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Titolo: L’ Italia negli scrittori stranieri

Autore: Aldo Sorani

Data: 1934-10-03

Identificatore: 1934_400

Testo: L’Italia negli scrittori stranieri
Questo scritto di Aldo Sorani, che tratta dell'espansione spirituale dell'Italia d’oggi, prelude a una serie di articoli in cui saranno esaminate le opere recenti più caratteristiche d’ogni letteratura dedicate a temi della storia e della vita italiana di oggi e di ieri.
La nobile sensibilità patriottica con cui noi constatiamo e lamentiamo tanto spesso il soverchio interessamento del nostro pubblico e dei nostri editori per la produzione culturale e letteraria straniera non dovrebbe impedirci di seguire con qualche attenzione, anzi con una oculata diligenza, quanto si studi, si scriva e si pubblichi all’estero intorno all’Italia.
Credo che potremmo trarne motivo di giusto orgoglio poiché non si tratta di una fioritura occasionale o snobistica, ma di una necessità intellettuale che si afferma, si può dire, ogni giorno e si manifesta ogni giorno più piena e pensosa, avviata lungo le più diverse correnti dello spirito. Non mai come oggi l’Italia è stata « all’ordine del giorno » in ogni campo della cultura e della letteratura straniere e nessuno potrebbe affermare che solo la curiosità politica ha suscitate e rinvigorite le inclinazioni di studiosi delle più varie nazionalità e mentalità ad occuparsi delle cose italiane. Certo il Fascismo, potenziando il nostro Paese e imponendo al mondo il bisogno di affrontare nella luce di Roma i nuovi problemi politici, sociali, economici, ha contribuito enormemente ad attirare sulla nostra storia passala e presente gli interessa menti e le preoccupazioni generali. Noi abbiamo dimostrato al mondo di essere la Nazione più viva e più predestinata ad un grande insegnamento per il presente e per l'avvenire ed è naturale che i nostri spiriti costituiscano, oggi più di prima, linfe vitali a cui molti assetati d’olire confine sentono il desiderio e il bisogno di abbeverarsi.
Ma, anche tralasciando di considera re per il momento quanto si studi, si scriva e si pubblichi sui nostri nuovi ordinamenti sociali, economici, politici, chi segua un po’ da vicino le correnti della vita intellettuale straniera non stenta ad avvedersi che ogni aspetto della storia, della cultura, dell’arte italiana fornisce argomento ed ispirazione agli stranieri, e che gli studiosi « italianizzanti », infinitamente accresciuti di numero, si distinguono da quelli del passato per un disinteresse sincero, una simpatia fedele, una dedizione intelligente che meritano tutto il nostro riconoscimento.
Per questo noi avremmo torto di trascurarli o, peggio, di chiudere addirittura gli occhi dinanzi ai risultati o alla stessa semplice mole delle loro fatiche. Mostriamo invece troppo spesso di non accorgercene. È ben raro il caso che opere straniere sull’Italia, lungamente studiate e frutto di una permanenza amorosa tra noi, siano additate al nostro gran pubblico, il quale ne resta ignaro se non gli avvenga di vederne fatta menzione in riviste speciali, rivolte a qualche speciale clan di addottrinati in qualche ramo particolare dello scibile. È ben raro che gli stessi corrispondenti dei grandi giornali si occupino a lungo di qualche opera importante uscita sull’Italia nel paese da dove essi scrivono; è ben raro che nelle riviste comunali, pubblicate nelle grandi città ad illustrare i progressi e le statistiche della loro vita si elenchino almeno a quando a quando le pubblicazioni straniere intorno alla storia, alla cultura, all'arte di queste città, neppur per fare una specie di bilancio dei valori di cui ogni città potrebbe vantarsi su i mercati intellettuali del mondo. Una rassegna pratica di certe produzioni editoriali anche importantissime straniere intorno al nostro paese non s'è potuta fare altro che in occasione delle Mostre internazionali del libro, quando gli stranieri stessi hanno creduto opportuno di metterci sotto gli occhi i segni del loro operoso amore per la nostra civiltà.
Ora, perchè non dovremmo deciderci a tener conto periodicamente di quel che si opera e si medita all'estero nel nostro nome e a nostra gloria? Non si ha da credete che questo ci ridurrebbe a far opera di pazienti elencatori di titoli e di dati bibliografici. Il fenomeno dell'Italia tema universale presenta aspetti d’un profondo interesse storico e psicologico, impone delle mode intellettuali di cui vale la pena rendersi conto, è un fenomeno che per molti lati propone a noi stessi quesiti e soluzioni. S’intende perfettamente perchè anche oggi tanti studiosi stranieri s’interessino delle nostre campagne archeologiche, delle nostre belle arti, magari della nostra linguistica prelatina e traducano i nostri classici da Dante al Machiavelli, dall’Aretino al Manzoni, ma perchè certi romanzieri d'avanguardia, specialmente anglo-sassoni, pur avendo abbandonato ogni velleità d’esoticismo e avendo rinunciato agli sfondi e agli scenari romantici, vengono ancora a ritemprarsi in Italia, accampano in Italia le loro fantasie e le loro trame, perfino i loro nuovi miti? C’è bisogno di citare ancora Douglas e Lawrence, Compton Mackenzie e Golding, Lewis e Bromfield? E perchè oggi certi altri romanzieri hanno bisogno di ispirarsi per le loro favole all’umanità latina e medioevale come han fatto in questo stesso anno Jack Lindsay col suo romanzo intorno a Catilina Roma da vendere, o Robert Graves col suo romanzo intorno ad Augusto e a Livia I Claudius, o come ha fatto, in Germania, Eduard Stucken con il suo romanzo mediceo Giuliano? E per quale innamoramento una romanziera d’America sente, proprio oggi, il bisogno di raccontare in un romanzo la vita di Dante? Certe manifestazioni ed attuazioni trascendono evidentemente gli schedari!
Così, fuori del campo della letteratura detta amena, perchè non dovremmo metterci un po’ a ragionare con Adrian Stokes sulla sua nuova concezione del Rinascimento italiano, quale egli ci ha esposta nel suo volume sul Quattrocento e nel suo più recente volume sulle Pietre di Rimini, o col Collison-Morley il quale, in breve spazio di tempo, si è impegnato a raccontarci in due volumi la storia dei Borgia e quella degli Sforza? E perchè non dovremmo dire a noi stessi e al pubblico che il volumetto dell'archeologo Thomas Ashhy su Alcune scene e feste italiane è il più simpatico libro che sia apparso all'estero da tempo sul nostro folclore?
Si dirà che, infine, fa comodo agli stessi stranieri occuparsi della nostra storia, della nostra arte, dei nostri costumi, della nostra letteratura e, in un certo senso, questo può esser vero; ma ricordiamoci semplicemente di tutti questi stranieri che potrebbero anche occuparsi d’altri e invece si occupano di noi, che vengono a vivere nel quadro dei nostri paesaggi, nella contemplazione delle nostre opere d'arte e dei nostri monumenti, nella frequentazione del nostro popolo e. per anni frugano nei nostri archivi per rimettere in luce un lembo o un personaggio della nostra storia e che noi troppo spesso, per tutto il loro amore e il loro studio, non ricompensiamo d’uno sguardo o d'una recensione! Questi stranieri hanno fatto dell'Italia una loro seconda patria, non per infatuazione snobistica, non per lusso decorativo, ma per necessità interiore, spesso, perchè non dirlo?, per uscire dal monotono deserto delle loro culture indigene, per accostarsi alle fonti perenni della nostra vita, mentre quelle delle loro patrie sembravano loro esauste o suggellate.
Verso tutti costoro noi compiremmo, occupandoci almeno a quando a quando delle fatiche e delle opere che essi ci hanno dedicato, un atto che riuscirebbe gradito al loro cuore, tanto più gradito se la menzione delle loro fatiche e delle loro opere non apparisse in annali accademici o in riviste specializzatissime, ma su i nostri quotidiani, per il nostro gran pubblico, generoso verso tutti i genuini riconoscimenti. Non scendiamo per il nostro gran pubblico al romanzo d'avventure d'ispirazione italiana, ma che esso sappia quando un « italianizzante » di valore traduce in inglese il Canzoniere del Petrarca o una Cantica di Dante, che queste traduzioni sono comparse. Trascuriamo pure, magari, il volume della signora inglese sulle fontane degli scultori fiorentini o sui giardini toscani, ma segnaliamo la pubblicazione, ad esempio, d'un nuovo volume della Storia di Firenze del Davidsohn o prendiamo nota che lo stesso maggior storico di Firenze ha donato alla sua città adottiva la biblioteca personale raccolta per la compilazione del suo opus magnum. Non occupiamoci dell’ennesima descrizione straniera di San Pietro e del Vaticano, ma segnaliamo al pubblico che sono ora uscite in volume le « Hibbert Lectures » del 1932, tenute da Robert Seymour Conway sull’Italia antica e la religione moderna.
Infine, se vogliamo che la nostra espansione intellettuale e linguistica all’estero proceda sicuramente per le ampie vie che le sono ora state tracciate dal Regime, non sarà male che ci presentiamo agli stranieri compiutamente edotti dell'entusiasmo industre con cui i migliori tra loro ci vengono incontro, non con vane parole, ma con opere meditate, dandoci spesso il frutto opimo dell'ospitalità che noi abbiamo loro offerto nelle nostre biblioteche, nei nostri archivi, nelle nostre gallerie, nei nostri musei, dentro la cerchia delle nostre città antiche e rinnovellate. Allora l’incontro e lo scambio delle culture sarà pieno e cordiale e se ne vedranno, col tempo, i risultati sempre più tangibili fuor dal corso delle mode e degli infatuamenti effimeri.
Aldo Sorani.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 03.10.34

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Citazione: Aldo Sorani, “L’ Italia negli scrittori stranieri,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1765.