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Titolo: Consuntivo del primo "Premio Cervia"

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1934-08-29

Identificatore: 1934_359

Testo: Consuntivo del primo "Premio Cervia"
Tutto il significato del primo Premio Cervia è nel nome dei tre autori giunti allo scrutinio finale: D’Aroma, De Mattei, Grande. Un politico, un saggista, un poeta. Forse fu la scarsezza di orchestrine, o la gran voce di Ungaretti o l’appassionato silenzio di Vicari, gerarca venticinquenne. Il fatto è che non si parlò nemmeno di romanzetti piccolo-borghesi o di novellucce tra il fatto di cronaca e il referto medico. Tre nomi furono subito in gola ai commissari presenti e la decisione fu più una lotta interna di ciascuno che una polemica. Alla fine, si sa, fu necessario urlarli quei nomi che ciascuno da ore andava rimuginando tra sè e, naturalmente, fu Ungaretti a cominciare con quel suo impeto che par voglia ogni volta prendere alla gola l’universo. Gallian e Valentini gli tennero dietro finché ebbero fiato, intenti — pareva — a convincere anzitutto se stessi. Poi parlarono S. E. Volpe e Baldini su altro tono, convinti e pacati, senza foga e senza dubbi; Vicari e i segretari — Cellini e Gambetti — dissero la loro per ultimi. Così, a maggioranza, dopo due ore di discussione, fu proclamato vincitore Rodolfo de Mattei, autore di Polvere di Roma, giornalista, studioso di storia delle dottrine politiche, siciliano. Il premio, secondo la lettera e lo spirito del concorso, non era stato diviso. Quando i commissari, sfiatati e sudati, uscirono all’aperto, tra i pini, era già buio; nessun clamore, pochi giornalisti, una sera serena intorno a un albergo tranquillo che sembrava semideserto. L’aria marina rabboniva persino i terribili polmoni di Ungaretti che fumava, sorridente e sornione, un solenne mezzo toscano; Gallian e Valentini, dopo tanto gridare, tacevano davanti a una spremuta di limone pensando a Grande e a D’Aroma. « Avevamo le scarpe fangose — avevamo a tracolla i moschetti — i fez con i gagliardetti — dominavano tutte le cose... »:
D’Aroma; « Golfo d’argento ancora riscintilli... »: Grande. Volpe e Baldini conversavan pacifici, appoggiati a un albero in manica di camicia e « Antonio della tranquillità » ogni tanto s’abbandonava a un suo malizioso sorrisetto che gli diradava sull’ampio viso l’ombra oleografica degli scopettoni. Vicari, raccolti intorno a sè i suoi giovanotti, parlava di prezzi, di salari, di questioni sindacali. Faccende gravi, da tempi duri. Nessuno osava più importunarlo con la letteratura.
La festa ci fu la sera dopo, all’arrivo di De Mattei, strappato per l’occasione alle cassate e alle lave della remota Catania. Molta gente nella radura sotto i pini, belle donne svelte e leggere, senza segreti e pretese alla maniera romagnola e lombarda, chè Cervia, d’estate, è un po’ un feudo milanese.
Il vincitore, tra gli applausi, non sapeva che pesci pigliare e pareva andasse raccomandandosi, con una serie di sconnessi inchini, a Sant’Agata e a Tommaso Campanella, suoi naturali, antichi protettori. Lungo lungo e sottile, figura da mosaico, intonato ai pini, De Mattei, piombato all’improvviso in quella selvatica notte romagnola fitta fitta d’aromi salsi e di stelle, era l’immagine astratta d’un certo legame marino, venuto da Bisanzio, tra Sicilia e Romagna. A due passi da Sant’Apollinare veniva fatto di pensare a Monreale. E certo a questo pensava anche lui, il vincitore, inchinandosi, timido, agli applausi. Poi, stretti a semicerchio, s’avanzarono i canterini romagnoli; un coro senz’orchestra, composto di contadini e di braccianti — uomini e donne negli antichi costumi casalinghi — diretto da Bruto Carioli, farmacista per professione e artista per nascita. Effettone: Ungaretti usciva agitandosi in grida ammirative, Gallian ascoltava con gli occhi sbarrati, come se dentro gli germogliassero, improvvisi, fiumi di parole, Vicari e Valentini trepidava
no ansiosi nell’ombra come se quella musica se la stessero cavando loro dall’anima. « Oh Dio la piê-udôr da ca-cl’ariva iquà... ». De Mattei, ritornato siciliano, s’era, intanto, fatto rapire da un gruppo di belle ragazze e cercava di sparire tra di loro, non si sa bene se per snocciolare, indisturbato, madrigali, o per comporre in pace un elzeviro sulla pineta, i canterini e i premi letterari. Poi, spenta l’ultima canta, — « U s’è livê la stëla buvarêna - si i occ i nun m’inghêna l’è matêna » —, dileguato l’ultimo applauso di Ungaretti, l’orchestrina si dette ancora affannosamente a cercar di condire, con un po’ di mondanità almeno, l’epilogo del Primo Premio Cervia. Ma le danze, nonostante tutto, rimasero così familiari che persino Ungaretti si divertiva a scandirne il ritmo e Gallian la faceva, impavido, da ballerino. I protagonisti erano stati veramente e solamente i poeti, i pini, i canterini campagnoli, le stelle nel cielo estivo, l’aroma del mare imminente. Premio letterario senza mondanità e, in un certo senso, senza letteratura. L’anno prossimo, quando i commissari si ritroveranno a scegliere liberamente, senza più concorso, il miglior libro dell’annata, avranno l’impressione di non essersene andati mai, di ritrovarsi come s’eran lasciati, un bicchiere d’albana davanti e la notte d’estate in rigoglio sull’amara pineta. Il Premio Cervia: un gruppo di poeti e di politici, di artisti e di fascisti, riuniti alla buona per scegliere un’opera secondo il cuor loro, un libro che sia qualcosa di più che un insieme di pagine, un segno vivo dell’epoca nostra. Potran mutare le scuole letterarie e le parole d’ordine nei cenacoli, potrà cambiare l’atmosfera d’Aragno, ma c’è da giurare che a Cervia sarà sempre premiato, come quest’anno, un poeta e un fascista.
Il vincitore e la Giuria del primo Premio Cervia. Da sinistra a destra: Valentini, Giuseppe Ungaretti, Vicari, Rodolfo De Mattei, Marcello Gallian.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 29.08.34

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Consuntivo del primo "Premio Cervia",” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1724.