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Titolo: Racconti di Cicognani

Autore: non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1938-12-28

Identificatore: 1937-38_98

Testo: IL LIBRO
della settimana
Racconti di Cicognani
Sono usciti nel giro di pochi mesi due volumi di Bruno Cicognani, L’omino che ha spento i fuochi e La mensa di Lazzaro (ed. Treves); ed entrambi rappresentano nell’opera dello scrittore toscano due modi convergenti di intendere e di interpretare la vita; vedi cioè il Cicognani dell’Omino stare a quello della Mensa come stanno i suoi primi studi e quadri d’ambiente popolaresco e piccolo borghese al mondo e al dramma della Velia e di Villa Beatrice. Non che l’Omino significhi un ritorno al bozzettismo e all’impressionismo provinciale del primo Cicognani; c’è anzi, in codesto libro, una dichiarata volontà di chiudere i conti col passato, di mettere in carta una specie di testamento umanisticamente malinconico che è poi l’umore del miglior Cicognani; ma senti che, ad onta degli anni che premono e della conquistata saggezza, lo scrittore non può distaccarsi dal passato e dai fantasmi che lo accompagnarono, nè l’omino che spenge i fuochi delle passioni può ripudiare senza mostrarsi ingrato e sconoscente le care creature della sua giovinezza e maturità.
Nella Mensa di Lazzaro, una decina di racconti, la malinconia di Cicognani è più scoperta, sale a quelle note drammatiche ch’egli mostrò di saper toccare così bene nella Velia; e poiché parte della critica lo aveva confinato per tutta la vita nel bozzettismo, molti allora se ne meravigliarono assai. Alcuni di questi racconti (per esempio, L’Amore di Adelmo) avrebbero potuto svilupparsi in romanzo, chè gli elementi ci son tutti, e insieme una galleria di caratteri dei più tipici; di quelli, si vuol dire, dai quali il Cicognani, per dimessi insignificanti e smorti che siano, si sforza di estrarre il massimo d’umanità riuscendo a redimerli dal peso negativo sotto il quale son nati e a fame delle creature vive; per lui non c’è essere che resti sordo al tocco dell’arte; anche i più opachi, battuti da nocche sapienti, rendono un suono, e quando meno te l’aspetteresti si destano e si rivelano. Basta conoscere la formola della reazione, e il precipitato umano si verifica puntualmente, come in un laboratorio. A classificare Cicognani si son provati in molti, e legittima parve a più d’uno la sua inclusione in un prolungamento della corrente naturalista. Per noi, e per molti de’ suoi lettori, egli resta un poeta senza bisogno d’etichette particolari. Un poeta d’un mondo, d’un costume e d’una città; intriso di pietà per i vinti, anche se egli nasconde la commozione dentro il suo barbone nero che a quest’ora sarà, m’immagino, un po’ brizzolato; ma codesta commozione la senti sollevarsi a ondate dalle sue pagine che, anche quando son cupe, e lo sono spesso, sottintendono ansie e speranze di luce.
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Bruno Cicognani

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 28.12.38

Citazione: non firmato (Lorenzo Gigli), “Racconti di Cicognani,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 11 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2417.