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Titolo: Per gli scrittori come professionisti

Autore: Massimo Bontempelli

Data: 1934-07-25

Identificatore: 1934_318

Testo: Per gli scrittori come professionisti
C’è in giro un po' di discussione (o c’è stato, perchè le discussioni oggi durano poco) intorno a quale sia da intendersi la definizione di. scrittore, in senso sindacale e corporativo.
La cosa non mi par dubbia. Mentre è dubbissima la definizione di scrittore in senso artistico, e non per lo scrivere soltanto ma per tutte le arti è difficilissimo dire chi è degno, chi arriva a poter essere chiamato scrittore (o pittore, ecc. ), in materia d’ordine pratico non c’è dubbio: la professionalità comincia dove comincia un rapporto di natura giuridica. È scrittore colui che mediante un suo scritto stabilisce rapporti economici.
Se muratore non è chi — per ipotesi — passa alcune ore o giornate in un campo a mettere dei mattoni uno sull’altro per suo divertimento, ma solamente chi fa questo per ragioni di contratto, nello stesso modo non è professionalmente scrittore chi scrive per proprio divertimento (o in quanto scrive per proprio divertimento, comprendendo in questa parola la necessità di espressione, l’amore di gloria, ecc. ) anche se scrive la Divina Commedia ma poi s’accontenta di leggerla agli amici; mentre è, sindacalmente e corporativamente, scrittore anche il peggior rimatore o prosatore, se un editore si obbliga a stampare i suoi libri, se su questi libri è scritto un prezzo, se qualche libraio può venderli.
Chi si ribella a questa concezione per una specie di pudore, per un senso geloso della nobiltà che ha la parola scrittore quando è intesa nel senso di creatore, commette un errore curioso; l’errore di credere che le leggi (in questo caso l’organismo sindacale) debbano e possano proteggere la poesia, mentre non devono e possono proteggere che dei rapporti di natura giuridica. Nello stesso modo la legge non protegge la virtù, la morale, ecc., come tali, ma solo in quanto esse hanno creato vincoli, diritti, obbligazioni, di. natura strettamente giuridica.
L'elenco di un sindacato di scrittori non ha dunque nessun obbligo di coincidere in tutto con l’indice di un capitolo di storia letteraria. Un sindacato non ha diritto nè capacità di scelta critica (senza di che ne vedremmo delle belle). Potrebbe benissimo un sindacato letterario trovare cento poeti lirici in un anno in una sola città, mentre la critica letteraria e il gusto trovano dieci poeti, in venticinque secoli in tutta l’umanità.
* * *
Anche i peggio intenzionati debbono intendere che quando io dico « dilettante » e « dilettantesimo » parlo qui secondo una veduta strettamente professionale. Ora, una certa quantità di tale dilettante simo (cioè disinteresse) è in ogni libro o scrittura che raggiunga la zona dell'arte. Anche lo scrittore che si appresta a scrivere soltanto per una ragione professionale, se è vero poeta sarà durante il suo lavoro tratto a operare da puro dilettante.
La coscienza di questa miscela di professionismo e di puro abbandono a un desiderio d’esprimersi nello scrittore, origina tutte le incertezze che ancora. dominano questa materia quando si vuole definire la situazione sindacale dell'arte. Ma nel far questo occorre dimenticare al tutto la qualità di disinteresse che investe l’atto di chi scrive, ignorare che vi possano essere buoni e cattivi scrittori. Solo in questo modo si potranno dedurne le conseguenze che sole interessano il campo pratico.
Importantissima tra tutte, la situazione dello scrittore di fronte all'editore, situazione che in esso campo pratico non può essere considerata, se non come quella di un lavoratore di fronte a un datore d'opera.
Fino a pochi anni sono, la figura dell’editore assumeva di fronte a quella dell’autore un colore paterno, che poteva allora portare qualche buon frutto, ma che dall'altro canto aveva favorito una piana cecità e abbandono degli scrittori (gente spesso negata, secondo un vecchio stampo romantico, alle cose pratiche); l’editore diventava subito un amico: come tale, esigeva dall’autore fa più assoluta fiducia in materia amministrativa, si offendeva del più piccolo desiderio di controllo intorno al rendimento di quella comproprietà comune che è un libro in circolazione.
In pochi anni, è giusto riconoscere che gli editori, stessi hanno fatto non poco per dare agli, autori una coscienza professionale. L’uso di regolari contratti, l’istituzione dell'ufficio di timbratura, l’ammissione di un anticipo assicurato, qualche volta (con autori di produzione regolare) la forma di emolumenti mensili data a tali assicurazioni di guadagno minimo, sono forse provvidenze di origine editoriale, o alle quali in ogni modo gli editori si sono adattati quasi tutti di buon grado, avviando così validamente anche gli autori più eterei, a farsi una coscienza professionale.
Ma non basta. Oggi, in regime fascista, in organamento corporativo di tutta, la produzione nazionale, lo scrittore deve farsela in pieno, tale coscienza professionale, per potere in pieno partecipare alla vita corporativa che sarà lo scheletro solidissimo della nostra vita politica. Oggi ogni residuo del vecchio dilettantismo da parte degli scrittori, della vecchia familiarità (che tanto facilmente può diventare strumento di asservimento) da parte degli editori, deve scomparire.
Gli scrittori hanno un esempio facile e vicino: l’amministrazione della produzione letteraria quando questa si presenta sotto la forma di spettacolo. Come è noto, i rapporti tra autore teatrale ed editori o compagnie o teatri non sono lasciati all’arbitrio dell'autore stesso (arbitrio che tornerebbe tutto a suo danno) ma passano tutti traverso la Società degli Autori (diventata da qualche anno Società degli Autori ed Editori); la quale, stabilito un contratto-tipo, si fa amministratrice di tutta la sua produzione, stende i contratti con le compagnie, li attua e protegge, e può far questo in pieno in quanto ha anche il mandato di esigere dai teatri gl’incassi dovuti agli autori. A questo scopo, essa ha stabilito una rete di uffici di controllo, rete vastissima che arriva fino ai più piccoli paesi ove possa. accadere che per lucro si reciti un monologo o si canti una canzone soggetti a diritti d’autore. Già su queste colonne Campanile ebbe ad additarci l’esempio. È necessario che quel che si fa per la musica e il teatro, si faccia anche per il libro. La stessa rete di uffici può servire per quelli e per questo.
Credo che soltanto uno o due editori potrebbero possedere una organizzazione cosiffatta: comunque, assai meno vasta. Tutti gli editori minori sono soggetti alla insolvenza di centinaia di paesi lontani, che richiedono i libri e poi non li pagano all'editore. Così l’editore rinuncia a mandarli. Per questa ragione il libro in Italia ha una diffusione assai sproporzionata alle possibilità di smercio. Se gli editori affidassero alla organizzazione della Società degli Autori l’incarico di esigere dai librai e dalle edicole di tutte quelle centinaia di paesi (in gran parte irraggiungibili per l’editore anche più diffuso) sono certo che ogni tiratura di libro, a parità di, successo e di pubblica curiosità, dovrebbe per lo meno raddoppiare.
La cosa riuscirebbe poi addirittura vitale per gli editori minori, la cui azione oggi è quasi nulla per la impossibilità di raggiungere i paesi lontani con una qualche probabilità di poterne esigere le percentuali di vendita. È incredibile la differenza di potere diffusorio tra i due o tre editori maggiori e tutti gli altri. Una provvidenza del genere di quella che ho esposta darebbe senz’altro modo agli editori minori di esistere con una certa continuità ed efficacia, oggi quasi impossibile. Il che gioverebbe indirettamente anche agli editori maggiori, che potrebbero dedicarsi con maggiore slancio allo sfruttamento del libro di più ampia vendita, lasciando agli altri le zone preparatorie, in cui l’autore matura e si fa un suo pubblico. Oggi la enorme sperequazione fa si che tutti tutti gli autori, maggiori e minori, principianti e veterani, in ogni genere di libro, facciano ressa addosso a quell'uno o due, che dall’insieme della situazione finisce a essere costretto ad accumulare una quantità e varietà di produzione eccessive e ingombranti. Davvero, per quanto ci pensi, non riesco a vedere a chi e in che modo la soluzione proposta potrebbe riuscire nociva o sgradevole. La funzione di esazione da una parte e di versamento agli autori dall'altra, oggi nel campo teatrale funziona a perfezione; non c'è nessuna ragione perchè, con gli identici strumenti, non abbia a funzionare altrettanto bene applicata agli autori di libri.
Massimo Bontempelli.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 25.07.34

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Citazione: Massimo Bontempelli, “Per gli scrittori come professionisti,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1683.