Fanciulla con gli orecchini (dettagli)
Titolo: Fanciulla con gli orecchini
Autore: Nino Savarese
Data: 1935-06-12
Identificatore: 1935_233
Testo:
Fanciulla
con gli orecchini
Quei mercanti Fenici, che comparivano improvvisamente sulle coste, non volevano conquistare nuovi territori, ma erano solo avidi di cambiare i loro prodotti.
Dalle loro navi scaricavano le mercanzie che portavano dai lontani scali di Oriente: casse piene dell’argento allora scoperto nelle ricche miniere dell'Iberia; drappi d’oro o di seta, anfore, ermellini, collane, orecchini, ed ogni specie di pietre preziose. E lì sulla spiaggia, piantavano i loro banchi e le loro fattorie commerciali.
In cambio dei loro oggetti e dei segreti, che essi portavano dalle audaci navigazioni, chiedevano lana, olio e frumento.
*
Dalle città vicine le donne scendevano a frotte, come se il luccichio di quegli ornamenti le avesse chiamate con la voce di cento campane.
Nelle loro vesti ancora semplici, lisce e di un solo colore, e sullo sfondo dei prati fioriti e del mare scintillante, esse sembravano inermi, ma già tese ad una conquista.
Così si avviavano alla gran novità di quella prima fiera.
*
Una fanciulla, che aveva guardato tutto il giorno un paio di orecchini e non potendosene dimenticare per tutta la notte, né potendo sperare che la famiglia povera glieli comprasse, prima dell’alba se ne andò zitta zitta alla fossa del granaio dove il padre conservava il suo magro raccolto, riempi un sacco, e con questo sulle spalle uscì nascostamente dal paese, prendendo la via della spiaggia.
Nessuno, incontrandola, sospettò che quella poveretta sudava sotto la soma della sua vanità.
Compiuto il baratto, la fanciulla si allontanò dai mercanti con passo lento e impacciato, la testa alta e ferma come se portasse un simbolo sulla sua persona, ormai non più tutta sua, ma votata all'ammirazione degli altri ed all’altrui piacere.
Il sole che si era levato all’orizzonte, la illuminava tutta, riscaldandole il corpo stanco e ancora infreddolito dalla brezza notturna, ma appena si affrettava, gli orecchini, battendole sulle guance con la carezza del metallo nuovo e delle pietre che vi erano incastonate, la intimidivano, e rallentava il passo.
Ora, calpestava, senza badare, i fiori dei quali fino a poco prima si era adornata; non guardava più i bei cespi fioriti, né si rallegrava, come prima, al fruscio degli uccelli che si levavano dalle erbe all’appressarsi dei suoi passi.
Alla fontana, si fermò lungamente a specchiarsi, come finalmente placata, come vinta da una dolce stanchezza di appagamento.
*
Per le stradette del rozzo paese, davanti agli usci, alle finestre, altre donne mettevano in mostra gli oggetti comprati dai mercanti stranieri, e gli uomini guardavano intimiditi, come se la bellezza delle loro amate si fosse armata di un potere occulto.
Ma la fanciulla per non scoprire il suo furto, e indovinando che in quel momento il padre piangeva per la scomparsa del suo grano, non ebbe il coraggio di tornare a casa con gli orecchini.
Se li tolse, e li nascose nella buca profonda di una roccia, nei pressi dove soleva condurre al pascolo i suoi due vitelli.
Ogni giorno vi giungeva palpitante come a un segreto convegno, cavava fuori dalla buca il suo gioiello, e se ne adornava, e rimaneva per lunghe ore a tentare la solitudine con sorrisi e moine, sotto gli occhi delle sue bestie che erano i soli occhi che potessero vederla.
Forse in quei momenti ella non aspettava nemmeno l’uomo da legare alla sua accresciuta bellezza: sembrava piuttosto posseduta da un furore di gelosia panica.
Il suo corpo era diventato un altare profano sul quale la natura sembrava violentata a celebrare una specie di rito della sua bellezza e della sua potenza.
*
Alle volte si sentiva un po’ oppressa da quegli strani simboli che reggeva sulla sua persona, ma si ridestava, e tendeva ansiosa l’orecchio, se le giungeva una voce da lontano.
Allora si sforzava di non perdere nessuna delle parole che cantava l’uomo solitario nel suo lavoro, ripetendo antichi paragoni di poeti, in cui gli occhi e la bocca di una donna gareggiavano con le stelle del cielo e con le rose dei cespi, e ricorreva la parola « oro » che non le svegliava più la gelosia di prima.
*
Ora le donne non scendono più, disadorne da sembrare inermi, alle navi dei mercanti stranieri, lungamente attese dalle alture del piccolo borgo. La città è cresciuta nei secoli. Si moltiplicano le rischiose spedizioni per terra e per mare: le viscere della terra vengono frugate da un capo all’altro: gli animali più gelosi e selvaggi sono stati addomesticati o inseguiti, e spogliati delle loro piume o delle loro pelli: mentre certi uomini tenebrosi, chiusi nei loro laboratori, sono tuttavia Intenti a fabbricare simulacri di costellazioni, strappate allusivamente alla maestà dei cieli, per adagiarle sulle chiome delle donne o attorno alla bianchezza del loro collo.
Nino Savarese.
Collezione: Diorama 12.06.35
Etichette: Nino Savarese
Citazione: Nino Savarese, “Fanciulla con gli orecchini,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 23 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2142.