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Titolo: Il pellicciotto

Autore: Camillo Sbarbaro

Data: 1934-11-14

Identificatore: 1934_466

Testo: Il pellicciotto
Anche oggi la vecchia è venuta ad accompagnarla. Eccola lì sul marciapiede che con gli occhi si informa sui compagni di viaggio di sua figlia. Dal marciapiede non si stacca che a tranvai partito; e, tutto il tempo, — questa, composta, dal suo angolo, quella da terra — mantengono un’intesa che sboccia ogni tanto in un sorriso. (Ho già visto la madre farle, d’un movimento d’occhi, cambiar posto: una vicinanza, certo, che alla vecchia non garbava).
Signorinetta; logora a forza di strusciarsi nei mobili d’ufficio; eppure serbatasi, mi rifiuterei di dubitarne, la virtù stessa; s’anche sotto spoglie modeste e con poche occasioni di esercitarsi.
Infatti si stenta a credere che le precauzioni materne abbiano avuto un tempo motivo. Per ora la poveretta si direbbe un vestituccio appeso a un chiodo. Gli occhi le sono diventati strabici a forza di sbirciare e il naso, dall’attesa, lunghetto. Porta al collo a mo' di nodo scorsoio un gatto spelacchiato di cui deve far gran caso.
La vecchia, per sentire ogni giorno il dovere di pilotarla attraverso le insidie del mondo, bisogna che non la veda: non la veda più da tanto l’ha sott’occhio.
Benefizi dell’abitudine! È per essi che quando il mio vicino sorte di casa per l’ufficio con quel suo passo posato che dà tanto affidamento, i famigliari non ce la fanno a impedire alla nonna vacillante di tenergli dietro sul pianerottolo, per, aggrappata alla ringhiera, buttargli giù per le scale come una corda di salvataggio la vocina: « Bada di non cadere! ».
* * *
Ma che fanno, nell’interno della vettura, a questo innocente che squarcia l’aria di proteste? Il putiferio orienta il tranvai verso un marmocchietto congestionato e tutto bocca che la madre si adopera invano a chetare. I suoi occhi, accecati da goccioloni che gli rotolano in bocca, fissano affascinati... Chi pensava più a lei, dignitosetta nel suo canto, la signorina del boa?
Sebbene una creatura di quell’età abbia poca scelta di espressioni, la improvvisa violenza del pianto e questo insistere dello sguardo farebbero supporre qualche tremenda angheria usatagli dalla vicina. Certo, non sarebbe di più se quella gli avesse ficcato a tradimento uno spillo nelle tenere carni.
Tirata in ballo, la signorina si dispone tutta a beneficiare della pubblicità che la aureola di riflesso; e, senza perdere contegno, si prodiga in amabilità, sfoggia all’indirizzo del marmocchio i migliori sorrisi; ma in ogni tentativo è impedita d’insistere, i suoi buoni offici non ottenendo che di far rinforzare quel pianto. Finché, senza ben capire, si astiene, interdetta.
Quando dal fondo uno sguaiato butta: « ha visto il boa! », trascinando nella ilarità parte del pubblico. La poveretta sbatte le palpebre, alza il capo: ma la cosa da ribattere le resta in gola come un osso di traverso.
Allora, con esagerata attenzione, si mette a cercare nella borsetta, dove la madre non lascia mai mancare qualche dolciume pel caso che in ufficio lei si senta « rodere il cuore ». Ho capito: vuol rintuzzare l’insulto coi fatti e tenta la seduzione della chicca. Non può credere che l’innocente sia della partita.
Spiegando tutti i vezzi, la malaccorta si china sul marmocchio. E subito si raddrizza, atterrita dalla conseguenza del suo atto.
Con un sorriso atroce sta, senza più osar guardare da quella parte né quasi respirare, immobilizzata al suo posto dal furore che ha scatenato. (Sbalordisce tanto fiato in quell'involtino). E improvvisamente, vedo, decide di togliersi di lì.
Solo gli innocenti sono capaci di queste crudeltà. S’è appena alzata che d’incanto il marmocchio si cheta; appare persino un po’ stupito; poi, tra i goccioloni, ride intorno: trionfa.
Una ventata di ilarità investe alle spalle la poveretta che dalla piattaforma già sporgeva il piede per l’impazienza di scendere e che, nella raffica, istintivamente si afferra e s’impunta, alberello scrollato sul precipizio.
Ho la forza di guardarla. Butta qua e là, senza vedere, gli occhi strabici e si passa la punta della lingua sulle labbra secche: non credo che potrebbe in questo momento articolare parola.
Scende come un fagotto dal tranvai ancora in moto; e prima esita a traversare, impedita da inesplicabile panico; e poi si butta avanti che, tra i tam tam stizzosi, schiva appena l’urto.
Di lei che incespica avviandosi mi resta negli occhi il collo che brucia, sotto il boa, pel rossore che vi è salito.
Camillo Sbarbaro.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 14.11.34

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Citazione: Camillo Sbarbaro, “Il pellicciotto,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1831.