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Titolo: Ricordo di Giovacchino Ringelnatz

Autore: Pietro Solari

Data: 1934-11-28

Identificatore: 1934_492

Testo: Ricordo di Giovacchino Ringelnatz
Berlino, novembre
È morto di questi giorni a Berlino, da originale com’era vissuto, Joachim Ringelnatz, l’ultimo poeta d’un tempo anch’esso morto irrimediabilmente e affossato senza onor funebre dal nazionalsocialismo. Ringelnatz ha rinunziato bruscamente alla parte di sopravvissuto e una di queste mattine gli amici — ne aveva ancora qualcuno — apprendevano che il loro vecchio Kuddel Dadeldu era stato cremato: una notizia improvvisa e brutale in cui per volontà del poeta erano state condensate le fasi borghesi della malattia e della morte.
Ringelnatz! Di persona io non l’ho conosciuto che per averlo visto di fuga qualche volta al Romanisches Café, questa sacripantesca Rotonde berlinese, anch’essa decaduta senza speranza di ritorni; ma ero egualmente nel numero dei suoi amici e dei più fedeli, coloro che si contentavano di leggerlo e gli volevano bene. Arrivava colla sua camminata larga e sbandata di marinaio e il suo ghigno mefistofelico, lanciava « Witze » saluti e richiami fra le tavole, e rullando s’allontanava. Umanissimo e inaccostabile, non gli ci voleva meno di una grinta da pirata per difendersi da tutti coloro che gli conoscevano quella sua anima candida e fiduciosa di bambino. Credo che appunto per difesa facesse il terribile; e da questo contrasto, quando si sorvegliava un po’ meno, nasceva la sua poesia. Perchè per quanto s’armasse di sarcasmi e d’ironia, la poesia gli prendeva la mano: ora in sordina, ora di prepotenza. Cantava per rabbia più che per amore, senza dimenticarsi mai d’essere stato marinaio e d’essere ancora e sempre, di professione, un «chansonnier » da palcoscenico, forse l'unico di tutta Berlino e di tutta la Germania del dopoguerra: un uomo d'eccezione anche in questo, per l'ambiente in cui fiorì e visse. A noi italiani ricordava qualche volta Palazzeschi: ma il paragone non reggeva invero. Era propriamente il campione d’un atteggiamento poetico ironico e mordace, d’una poesia scontrosa, che ebbe nel dopoguerra tedesco, fin verso il 1930, rappresentanti notevoli, principalmente Tucholski e Kaestner. Al lume degli avvenimenti successivi si comprende senza fatica che la maggior parte di loro non abbia più posto nè aria nella nuova Germania e abbia preferito l’esilio o il bando. Ringelnatz, più radicale e coerente, se n’è andato tutto e senza mezzi termini, da questa Germania e da questo mondo.
Era degli ultimi mesi una poesia sua in cui c’è un presentimento amaro della morte che l’ha colto nel fior dell’età, a poco più di cinquanta anni:
Sogna i tuoi sogni in pace.
Quando non ti fidi più di nessuno chiudi le porte, chiudi anche le finestre, per non vedere più nulla.
Stattene quieto nella tua quiete, come quando nessuno ti vede.
Quel che succede la tua volontà nemmeno lo sa.
Nel tuo angolo senza sole leggi il libro senza parole.
Quello che abbiamo — quello che avemmo, quello che...
Un giorno non ci resta niente.
Una poesia antipoetica; eppure poesia. Ringelnatz già vecchio parla a una ragazzina in fiore. Poche parole, una preghiera:
Quante hanno avuto quel che tu hai!
Regalami soltanto la tua ombra, per un riposo di qualche minuto.
Ovvero questo « Giorno coperto »:
A casa le donne piangevano: il bambino morto pareva di neve.
Mio fratello e io andammo in mare.
Il tempo non c’era da fidarsi: non pescammo che lacrime dal mare, la rete era vuota.
Gli esempi potrebbero moltiplicarsi se la traduzione non togliesse il meglio. Si sciupa, traducendo, il fiore di un linguaggio la cui naturalezza parlata è frutto di un segreto, laborioso artificio. L’arte di Ringelnatz sta in gran parte nel nascondere, quanto al contenuto, la sua doglia, quanto alla forma, la lima.
Benché di mestiere facesse il poeta di Kabarett non aveva nulla dell’improvvisatore e neppure del comico. Nondimeno amava fuor di misura le acutezze, i concetti, le « pointes »; scontava e faceva scontare con un umore ruvido e aspro le sue debolezze sentimentali, le sue nostalgie di ex-marinaio. La natura lo aveva messo al mondo con un cuor tenero e un’indole bizzarra, alla quale anche il suo fisico s’intonava singolarmente; grande, dinoccolato, irsuto, con un profilo d’uccello rapace, aveva due occhi azzurri dolci da Gretchen che gli guastavano tutto l'effetto. Sapiente fino in fondo, se n’è andato nel punto in cui ai poeti ironici e disfattisti del dopoguerra succedevano i bardi eroici del Ministero della Propaganda del Terzo Reich; giustamente in tempo perchè qualcheduno avesse ancora il coraggio di rimpiangerlo pubblicamente.
Pietro Solari.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 28.11.34

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Citazione: Pietro Solari, “Ricordo di Giovacchino Ringelnatz,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1857.