Il punto di vista editoriale sul contratto-tipo (dettagli)
Titolo: Il punto di vista editoriale sul contratto-tipo
Autore: Franco Ciarlantini
Data: 1935-02-20
Identificatore: 1935_115
Testo:
INTERESSI DEGLI SCRITTORI
Il punto di vista editoriale sul contratto-tipo
Nella Gazzetta del Popolo Massimo Bontempelli ha pubblicato un articolo di critica al contenuto delle clausole del contratto-tipo stipulato fra i rappresentanti degli scrittori e i rappresentanti degli editori, dopo una serie di discussioni serene e cordiali, avvenute alla sede della Confederazione dei Sindacati professionisti ed artisti in Roma, alla presenza del presidente confederale on. Alessandro Pavolini, e delle quali è stata data notizia in un recente e diffuso comunicato.
Esaminiamo brevemente queste critiche:
Bontempelli parte da un’affermazione di princìpio che per conto nostro respingiamo in pieno, perchè in aperto contrasto con lo spirito corporativo, che è come dire con lo spirito di comprensione e di conciliazione degli interessi fra categorie.
Dice il Bontempelli: « Tutto ciò che nel contratto-tipo non rappresenta per gli scrittori un vantaggio sulla legge (o sulla consuetudine) va naturalmente respinto ». Noi pensiamo invece che in regime corporativo il primo compito dei rappresentanti sindacali sia quello di adattare, di smussare certe punte e di colmare certe lacune che anche la legge può avere lasciato nei rapporti fra categorie.
Nessuna legge nasce perfetta e così è avvenuto di quella sul diritto d’autore, senza dubbio una delle migliori.
Il volere considerare agli effetti degli interessi di categoria la posizione acquisita con una legge o con un contratto come punto di partenza per successive « conquiste » da strappare alla categoria contrapposta, significa essere rimasti ancora ai sistemi in uso prima dell'occupazione delle fabbriche.
I rapporti fra autori ed editori in particolare sono talmente personali, e gli interessi così convergenti, che richiedono, in chi li tratta collettivamente, un’elasticità ed un tatto superiori a quanto ne occorra nel regolare i comuni rapporti fra datori e prestatori di lavoro; e dunque può operare benissimo chi, nel superiore interesse dell’armonica convivenza fra categorie, fa anche un passo indietro rinunciando ad una « conquista » precedente, perchè queste conquiste sono talvolta il seme della zizzania: le modificazioni occorse ed occorrenti alla legge sul diritto d'autore informino.
E veniamo ora all’analisi delle critiche bontempelliane.
Nella relazione sul contratto-tipo fu affermato il concetto che esso non si applica agli scrittori che concorrono in tutto od in parte alle spese di stampa e di pubblicazione dell’opera loro.
Bontempelli è d'avviso che non sia applicabile nemmeno a quegli scrittori che rinunciano al, compenso su una o più edizioni per averlo sulle successive.
La cosa agli editori, è perfettamente indifferente, perchè non sono mai essi a cercare gli autori che stampano a spese proprie, onde cade completamente il timore di soprusi da parte dell'editore, come poco opportunamente insinua il Bontempelli.
Quanto al rendiconto delle vendite, il contratto-tipo considera il termine di 12 mesi come massimo, ma con questo nessuno ha pensato di modificare la consuetudine acquisita.
L'obbligo per l'autore di mandare all'editore la copia del manoscritto e non l’originale è stato proprio sancito in primo luogo per evitare all'autore la perdita dell'esemplare unico e le gravi conseguenze che ne possono derivare a lui e all’editore, ed in secondo luogo per evitare la possibilità di speculazioni da ambo le parti.
La clausola dunque contiene una garanzia bilaterale e non è affatto stillata « con occhi e penna di editore ».
L'art. 4 dà un termine all’autore per la restituzione delle bozze; Bontempelli dimentica però che l'art. 3 dà un termine all’editore per la pubblicazione.
Nella legge oggi non esistono questi termini; se il contratto-tipo li ha messi, ha fatto cosa buona per l'una e per l'altra parte.
L'art. 5 non segna aliatto un regresso nei riguardi della legge perchè fa espresso richiamo all'art. 48, e cioè conferma nell’autore il diritto di fare opposizione al prezzo di copertina stabilito dall’editore, come è previsto nell'articolo suddetto.
Quanto alla percentuale di scarto prevista all’art. 6, è stata fissata per ragioni pratiche e partendo soprattutto da quel principio di buona fede e di reciproca fiducia, che, come ha improntato la stipulazione del contratto-tipo, deve improntare i rapporti fra autori ed editori.
Bontempelli dice che queste sono minuzie; ma perchè allora le rileva e le enumera mettendo in sospetto gli scrittori?
Quanto alla timbratura, si direbbe che Bontempelli non abbia, letto bene l’articolo 7, il quale è per gli autori più largo della legge: questa, stabilisce, all'art. 49, nell’autore il diritto al contrassegno salvo patto in contrario; quindi la richiesta preventiva del contrassegno, come è stabilito nella legge, potrebbe effettivamente impedire la stipulazione di un contratto lino ad oggi.
Una volta che sia entrato in vigore il contratto-tipo, per avere la timbratura l'autore non dovrà inserire la clausola nel contratto, ma basterà che ne faccia richiesta anche al momento della restituzione delle bozze.
E veniamo all’art. 8 contro cui si. appuntano gli strali del Bontempelli.
L’articolo considera la ristampa delle opere, e s’intende riguarda quelle per le quali l’autore ha. ceduto all'editore il diritto di pubblicazione a percentuale a tempo determinato o indeterminato, cioè a dire senza limitazione del numero di esemplari.
I casi sono due: o l'opera si vende ed allora sarà l’editore che nell’interesse comune ne curerà sollecitamente la ristampa, senza bisogno di sollecitazioni da parte dell’autore; o l’opera non si vende, o se ne esaurisce la ricerca dopo la prima stampa, ed allora si rientra nel caso considerato al 2° e 3° comma dell'art. 8 è diritto dell’editore sgomberare il magazzino da volumi imitili, dopo un minimo di tre anni;
diritto correlativo nell’autore di riacquistare la piena disponibilità dell'opera.
Che cosa c'è di strano e di oscuro in questi chiarissimi patti? Francamente non riusciamo a capirlo.
Bontempelli vorrebbe che l’editore fissasse un termine per la ristampa: non crediamo che questo termine possa essere da qualsiasi editore accettato, perchè se esistono delle facoltà che sono inalienabili prerogative dell’autore, ve ne sono altre che devono essere considerate tali per l’editore.
Il giudizio sull'opportunità e sul tempo di una ristampa è un giudizio di squisita natura editoriale, di competenza dell’editore, che ha la percezione del mercato, della richiesta, delle possibilità di esito in rapporto al valore dell'opera: vi sono libri che l’editore ristampa avendone ancora in magazzino qualche migliaio di copie; ve ne sono altri che un editore non deve ristampare, neanche se in magazzino gliene restano solo cinquanta.
La consuetudine della ristampa in un periodo di tempo dai 3 ai 6 mesi, al quale accenna il Bontempelli, non esiste e non è mai esistita.
Il secondo comma dell’art. 8 non è affatto in contrasto con la legge, come afferma il Bontempelli: la modificazione del prezzo di. copertina è chiaro che concerne il libro che si vende; il secondo comma dell’art. 8 riguarda invece il libro che non si vende e del quale l’editore ha il diritto imprescrittibile di liberare i propri magazzini dopo un termine minimo di tre anni, previo avviso all’autore.
Questo avviso preventivo sta a significare che l'autore può rilevare il libro invendibile per farne quello che crede; ed è, per l’autore, una garanzia sufficiente dal punto di vista materiale e morale.
Se l'autore non vuole rilevare una giacenza invendibile, non vi è alcuna legge che faccia obbligo all’editore di conservare nei secoli dei secoli, a suo rischio e perìcolo, dei volumi invendibili; se così fosse i magazzini editoriali sarebbero veri e propri archivi e dovrebbero avere una capienza assai maggiore della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze o della « Vittorio Emanuele » di Roma.
A questo punto concludiamo, affermando che il contratto-tipo, stipulato fra i rappresentanti degli scrittori ed i rappresentanti degli editori, è la più bella prova di illuminata e cordiale collaborazione fra categorie. Nei tre anni per i quali è prevista l’applicazione del contratto, la pratica ne farà emergere le virtù ed i difetti: si conserveranno quelle, si correggeranno questi; nessuna delle due parti è andata alla discussione con l’idea di un guadagno; se mai sono stati gli editori, che, in omaggio ad un sentilo spirito di collaborazione, hanno rinunciato a sostenere quel principio di relativa libertà contrattuale che è sancito dalla vigente legge sul diritto di autore.
Gli editori dunque non sono partiti dal concetto di « respingere tutto ciò che non rappresentava un vantaggio sulla legge »; chi è persuaso della lealtà delle intenzioni dei negoziatori, ha il dovere di creare attorno al contratto-tipo una atmosfera di fiducia e di simpatia, la quale non toglie il diritto ad una critica obbiettiva e serena: ma non si rende certo un buon servizio nè agli autori, nè agli editori quando si vuole creare attorno al contratto-tipo il sospetto; e tralasciamo poi la mossa abile di Bontempelli, il quale, mentre tenta di demolire il contratto-tipo, vuole fare comprendere che i rappresentanti degli autori non hanno avuta alcuna colpa se non sono riusciti a tutelare la categoria; la colpa starebbe nell'infernale abilità e nello spirito sopraffattore dei rappresentanti editoriali; si legga ad edificazione l'ultimo periodo dell’articolo bontempelliano: « I quali (gli errori), io so benissimo e ci tengo a dichiararlo, non sono menomamente da imputarsi a sua colpa (di Marinetti) Superior stabat lupus ».
Questa dichiarazione, per quanto abile, non giova a salvare capra e cavoli, ma la citazione di Fedro prova purtroppo l'esistenza di uno stato d’animo che non giova certo alle intese di carattere sindacale e meno ancora a quelle di carattere corporativo.
Franco Ciarlantini.
Siamo costretti per mancanza di spazio a rinviare al prossimo « Diorama » una nuova risposta di Massimo Bontempelli sul punto di vista degli scrittori.
Collezione: Diorama 20.02.35
Citazione: Franco Ciarlantini, “Il punto di vista editoriale sul contratto-tipo,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2024.