CIRENE (dettagli)
Titolo: CIRENE
Autore: Giovanni Comisso
Data: 1939-05-03
Identificatore: 1939_156
Testo:
Viaggio alle provincie del Sud
CIRENE
Passano sui pianori sparsi di ruderi branchi di pecore con la lana arrossata dalla sabbia trasportata dal vento. La loro folta lana gialligna si è arrossata come il marmo delle statue greche dissepolte da questa terra rossa attorno a Cirene. Il rosso di questa terra è penetrato nel bianco marmo venuto dalla Grecia e i corpi smembrati degli dei sono stati riaccesi di vita sanguigna nella loro carne mirabile. Comprendo come qui sia sorta Cirene. Il pianoro dei Monti Verdi d’un subito precipita come una cascata in una piana sottostante e questa poco dopo precipita in mare. Un torrente ha segnato una valle, in questa valle, in questa insenatura fino allo strapiombo fu costruita Cirene. Tra i due estremi dell’insenatura venne eretta a mezza costa un’alta muraglia per sostenere un terrazzone a limite della valle. Da questo terrazzone si vede la breve piana di sotto e più lontano il vasto ed azzurro mare. Gli spalti della valle dominano a difesa verso il pianoro retrostante e la muraglia difende verso il mare dai facili approdi di nemici. Il luogo è stupendo, forte di una bellezza digradante, e varia nell’allontanarsi fino all’infinito del mare. È questo un luogo sacro alle contemplazioni, alle meditazioni, alle rivelazioni e l’uomo che vi si abbandona anche con sereno pensiero verso la morte, vuole in questo stato di grazia sentirsi sicuro e difeso. Una grande sorgente da sotto ad una falda di roccia d’uno degli spalti completava la perfezione terrena del luogo e questo luogo non poteva non essere amato e scelto dai greci per fondare una città che essi seppero armoniosamente accrescere con una veemente fioritura degli edifici in rapporto alla terra. Viventi, essi vollero godere dall’alto dell’agorà, come dal terrazzone, la smisurata visione della terra declinante verso il mare, e da morti essi si vollero concedere eterno lo stesso mirabile incanto disponendo la necropoli tutto lungo il ciglione verso il mare. Questo orientamento della città per la vita come di quella per la morte, verso il mare, verso l’orizzonte incantevole della terra in discesa a fondersi col mare, rivela come la grande bellezza del panorama li ha incantati a volere qui fermarsi ed abitare. I greci non creavano l’enorme con un’enorme elevazione di masse, ma ottenevano l’enorme dal piccolo costruito con armonia. Scoperta nella terra una struttura di bellezza sapevano integrarla in proporzioni esatte con opere accessorie. È l’armonia che crea l’ampiezza anche se usata su breve spazio: questo sapevano i greci e con questo hanno testimoniato la prevalenza dell’occhio del pensiero su quello della forza.
Per risollevarmi dalla stanchezza del viaggio avevo ordinato un bagno nel fastoso albergo prossimo agli scavi. L’acqua era leggera, chiara, deliziosa, ma nessuno dell’albergo si era preoccupato di avvertirmi da dove proveniva quell’acqua. Qualcuno mi aveva bensì annunciato saporite pernici cacciate sul ciglione dei Monti Verdi, ma non mi aveva detto che quell’acqua proveniva dalla sacra fonte di Apollo e così pure quella che si beveva a tavola. Quell’albergo non si preoccupava di accrescere la sua rinomanza. Questo lo seppi dopo, nel visitare gli scavi. La fresca mattina scendeva tra le rosee colonne nella valle. Sotto la parete di roccia la fonte empiva della sua acqua una grotta che cedimenti o terremoti avevano qua e là scardinato. Sulla roccia si vedevano nicchie che un tempo dovevano essere ornate di statue. La grotta era sormontata da una corona di statue, sparse senza ordine in nicchie grandi o piccole, forse offerte votive. L’acqua scendeva dalla grotta ad abbeveratoi, e poi alla grande fonte nel mezzo del terrazzone e poi scendeva alle terme vicine. Ora rifluisce ancora e alla fonte e alle terme diroccate e sale fino all’albergo.
La città fu molto distrutta dal tempo, dagli uomini e da terremoti e le ricostruzioni sono meno facili che a Leptis, ma molto si può tuttavia rimettere in piedi. Certo sarebbe preferibile di lasciare in sospeso la ricostruzione là dove il materiale è troppo mancante ed evitare il rifacimento con materiale estraneo sebbene evidente, altrimenti si finisce col turbare l’impressione per il mondo scomparso, anziché favorirla. Si è voluto ricostruire la Biblioteca, ma disturba qui tra tronchi di colonne questa casa assurdamente immune col tetto coperto. E così altre colonne accanto completate, troppo completate, urtano illudendo da lontano che siano le antiche, mentre sono di ieri. Su si sta ricostruendo l’agorà, e pure qui forse si sta troppo ricostruendo, là dove il materiale originario è scomparso, e penso che per Cirene bisognerebbe andare un po’ più adagio, mentre per Leptis, dove il materiale è al completo, si dovrebbe andare assai più in fretta. Cirene è una stupenda mutilata, che dalla sua posizione in ragione della quale è sorta trae tutta la completezza necessaria per vivere ancora. Il vasto piazzale dell’agorà e altre zone circostanti hanno subito demolizioni e ricostruzioni nelle epoche successive: romana e bizantina. Ora molti ruderi di queste costruzioni veramente insignificanti vengono asportati. Di essi rimane una documentazione fotografica e grafica, ma sul posto non rimarrà traccia. Penso tuttavia che pure sul posto sarebbe forse utile, per illustrare al visitatore con più evidenza il periodo della decadenza che è sempre interessante per quelle città che furono famose, porre segni in pietra diversa che limitino lo spazio occupato da queste costruzioni che furono demolite, così come si usa a Venezia con liste di marmo bianco indicare, sul pavimento delle calli e delle piazze, dove un tempo esisteva una casa demolita o dove arrivava l’acqua del canale oggi interrato. Questa zona archeologica è una succursale greca e la scultura che qui viene dissepolta è importantissima, specie quella arcaica di somma armonia, tutta espressa in sintesi e in sublimazioni essenziali. E questa abbondante messe di statue attende una sistemazione in un museo bello come quello che è stato fatto a Sabrata. La necropoli consistente in grotte scavate innumerevoli una dietro l’altra, una sotto l’altra sui dirupi del ciglione in vista del mare costituisce vivente la città delle ombre. Questi greci cirenaici hanno voluto concedersi per la loro vita di morte il godimento della stessa visuale per la loro città di vita. A guardia di molte tombe sono stati trovati certi busti di statue femminili dal collo e dalla testa allungati e senza modellazione del volto. Su questi strani busti non pare si sia raggiunta una spiegazione esatta. Penso che sarebbe forse fruttuoso raffrontarli con certe statuine di bronzo etnische alcune delle quali sono a Volterra, di figurazione maschile e allungatissime in tutto il corpo. Queste statuine che dovrebbero simboleggiare l’ombra d’un albero che si allunga col calare del sole e quindi per trasposizione il finire del giorno, e per trasposizione ancora il finire della vita dell’uomo col proiettare là sua ombra verso le tenebre sopraggiungenti, potrebbero essere avvicinate e dare la chiave a comprendere il significato di questi busti allungati nella parte ragionante del corpo, e resa informe nel volto dalla morte, ma rimarrebbe oscura la scelta femminile di questi simboli della vita dell’al di là, mentre per gli Etruschi era maschile.
Cirene quando sarà sistemata nei suoi scavi, sarà una potentissima meta di attrazione per gli studiosi e per gli amatori e curiosi delle antiche età, un’attrazione capace di concorrere sicuramente con tante altre del genere sparse sulle rive del Mediterraneo.
Sulla sera sono sceso ad Apollonia rossa e verde di colonne contro le quali si rompeva il sonante mare e le onde biancheggiavano illuminate dalla luna di perla.
Giovanni Comisso
Collezione: Diorama 03.05.39
Etichette: Fuori Diorama, Giovanni Comisso, VIAGGIO
Citazione: Giovanni Comisso, “CIRENE,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2573.