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Titolo: L’ultimo romantico

Autore: non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1939-02-01

Identificatore: 1939_65

Testo: L'ultimo
romantico
Quello che, vivo lo scrittore, fu detto il « caso » Thovez e impegnò la critica dell’immediato dopoguerra in discussioni nelle quali intervenne talvolta il Thovez medesimo, era in realtà un «caso» risoluto in partenza. Possiamo tuttavia considerarlo come un capitolo molto interessante della storia letteraria del primo Novecento, e vedere nel Thovez il protagonista d’una reazione romantica del sentimento alla falsità accademica, d’una rivendicazione delle idealità più nobili dello spirito. È questa la strada normale per la quale si arriva agli approdi sereni, alla conquista d’uno stile, al classicismo. Il Thovez la percorse in condizioni particolarmente penose, come tutti sanno, fra contrasti, ostilità e incomprensioni che finirono per amareggiargli l'esistenza e lo convinsero d’essere vittima d’una mostruosa ingiustizia. Questa posizione del Thovez ha creato intorno alla sua persona e alla sua opera un’aura drammatica che esercita un fascino diretto sulla critica giovane, sì che, in questi quattordici anni che seguirono alla sua morte, si contano numerosi contributi di indagine intesi a illuminare le qualità dell’uomo, del poeta e del critico, e le rispettive funzioni nella vita italiana del primo quarto del secolo: citiamo i saggi di Alfonso Ricolfi, di Vincenzo Boscarino, di Ferdinando Durand, di Silvia Gabutti. La quale fu la prima, se non andiamo errati, a discorrere diffusamente d’un poema drammatico lasciato incompiuto dal Thovez e intitolato La trilogia di Tristano: la Gazzetta del Popolo, a sua volta, ne diede notizia stampando un gruppo di pensieri e di ricordi autobiografici per la ricorrenza (1935) del decimo anniversario della morte del Thovez.
Adesso il poema di Tristano viene pubblicato a cura di Valeria Lupo in un denso volume di Scritti inediti (ed. Treves, L. 20) che è una raccolta viva di documenti per illuminare la psicologia segreta dell’uomo e il valore dell’artista. Una controprova, si direbbe. Il volume comprende: gli schemi del poema drammatico Il nuovo Faust (che diventò poi la Trilogia di Tristano), gli schemi della Trilogia, dieci scene appartenenti alla concezione originaria del Nuovo Faust o rielaborate nella maturità allorché lo schema antico fu ampliato e rifuso nella Trilogia; poi tre poemi in prosa, due prose poetiche, alcune lettere del 1905 intitolate Soliloqui perchè scritte forse per non essere mai recapitate, una serie di pensieri vari; e, in appendice, alcuni altri frammenti giovanili del Nuovo Faust, un manoscritto frammentario intitolato Storia d’una mente e un gruppo di poemetti e brani in prosa francese.
Questo il Thovez postumo. Si è reso un servizio allo scrittore frugando tra le sue carte inedite e pubblicandole? A noi sembra di si; e poiché nella bella prefazione al volume Valeria Lupo lo dimostra con molta intelligenza, rimandiamo il lettore alle sue pagine nelle quali il problema critico thoveziano è posto e risolto, vorremmo dire, definitivamente. Lo studio del poema incompiuto prova come il Thovez istintivamente ricorresse all’azione scenica più per esprimere la sua tendenza mistica razionale e meditativa che non quella umana e drammatica. Nelle prime scene l’analisi della tormentosa formazione giovanile del pensiero del Thovez è espressa con una continuità e una chiarezza che non si trovano in nessuna delle sue opere edite: e nelle ultime scene è altrettanto potentemente espressa la ricerca della conclusione filosofica di quel pensiero, alla quale il Thovez giunse attraverso la sua dolorosa esperienza umana, che avrebbe dovuto incorporarsi anche nel poema drammatico e che invece mai vi si incorporò pienamente per molte e complesse ragioni, prima fra tutte la morte dell’autore.
Bastano questi accenni, crediamo, a chiarire il carattere artistico degli inediti del Thovez, il problema critico che ad essi si ricollega e il loro valore psicologico; cioè a giustificarne la pubblicazione. Del suo poema il Thovez diceva: « Dev’essere me stesso, la storia delle mie crisi intellettuali, la lotta del mio spirito contro l’insufficienza del corpo, della idealità contro la sensualità; lo spasimo di elevatezza, il fervore di rinnovamento, la ricerca vana dell’amore, i dubbi sul progresso umano. Sogno di una mente universale ». Attraverso il poema, il Thovez voleva « mostrare le lotte combattute per giungere a un ideale completo... ». Esso fornisce dunque la chiarificazione dell’uomo per la completa valutazione dell’artista; e, insomma, anche nella sua veste frammentaria, serve la causa per la quale è nato e onora la memoria di uno scrittore la cui elevatezza morale e la cui fedeltà all’ideale possono essere proposte ad esempio. Egli persegui il sogno d’una poesia più umana, più libera da pregiudizi, più profondata nella coscienza del poeta:
... ma forte io solo nel mondo cerco una cosa più grande, più disperata e più folle: la poesia, e ne muoio...
*
Autoritratto di Enrico Thovez nel Museo Civico d'Arte Moderna di Torino, del quale il Thovez fu per molti anni direttore e riordinatore.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 01.02.39

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Citazione: non firmato (Lorenzo Gigli), “L’ultimo romantico,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2482.