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Titolo: Gerarchie di valori letterari

Autore: Massimo Bontempelli

Data: 1934-10-10

Identificatore: 1934_415

Testo: Gerarchie di valori letterari
(Lettera aperta a F. T. Marinetti)
Caro Marinetti, ho letto con attenzione e con utile grandi il tuo articolo (in collaborazione con l'amico Govoni) intorno ai fondamenti dall'attività sindacale riguardante gli scrittori.
Come tu sai, questo argomento mi appassiona fin dal 1927; e cinque o sei anni sono facendoti la consegna del Sindacato ti ho lasciato documenti del mio interessamento, specialmente sui due problemi: — definizione sindacale di « scrittore », — protezione dei contratti d’autore fin dal loro nascere. E poi più volte ne ho scritto, anche di recente su questa stessa pagina (Gazzetta del Popolo del 25 luglio).
Vedo nel principio del tuo articolo elencate con spietata e giustissima visione tutte le deficenze attuali della assistenza sindacale agli autori di libri. E vedo che anche tu molto saviamente stabilisci che il punto di partenza per risolvere qualunque questione sindacale è fermare una esatta definizione (dal punto di veduta sindacale, s’intende) dello « scrittore ».
Vorrei che una spregiudicata discussione riuscisse a eliminare quei facili equivoci che possono intorbidare la visione dei precisi doveri del Sindacato degli scrittoti. In questa materia noi da fuori possiamo essere più crudi (e perciò efficaci) di chi, come te, deve vedere le cose dal centro, e tener conto di tante voci. Infatti tu ti mostri preoccupato di «rimproveri insistenti» perchè il Sindacato non abbia curato le gerarchie dei « valori letterari »; e ti domandi perfino, per un momento, se il Sindacato non avrebbe convenienza « ad abbandonare interamente ogni attribuzione di carattere economico, per concentrare tutta la propria attività nella istituzione di una gerarchia di valori artistici ». Sono le tue esatte parole, e contendono una minaccia terribile.
È giusto che tu ti preoccupi di queste voci « insistenti ». E qui nasce il dovere nostro, di contrapporti ancora più insistenti le voci nostre, di quanti vogliamo nettamente incoraggiarli a seguire il cammino diametralmente opposto.
Nel mio articolo già citato, io definivo sindacalmente lo scrittore (non ho qui l’articolo e non posso citare con esattezza) colui che con opere scritte stabilisce, facendole pubblicare, un rapporto economico-giuridico.
Di qui non si deve nè si può uscire.
Le gerarchie di valori artistici si stabiliscono naturalmente. A stabilirle, concorrono elementi varii: favore del pubblico, distinzione tra favore intelligente e favore brutale, maggióre o minore intelligenza e influsso della critica, tempo. Ci sono valori artistici che per raggiungere il loro luogo legittimo han bisogno di anni, di decenni, magari della morte dell'autore: sono frequenti i casi di scrittori talmente in precedenza sull'epoca dei lettori, che nel tempo loro sono rimasti quasi ignoti, e poi la posterità li ha riconosciuti grandissimi. Questa è una fatalità, nobile fatalità; chi abbraccia, e dirò meglio, chi dalla sua disposizione nativa si lascia trasportare a una carriera artistica, la conosce; e la accetta; e cerca con le sue forze di vincere il tempo, di fare al possibile che il giudizio, ch’egli spera dal postero, sia anticipato dal contemporaneo: ma tutto ciò è la battaglia d’intelligenza che si combatte tra l’uomo e la sorte, quella che fa bella e nobile la vita; e in questa battaglia non valgono aiuti.
I quali poi sono impossibili a darsi. Credi tu davvero che quando un potere di natura politica — quale è un sindacato — avesse con la maggior cautela stabilito le « gerarchie di valori », ci sarebbe una, una sola persona disposta a rispettarli? E che vale allo scrittore se. il Sindacato lo ha messo in alto e poi non c'è un lettore che arrivi alla fine del suo libro, e nessuno ne disputi, e nessuno ne tragga nutrimento di sorta? Il libro si « venderebbe » (forse) di più, ecco tutto: cioè, il Sindacato non sarà riuscito a compiere altro che un'opera di natura economica.
Tu puoi dire a questo punto: — Precisamente; io voglio che l’opera del Sindacato serva a fare coincidere la fortuna economica col valore artistico —. Ma non credo che tu possa nutrire una illusione così fanciullesca. Il valore artistico non si stabilisce che con una selezione lenta e anonima. Nemmeno la critica (che è più attrezzata e libera di quanto non possa essere un sindacato) riesce a nulla in questa materia. Nel decennio che precedette la guerra, nel quindicennio che la ha seguita, abbiamo veduto autori, portali con la più tenace insistenza da una critica volonterosa e anche intelligente, non riuscire a stabilire un vero rapporto e interesse tra sè e un pubblico, e rassegnarsi ad aspettare il giudizio del postero; e abbiamo veduto autori, ostinatamente ignorati dalla stampa, conquistarsi eserciti di lettori e poi dopo qualche anno irrimediabilmente perderli; e abbiamo veduto autori, che la critica ha trattato con diffidenza e presto del tutto abbandonati, conquistare a poco a poco torme fedeli e lentamente crescenti di lettori, sentire stabilirsi quello scambio misterioso d'intimi e profondi consensi tra una intelligenza individuata e una intelligenza diffusa, che è la più desiderabile forma di esito letterario. In questo fenomeno veramente, e in questo solo, si crea la «gerarchia dei valori artistici »; e questo è fenomeno arcano e sicuro come i fatti della natura. Un sindacato che si provasse a metterci mano, non si esporrebbe che a far cattive figure, come un sindacato che emanasse una serie di decreti e provvedimenti per una migliore distribuzione delle costellazioni.
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Scendiamo a un piano più modesto. Quando tu riuscissi a stabilire una gerarchia dei valori poetici, che ne fai sindacalmente parlando? Vorrai proteggere il contratto di un grande poeta meglio che quello di un poeta minore? Sarebbe feroce ingiustizia. Di fronte a te, Sindacato, non esistono altro che contratti, e tiratura. La sola protezione che tu possa dare indirettamente ai buoni scrittori non ancora favoriti dal pubblico, è una protezione generale, cioè provvedere in generale a ottenere una più vasta diffusione di tutti i bri, trovare il modo che aumentino tutte le tirature. Ma in questo non è un problema critico a guidarti, qui entra in campo la bassa questione dei librai lontani e minori; la stessa questione che, per il migliore sfruttamento del patrimonio teatrale, ha portato al magnifico organamento della Società degli autori. I quali han potuto risolvere il problema traverso la esazione. Anche in materia di libro, il problema della maggior diffusione non si può risolvere se non risolvendo il problema della esazione; e qui li rimando alla mia proposta nell’articolo del 25 luglio. Vedi come siam lontani da questioni di valori.
Tu anche mostri qualche diffidenza, perchè s’è chiamato lo scrittore: «professionista». Non ha nessuna importanza. L’importante è, come tu bene hai detto, non la nomenclatura ma la «profonda sostanza sindacale». E la profonda sostanza sindacale consiste appunto nel portare, per tutti, al massimo rendimento economico la produzione libraria, di qualunque genere e valore essa sia. Insomma, un fatto esclusivamente economico. Il disprezzo del poeta per il fatto economico fa parte del vecchio repertorio bassoromantico.
Che se comunque la definizione di « professionista » per lo scrittore ti spiace, ti suggerisco che la categoria di lavoratori più somigliante a quella dello scrittore è quella degli artigiani. Potrai certo, studiando le provvidenze sindacali dell'artigianato, trovarvi qualche suggerimento utile.
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Del resto, quello che io dico può avere un temperamento. Ma più tardi. Oggi è importante costituire i Sindacati e le Corporazioni secondo i più rigidi principii economici. In un secondo tempo, potrà un sindacato, che abbia in parte da lavorare su materiale artistico, tentar di favorire la produzione artistica come tale. Ma dovrà farlo non direttamente, non entro i quadri propri; sibbene creando, mediante gli strumenti che la struttura sindacale mette a sua disposizione, provvidenze e istituzioni che debbano rimanere extra-sindacali. In questo il tentativo di valutazione critica potrà aver luogo, purché essi rimangano un fatto extrasindacale.
Te ne do un esempio. Quattro anni sono da un sindacato artistico, il Sindacato delle Arti del Disegno, nasceva la Quadriennale, che fu il miglior successo di organizzazione artistica del dopoguerra: fatto artistico per eccellenza, cui, nel fatale passare della Biennale al rango di sontuosa sopravvivenza, tutti oggi guardano come alla più netta espressione delle forze nuove in questa materia.
Ebbene, la Quadriennale, se pure espressa da un segretario di Sindacato, che nel costruirla si serviva di forze a lui fornite dalla sua qualità sindacale, la Quadriennale eira una cosa squisitamente extrasindacale: tanto che, quando Oppo non fu più Segretario del Sindacato, pur Mussolini volle che rimanesse a capo della Quadriennale, bene intendendo che il metterla anonimamente nelle mani del Segretario Sindacale come tale, sarebbe stato ucciderla.
Il medesimo dovrà accadere di tutte le istituzioni di genere artistico che un Sindacato scrittori, dopo essersi solidamente costituito come protezione economico-giuridica potrà concedersi il lusso di promuovere: dovranno rimanere accuratamente extrasindacali, pena la perdita di ogni serietà per il Sindacato stesso.
Affettuosamente tuo
Massimo Bontempelli.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 10.10.34

Citazione: Massimo Bontempelli, “Gerarchie di valori letterari,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1780.