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Titolo: Cinque minuti con...

Autore: Telemaco

Data: 1932-01-20

Identificatore: 1932_127

Testo: Cinque minuti con...
Alfredo Panzini
Una di queste mattine abbiamo incontrato l'illustre autore di Santippe. Dove? A Roma, naturalmente; e, più naturalmente ancora, nei pressi della Farnesina, sede, come ognun sa, della Reale Accademia d’Italia. Appena accortosi dei nostri armeggii per avvicinarlo, Alfredo Panzini ha tentato di filare all’inglese; ma gli abbiamo tagliato la strada, cappello in mano.
— Eccellenza...
— Oh! Lieto di rivedervi. Bellissima giornata!
— E fortunato incontro. Ci dica qualche cosa per i lettori del « Diorama ».
— Vi posso dire questo; che fra breve uscirà da Mondadori il mio nuovo libro, « La sventurata Irminda ».
— Soggetto?
— Tratta del Settecento e mira, con la dovuta delicatezza, al Novecento.
— Da quanto era in cantiere?
— E’ nato, come tutti i miei libri, a poco a poco. La faticosa abitudine di distruggere almeno dicci pagine che scrivo e lasciarne viva una, e questa tormentare, e tormentarmi, spero sia benevolmente riconosciuta, anche se non di moda.
— Eccellenza, il rispetto di se stessi e dell’arte è un habitus che non invecchia mai, anche se taluno, oggigiorno, ostenta di non volerlo portare. In realtà, non sa portarlo.
Sorriso fuggevole dietro gli occhiali. Chiedo:
— Qualche altro lavoro in preparazione?
— Seguo il cammino della vita aggiungendo schede nuove al mio Dizionario Moderno in attesa d’una settima edizióne, che non so se Hoepli ed io vedremo.
— Auguri a tutt’e due. Finché si lavora, la giovinezza dello spirito vigila in armi.
— E’ dovere lavorare nella vita. I vecchi piantano gli alberi perchè i figli ne colgano i frutti.
Su questa moralità panziniana, ci siamo congedati da Alfredo Panzini.
Guido da Verona
Abbiamo incontrato il bel Guido sulla soglia d’un grande albergo milanese. Stivaloni, cappello duro, frustino in mano. Il sole stenta a farsi largo nella cortina di nebbia che gli solleva contro la pianura lombarda. E’ mattina non ancora avanzata.
— Mi concede cinque minuti per il « Diorama letterario? ».
Guido da Verona concede. La cavalcata non ne soffrirà. Suggerisco:
— Parli lei, per fare più presto. Io non l’interromperò che un paio di volte per onor della firma.
— Bene. Parlo io. Mentre provvedo ad arricchire smisuratamente, con gli articoli sul gioco, i lettori della « Gazzetta » (e vedrete che non son frottole! ) conduco a termine per le edizioni Corbaccio, le quali han messo fuori proprio in questi giorni il mio Assassinio dell’Albero Antico, un romanzo che continua e compie la fortunata Canzone di sempre e di mai, e che si intitola La Canzone di ieri e di domani.
— Permetta: prima interruzione. E’ vero quel che si dice d’un suo libro sul Fascismo?...
— Verissimo. Da anni vado scrivendo la Rapsodia Fascista e la Vita del Duce, lavoro arduo, cui solo intendo nelle ore di grazia, perchè non vuol essere un elenco di fatti, di nomi e di date, ma una rappresentazione azionata ed organizzata come un romanzo, di quella che chiamo « la rivoluzione imperiale italiana ».
— Questo è molto, ma ci dev’essere dell'altro. Corrono sul suo conto insistenti voci di pratiche occulte, di magici commerci, di negromanzie e stregonerie. Roba da far drizzare i capelli in testa!
— Io ne ho ancora molti; ma le dico che non c’è nulla di strano. Studio l’architettura gotica primitiva e le ragioni fisiche dei fenomeni di rabdomanzia perchè, avendo stabilito alcuni cavalli da corsa in una decrepita ma gloriosa bicocca di costruzione anteriore al Mille, ho la convinzione che nei suoi sotterranei murati sia sepolto un tesoro favoloso, col quale cerco di mettermi in comunicazione, quando la notte stellata è nel segno del Capricorno, attraverso le medianiche vibrazioni d’una bacchettina di salice.
— Vede che avevo ragione? Se trova il tesoro, si ricordi di me!
— Cerco frattanto di fabbricare, mediante speciali sistemi d’alimentazione, il « cavallo-razzo », che lasci a mezza pista i corsieri ellenici di Federico Tesio ed i figli del superbo Captain Cuttle. Ho pure studiato un faro contro la nebbia, o, per meglio dire, un sistema di radiazioni luminose applicate alla strada, che risulti economicamente possibile.
— Questa del « cavallo-razzo » è da contare! E poi?
— Non le basta? Provvedo a molte ristampe, inquantochè i critici dei miei libri mi hanno sempre aiutato ad esaurirli.
— Sono i primi ad esserne persuasi. Ma...
— Alt! I cinque minuti sono passati!
Telemaco.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 20.01.32

Citazione: Telemaco, “Cinque minuti con...,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/383.