Il poema delle cave di Carrara (dettagli)
Titolo: Il poema delle cave di Carrara
Autore: F.T. Marinetti
Data: 1934-10-31
Identificatore: 1934_450
Testo:
Il poema
delle cave di Carrara
Aspettante concavo silenzio Vibra l’alluminio inchiodato da otto bulloni alla lamiera centrale del piccolo ponte di ferro sospeso che domina divide dall’alto di 100 metri le due voragini abbaglianti delle cave di Ravaccione e Fantescritti
Vi passeggia la fluida elettrica poesia di singhiozzi strozzati e lagrime vaste quanto il mare invadendo e scuotendo ogni cosa e uomini dall’occipite ai talloni e marmi svenati soavemente
Ne geme il piccolo ponte mentre sussulta sotto 800 chili di scarponi umani
Appesantirsi del metallo fra la brillantissima cipria che piove dopo ogni varata di detriti sparati in alto in giro dalla mina di polvere nera
Aspettante concavo silenzio Il sole tenta ma non riesce a sbiancare questo incalcolabile teatro di marmi in ribalta palchi loggione e di conici ravaneti di detriti all’assalto
Cocciutamente questi difendono conservano la loro granulazione blu di prussia di muro al chiaro di luna Tutto appare cesellato in quella balenante ondulazione di riverberi irti e spietati
Specchianti strapiombi ripercuotono raggi e voci come palle di ferro Stupefacente piccolezza microscopica delle squadre di lizzatori quasi invisibili in salita o discesa per le piste scoscese degli immensi costoni su su verso le cime parlanti o giù verso il cuore taciturno della Terra
Aspettante concavo silenzio Spettacolosamente in levigata mostra come sui piatti di una bilancia favolosa luccicano 6 picchi marmorei 4 alberi verdi e 7 giocattoli abitabili a tetto rosso
Grandi gialle ferite della montagna ognuna col suo labbro inferiore offerto fra la rovina dei detriti Complottare stridendo con la teleferica contro la vagolante ombra lentissima del carrello che s’arrampica per conto suo mentre languidamente la fune metallica sogna di ornare il conico femminile collo del più alto ravaneto
Fuma spiralicamente la pipa masticata dall’oscillante tecchiaiolo sospeso davanti alla parete liscia della tecchia a picco sull'inferno delle irte profondità
In fondo echeggia romantico il drin-drin delle valvole dei lunghi tubi delle pompe musicalmente col crudo crudo crudo carrello che talvolta sculetta spavaldo fra gli abissali suicidi sottostanti
Tre metri più in su pesante e mordente d'odio saltella la perforatrice ad aria compressa nelle mani coriacee dello sbozzatore che la punta contro il marmo buco di 23 centimetri in 1 minuto pari ad 1 ora di lavoro di due martellatori
Aspettante concavo silenzio.
Splendida insurrezione di marmi agli ordini del sole tutti aguzzi fuor dalla massa dei detriti Lo salutano brontolando pei canaloni gli scoppi delle mine con echeggianti cannoneggiamenti di battaglie montane dissepolte
Aspettante concavo silenzio
Prudentissimi polveroni assonnati salgono pei dirupi a strangolare soffocare gli sproporzionati castellacci e casupolami formati di frantumi di marmi
Questo fortilizio aiutato da una foia di aggrovigliate scale di corda trattiene la diabolica frana dei ravaneti
In alto troneggiano come dittatori i cilindrici rossi serbatoi d'acqua per la manovra del filo elicoidale ma devono con guaiti penosi obbedire anch’essi piegando di 1 millimetro le loro compagini molecolari alla enorme lassù prepotente pressione della montagna
Pesa dalle cime nevose al fondo buio e opprimendo chiude tutti i meati tutte le screpolature e tappa finalmente il taglio della ferita aperta dal filo elicoidale del marmo
Preciso quanto quello che affetta la polenta il filo elicoidale veicola acqua silice quarzo nel tagliare utilizzando il 30% della montagna mentre il lavoro manuale ne utilizzava il 10%
Lunghi vuuuu vuuuu vuuuu della bùccina rotti dalle voci A da foooc! A da foooc!
Scalpiccio degli operai in fuga e tutuuuum tutuuuum dello scoppio
Aspettante concavo silenzio
Splendono riemergendo dal polverone con brilli di collera i picchi di marmo senza curare scalatori perforatrici e mine
A modo loro vogliono pretendono scendere con mezzi propri nell’abisso
Invano gli uomini offrono loro caute rotaie e lente chirurgie
Accetterebbero le lizze ma guai se si rompono
Allora piombando e precipitando i picchi mozzi acciuffano quei fragili tormentatori e li travolgono Chi può vietare a quei superbi la gioia di contemplare al di là delle valli abbaglianti di Fantescritti e Ravaccione tante verdi montagne montagne sorelle che si slanciano su al contrattacco
Piatto azzurro attento a questo dramma di anime centrifughe e pesi centripeti il Mare marmo in potenza arteriato di naufragi
F. T. Marinetti
Collezione: Diorama 31.10.34
Etichette: F.T. Marinetti, POESIA
Citazione: F.T. Marinetti, “Il poema delle cave di Carrara,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 23 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1815.