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Titolo: La diagonale del parallelogramma

Autore: Massimo Bontempelli, Alessandro Pavolini

Data: 1935-03-06

Identificatore: 1935_134

Testo: IL CONTRATTO TIPO FRA SCRITTORI ED EDITORI
La diagonale del parallelogramma
Debbo due risposte: una all'amico Marinetti, e precisamente al suo articolo del 6 febbraio; l'altra all'amico Ciarlantini, e precisamente al suo articolo del 20 febbraio: a proposito del contratto-tipo da essi proposto nelle loro qualità di rappresentanti sindacali l’uno degli scrittori l’altro degli autori.
Rispondo per un dovere professionale. Qui non c’è affatto una questione di temperamenti, come a Marinetti pare; nè si tratta di stabilire se io sia un « professionista del dubbio », o lui un « professionista dell’entusiasmo », che sarebbero due situazioni ugualmente immorali.
Il contratto-tipo investe e impegna un interesse di categoria: interesse che da economico si fa morale. È dunque naturalissimo che ogni scrittore contribuisca all’opera del Segretario del Sindacato, manifestando le proprie obiezioni prima che il contratto diventi definitivo.
Per gli scrittori minori
Premessa: ritengo pacifico che l'esame di un contratto-tipo (ch’io ho accusato d’essere lesivo dei diritti, degli scrittori) debba essere fatto soprattutto a nome e nell’interesse degli scrittori professionalmente minori, o novizi.
Punto contro punto (v. articolo di Marinetti nel numero del 6 febbraio):
1°) Io non ho mal considerato (come Marinetti pensa) l'autore quale un semplice prestatore d'opera. Se egli è ufficialmente considerato produttore (cioè collaboratore con l'altro produttore, che è l’editore) tanto di guadagnato per la mia tesi, che pone sullo stesso piano autore ed editore nei confronti del libro come prodotto commerciale; e considera perciò l’autore, interessato per una percentuale sulle vendite, come vero e proprio comproprietario del libro: e gli vuole dunque riconosciuto il primo diritto inerente alla comproprietà, cioè quello di accertare e controllare la vendita. (Al che mirava già la mia proposta pubblicata qui sulla Gazzetta il 25 luglio: era assai importante; gli editori, e in armonia fatale con essi il Sindacato, l’hanno ignorata).
2°) Il prezzo e la tiratura delle pubblicazioni non sono mai stati elementi di libera contrattazione altro che per alcuni celebri autori? Ch’io sappia, la pubblicazione d’un volume è sempre stata la conseguenza d'un contratto, liberamente sottoscritto dalle parti: e per quanto tale contratto potesse essere incompiuto, insidioso, tirannico, non poteva prescindere dal prezzo di copertina e dal numero di copie dell’edizione: soli elementi sui quali poteva esser computata e concretata in effettivo valore la percentuale riservata all’autore. Se esistono contratti che tacciono su tali elementi fondamentali, tale silenzio non può essere invocato come esponente d’una situazione generale e da cristallizzarsi in legge.
3°) Il mio articolo analizzava il contratto, ch’era stato pubblicato per intero; non l'accordo allegato, di cui non si conoscevano e non si conoscono che citazioni parziali. Sono lieto di ammettere che in esso accordo si ha qualche vantaggio per gli autori: ma sarà bene indicare con quali mezzi il nostro Sindacato potrà provvedere ad accertamenti e controlli di natura così delicata.
4°)A proposito di stampigliatura, l'amico Marinetti vanta come un successo il fatto che tale timbratura sarà davvero obbligatoria, dato che l’editore nel contratto-tipo non ha più alcuna facoltà di opposizione. Ora, l’articolo 49 della Legge sul diritto d’autore dispone che « salvo patto in contrario l’autore ha diritto di contrassegnare ciascun esemplare dell'opera prima che sia posta in commercio ». Dunque nemmeno precedentemente l’editore aveva possibilità di. opposizione. Comunque, qui vorrei fare un'altra raccomandazione: si imponga, nel contratto-tipo, la stampigliatura in qualunque caso. Questa sarà la sola maniera di salvare l’autore dalle proteste scandalizzate dell’editore « oh, perchè vuole la stampigliatura? non si fida di me? ». Perchè alcuni editori fanno ancora questo gioco. E con gli autori il gioco riesce. Ma in sede di discussione per un contratto-tipo, non credo saranno così sfacciati da rifiutare l’obligatorietà in qualunque caso. Sarebbe come se l’autore, quando riceve dall’editore il compenso, si volesse rifiutare di firmare una ricevuta, mostrando di considerarlo come un segno di scarsa fiducia.
5°) Misi accusa di dare importanza, alla prevista diminuzione del prezzo di copertina. Tanta ne ha questo argomento, che un apposito articolo 48 della Legge sul diritto d’autore conferisce all’autore il diritto di opporsi a tale diminuzione; invece il contratto-tipo, in contrasto con la stessa legge, sottrae all’autore questa capitale garanzia. Eppure tutto l’interesse finanziario dell'autore si fonda appunto sul prezzo di copertina, al quale egli è cointeressato per una certa percentuale. Se il prezzo del volume diventa un elemento elastico, aleatorio, occasionale, la percentuale perde ogni significato.
6°) Mi si obietta che le consuetudini, (le quali risultano migliori del contratto tipo) non sono mai rispettate. Sorvolo sulla contraddizione in termini; e osservo che appunto io avrei voluto che mediante il contratto-tipo quelle consuetudini diventassero regole imposte al rispetto degli editori. Marinetti conclude segnalando per il contratto-tipo il merito di aver messo su di un piano di sincerità collaborativa gli autori e gli editori. Si; ma la collaborazione degli editori mi pare che ci venga a costare troppo cara. Badate che gli editori — i quali per tanto tempo hanno sistematicamente osteggiato ogni iniziativa degli autori — in un primo periodo avevano fatto una condizione sine qua non della facoltatività del contratto-tipo; se ora d'improvviso ne hanno accettata l’obbligatorietà, stai pur sicuro, mio caro amico, che questo è un indizio molto eloquente della loro soddisfazione per gli insperati benefici recati loro dal nuovo accordo.
Mi si avverte che il contratto-tipo non ha che la durata di tre anni ed è perfettibile. E allora perchè non cercare di perfezionarlo subito, visto che siamo ancora in tempo?
Spostamento di situazione
Un’ultima osservazione. L’articolo 5 (fissazione del prezzo di copertina) e l'articolo 8 (riduzióne del prezzo stesso) sono in palese contrasto con due distinte disposizioni dell’articolo 48 della legge. Io non credo che un contratto collettivo abbia potere di contradire una legge; temo dunque che, anche ove lo ratificassero così come è stato redatto, la Magistratura del Lavoro, se udita, potrebbe anche annullarlo. E allora non è meglio prevenire questo pericolo? Caro Marinetti, lascia che ne discutiamo; e non ti offendere; non c’è niente di male, la discussione è collaborazione. Se la ottenuta collaborazione con gli editori costituisce per te un legittimo vanto, perchè ripudiare la collaborazione che ti è offerta dalla tua propria parte?
La risposta che precede era già scritta, anzi, già in tipografia; quando è arrivata, la difesa del contratto-tipo, fatta dall’on. Ciarlantini, rappresentante degli editori, e anche lui, come Marinetti, mio amico carissimo. Per dovere di ospitalità le abbiamo ceduto il passo, pubblicandola nel Diorama del 20 febbraio.
È un curioso fatto che la difesa del contratto-tipo, con sì bell’ardore presentato al mondo dal Segretario degli scrittori, non sia stato difeso che dal rappresentante degli editori.
Il che costituisce un buffo spostamento di situazione. È chiaro che io, additando gli errori del contratto-tipo pubblicato da Marinetti, parlavo a lui, agli scrittori, ed eventualmente a quella maggiore sede che dovrà ratificarlo o respingerlo; non pensavo certo di parlare agli editori e discutere con essi. Voglio dire, che la discussione tra autori ed editori doveva essere esaurita, essendo accaduta già tra lo scrittore-tipo e l'editore-tipo, con conseguente nascila del contratto-tipo. Si poteva poi ragionare ira noi scrittori se il nostro rappresentante avesse bene o male rappresentato i nostri interessi. Ma Ciarlantini, riportando la cosa a un contraddittorio tra editore e scrittore, le fa fare un passo indietro; svaluta il contraddittorio, che doveva essere supremo e definitivo, tra lui e Marinetti; esautora con un atto solo due volte il nostro Segretario (cioè l’una con questa ripresa di discussione con uno scrittore non autorizzato, l'altra, che ho già additata, con mostrare pubblicamente come solamente un editore possa difendere il contratto-tipo). Se anche il nostro Segretario ha sbagliato, ha sbagliato per desiderio d'azione conclusiva, e non meritava d’essere trattato in questa maniera proprio da colui col quale egli era stato tanto gentile.
Un atto di fede
Messa così nella, sua vera e strana luce la situazione generale, veniamo alle particolari difese ciarlantiniane.
ha prima e la più brillante delle sue opposizioni ci ammonisce che in sede corporativa ognuno, delle parti non deve tendere al maggiore vantaggio proprio, cioè a una conquista di parte, ma mirare all'equilibrio. Questa, affermazione è antifilosofica, antistorica, anticorporativa. L’equilibrio, in storia come in meccanica, nasce dalla combinazione-contrasto delle due, forze avverse. La diagonale del parallelogramma. Uno dei grandi principi del Fascismo è stato appunto riconoscere questa verità naturale, contro il principio di spontaneo adattamento, che si risolverebbe nel più democratico rinunciatarismo.
Questo in generale. Ma nel nostro caso c’è molto di più. Che cosa deve essere il contratto-tipo? Non una riforma e neppure una revisione della legge: ma una nuova garanzia che integri la legge, in quanto s’è visto che sul terreno pratico i provvedimenti di essa legge sui diritti d’autore non risultano abbastanza tutelati. Si tratta dunque di creare certe possibilità di vigilanza e di controllo, che in pratica agli autori venivano a mancare. Infatti il contratto-tipo (è bene che il lettore lo sappia) da molti anni gli scrittori, lo invocavano e gli editori lo negavano. La situazione degli autori, nonostante l’ottima legge, era rimasta precaria. Col contratto-tipo non s’intende che di rendere efficienti le provvidenze legislative.
Ci siamo invece trovati inaspettatamente di fronte a un accordo che, in dieci articoli, sanziona alcuni vantaggi per gli editori, e toglie agli autori talune essenziali garanzie già sancite dalla legge. Il che Ciarlantini in fondo riconosce, quando ci raccomanda di andare verso l’accordo non con spirito di « conquista », ma di accomodamento. Invece di dimostrare falsa la mia tesi, che il contratto peggiora la legge, Ciarlantini invoca fiducia. Ma certo, fidatissima. Ma. allora è inutile fare un contratto. La fiducia non può essere l’unico elemento regolatore d'una collaborazione, che si conclude in una vera e propria relazione commerciale e in una comproprietà del prodotto librario. In nessun’aura categoria industriale la fiducia è pretesa come condizione esclusiva. Ciarlantini in un prezioso studio uscito nel ’29 intitolato La condizione della libreria italiana ha affermato: « Oltre alle ditte editrici vere e proprie pullulano certe iniziative editoriali a carattere misto », ecc., contro le quali molto opportunamente ci ha messo in guardia. Ma quando gli autori han reclamato un controllo sulle librerie (e nel già citato mio articolo dello scorso luglio, che il nostro Sindacato ha voluto ignorare, indicavo i mezzi di tale controllo), ci si è detto che questa era una offesa e una utopia.
L'amico Ciarlantini torna sull'articolo 48, che io avevo confrontato con l’articolo 5 del contratto-tipo, e fa osservare che il secondo fa espresso richiamo al primo. Qui c’è, chiamiamolo così, uno « slittamento »: il richiamo all’articolo 5 riguarda solamente la seconda parte; cioè il diritto di opposizione da parte dell’autore è ammesso dal contratto-tipo solo per ciò che riguarda la variazione del prezzo di copertina, mentre nell’articolo 48 l’autore ha diritto di opposizione anche per quanto riguarda la determinazione di esso. È dunque altrettanto incontestabile che il contratto-tipo viene a sottrarre all’autore una importante garanzia.
Rileggiamo il secondo comma dell’articolo 48 della legge: « L’editore può modificare il prezzo di copertina, già stabilito, preavvisando tempestivamente l'autore, il quale ha diritto di opporsi, entro il termine di 15 giorni ». E ora leggiamo il secondo comma del'art 8 del contratto-tipo: « Qualora, dopo un periodo di tempo in ogni caso non inferiore a tre anni, l’opera si dimostrasse difficilmente smerciabile, l’editore, previa comunicazione all’autore, potrà venderla a prezzo ridotto, corrispondendo all’autore la percentuale spettantegli sul ricavo effettivo della vendita ». Anche qui, è palese la contradizione con la legge, che ammette l'opposizione dell’autore in qualunque caso, mentre il contratto-tipo la esclude nel caso di svalutazione dopo un dato periodo di tempo.
Ciarlantini conclude pregando tutti di creare un'atmosfera di fiducia e di simpatia; e dice che tale simpatia non toglie il diritto a una critica obiettiva e serena. E allora? Si può immaginare critica più obiettiva e serena di quella del mio scritto, ch’era un esame comparativo tra articoli della legge e articoli del contratto? E meno obiettiva e serena di quella dei contradittori? Professionista del dubbio? Anzi il mio esame era un atto di fede.
Massimo Bontempelli.
Chiusura...
Caro Amicucci, ti sono molto grato per la cortesia che hai voluto usarmi, invitandomi a scriverti il mio pensiero sull’accordo economico autori-editori per il contratto-tipo di edizione a compartecipazione; e con ciò chiudere, immagino, la breve discussione giornalistica nata dall’articolo di Bontempelli sull'argomento. Anche perchè è ormai imminente la prima riunione della Corporazione della Carta e Stampa, e — come tu ben sai, essendone il vice-Presidente — la Corporazione stessa esaminerà l’accordo e il contratto-tipo.
Non ho, è naturale, da entrare in merito alla parte più strettamente polemica della discussione Bontempelli-Marinetti-Ciarlantini. Per il resto, mi pare si possano trarre a un dipresso lo seguenti conclusioni.
Alcune clausole del contratto-tipo (alla cui conclusione ho preso parte) introducono, come Ciarlantini ha messo in luce, innovazioni favorevoli agli autori. Per altre clausole, Bontempelli chiede, in sostanza, e del resto non inopportunamente, che esse vengano corredate di più espliciti richiami alla Legge sul diritto d’autore; o addirittura che vengano, in senso favorevole agli autori, modificate (e se in sede corporativa ciò, anche in parte, si verificherà, chi dovrebbe esserne più lieto di noi, che inquadriamo, rappresentiamo, e siamo autori? ). Ma il vero valore dell'accordo non sta nelle clausole del contratto-tipo. Sta, come Marinetti e Bontempelli hanno entrambi rilevato, nel fatto stesso del contratto-tipo obbligatorio, che viene a porre su basi di grande chiarezza un rapporto economico delicato e difficile; tutelando ambedue le parti. Sta soprattutto in quel controllo sindacale sull’adempimento dèi rispettivi doveri, che è il nuovo, grande « passo innanzi » di cui gli autori hanno ragione d’esser grati al Fascismo che ne ha permessa la concezione, nonché al loro Sindacato che in unione alla Federazione degli Editori lo ha realizzato.
Grazie ancora, caro Amicucci, e arrivederci in Corporazione. Cordialmente tuo
Alessandro Pavolini.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 06.03.35

Citazione: Massimo Bontempelli e Alessandro Pavolini, “La diagonale del parallelogramma,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 14 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2043.