ferrovia?
Alcuni anni fa ho studiato il modello di libri e fascicoli da stampare per la lettura in treno, potendomi allora avvalere della collaborazione di uno dei più grandi oculisti italiani. Ne risultarono caratteristiche essenziali, assai remote da quelle che si potevano presumere, a giudicarne empiricamente, e bellissime.
Orbene, è un errore trascurare questo aspetto della produzione libraria. Quell’anno (era il 1929) la statistica dei viaggiatori in Italia si aggirava intorno ai 500 milioni. Oggi non può essere che aumentata. Stabilite ora su un siffatto totale le percentuali più basse che volete, quale previsione di lettori; avrete sempre un numero superiore a qualunque più lusinghiera tiratura dell’autore più letto.
Francesco Orestano.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 18.07.34

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Citazione: Francesco Orestano, “Il problema editoriale: Lire 3 al chilo,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 16 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1673.