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Titolo: “Cose viste” di Ojetti

Autore: Lorenzo Gigli

Data: 1939-02-15

Identificatore: 1939_83

Testo: Il libro della settimana
"Cose viste" di Ojetti
Sette tomi, oltre duemila pagine: Cose viste di Ojetti, cioè uno dei più singolari documenti letterari del nostro tempo. Il settimo tomo, uscito adesso (Mondadori, L. 12), abbraccia gli anni dal '34 al '38, arriva sino alla migrazione dei ventimila in Libia. Quattro anni, mentre i tomi precedenti contengono le cronache d’un biennio (ad eccezione del sesto che va dal '31 al '34): vuol dire che il ritmo di codeste prose si è un poco allentato, ed esse infatti compaiono ad intervalli più lunghi d’una volta; non che non siano, anche questi più recenti, anni pieni e non abbiano offerto allo scrittore memorabili opportunità d’intervenire rispecchiandoli e interpretandoli, come diceva D’Annunzio alludendo al carattere delle prose di Ojetti; ma lo scrittore sceglie, si direbbe, con maggiore cautela, è più severo, prima che coi temi, con se stesso, punta di più sulla sostanza umana e storica delle cose che sulle occasioni di far dello stile e di preparare pagine alle antologie; e in questa disciplina morale e artistica, che l’Ojetti s’impone, va forse trovato il segreto della eccellenza e della fortuna delle sue Cose viste che da un tomo all’altro son venute acquistando in densità e risonanza sino a realizzare uno stupendo distacco dal fatto letterario per orientarsi verso il fatto vita, inteso come armonico accordo del passato e del presente, come fusione della tradizione, dell’esperienza, dell’ansia di più conoscere e di più capire, della volontà di conquista e di rinnovamento che guida le azioni e i pensieri degli uomini; ond’è che deteriorato e distrutto il cliché generico d’un Ojetti ironico e mondano, avallato prima della guerra anche da qualche critico di valore, s’è venuta precisando nel dopoguerra la figura d’un Ojetti testimone e moralista. E se la sorpresa delle prime Cose viste potè per qualche lato giustificarsi, oggi, dopo diciassette anni, diciamo così, di esercizio, appare luminosamente confermata la legittima investitura dello scrittore ad una funzione di tanto impegno. Ai volumi delle Cose viste dovrà domani l’Ojetti il suo diritto di cittadinanza nella storia letteraria del Novecento (in senso, si capisce, cronologico).
C’è uno stile dell’uomo e dello scrittore. Nell'Ojetti si fondono e si confondono, dàn vita a una delle più persuasive forinole artistiche e spirituali del nostro tempo. Questo moralista che è partito dal giornalismo non si dimentica mai delle origini. Egli è sempre un poco rinviato di se stesso, avvicina gli uomini e gli ambienti e sonda i fatti tenendo il taccuino in una mano e la stilografica nell’altra secondo l’atteggiamento degli intervistatori autorizzati. Ma il suo taccuino vero è la memoria; e quando l’apre, sia pure sotto la spinta delle circostanze, ne vien fuori una materia che non è di cronaca commemorativa o di articolo d'occasione, ma è già pronta, plasmata, realizzata in sè e si cala nel fatto e nella data che le dànno l’avvio con carattere definitivo.
Gli esempi, anche nel settimo tomo, sono molti. Intanto, ogni capitolo delle Cose porta una data; ma non è quella del giorno in cui fu scritto; è la data dell’ispirazione, dell’occasione; tra essa e la scrittura corre spesso qualche settimana, durante la quale l’ispirazione matura e si elabora e la prosa sboccia e si apre come in cima al rametto il fiore. Circola, appunto, talvolta, un clima rarefatto di serra in queste pagine, vi si avverte una tal quale preoccupazione di rifinitura che non è mai ricerca del prezioso, cioè esasperazione del mestiere, ma proprio il contrario del mestiere: il disdegno dell’eloquenza ornata e maestosa per raggiungere il nodo dell’espressione, la semplicità austera dei prosatori di razza, e non bisogna confonderla con la povertà, sottintendendo anzi essa ricchezza di sentimento, di immagini e di vocabolario.
A Ojetti bastano poche righe per circoscrivere e svuotare un carattere. Esattamente nove righe per esaurire Anthony Eden: « A un giornalista inglese che non gli vuol bene chiedevo mesi addietro: — Com’è Eden? — He has very long eyelashes, ha lunghissime ciglia — e si tacque. Ebbe torto: il signor Eden ha dietro queste famose ciglia due occhi, in fatto d’arte passata, o di cultura greca e latina, espertissimi; ma è presbite, e le cose presenti e vicine non le vede chiare. Intende Omero nel testo, ma non capisce Mussolini nemmeno tradotto ».
Pirandello morto, D’Annunzio vivo e morto, il battesimo del Principino al Quirinale, la sera del 9 maggio 1936 in Roma e il Duce che annunzia che « l’Italia ha finalmente il suo Impero », Michelangelo, Aosta romana, i violini di Stradivario, l’Escuriale, la Spagna di Zamora, la Libia, Giacosa e la Duse... ecco le persone, i paesaggi, gl’incontri dei soliloqui d’Ojetti. La materia è alta, i temi illustri, e a farli rivivere operano, con la memoria, per tanti aspetti ammirevole, l’intelligenza e il cuore di questo schietto italiano.
l.g.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 15.02.39

Citazione: Lorenzo Gigli, ““Cose viste” di Ojetti,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2500.