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Titolo: Bruno Cicognani

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1932-01-27

Identificatore: 1932_145

Testo: GALLERIA
Bruno Cicognani
Come non voler bene a questo fran cescano secolare che all’ombra della sua barba batte ogni giorno le strade di Firenze, da casa allo studio d'avvocato, e, apparentemente assorto, in realtà tende l'orecchio a tutte le voci della vita, penetra con lo sguardo acuto nelle anime degli uomini, conosce nomi, casi, sventure della povera gente della sua città? Bruno Cicognani e scrittore nato; toscano sino alla punta dei capelli, poesia dell'umana tragedia per vocazione. Coloro che alle sue prime prove si affrettarono a catalogarlo tra i bozzettisti e a scomodare Fucini non indovinarono, sotto la sua naturale disposizione alla osservazione realistica e alla nota, umoristica, uno sforzo di conquista spirituale e stilistica i cui risultali si fecero visibili man mano che lo scrit tore prendeva possesso della sua materia attraverso il rapido passaggio dall'immagine comica e dal successivo commento alla partecipazione cordiale ai casi di miseria e di tristezza da lui narrati; anche quando, prima di esplorarli in profondità, s’indugiava a metterne in luce il lato ridicolo. Tracce di codesta disposizione che si manifesta con qualche fuggevole tocco ironico o malinconico si trovano nei racconti del primo periodo (Sei storielle. di novo conio, Gente di conoscenza, 1917-18), dove avviene d’incontrare qualche leggera pagina autobiografica con allusioni al « pessimo successo » d’un suo primo libro, un romanzo dannunzianeggiante, che si intitola La Crittogama (1908), conosciuto da pochi e registrato nell’Antologia poetica di Papini e Pancrazi. Quella prima sconfitta distolse probabilmente il Cicognani dal proposito di darsi subito alle lettere, e lo spinse ad aprir studio d’avvocato nella vecchia Firenze: fu un bene, chè quel tuffo dalla letteratura nella vita lo rivelò a se stesso, gli permise d’accumular tesori d’esperienza nel quotidiano contatto con gli umili; e dopo quindici anni, dalla crisalide del leguleio fiorentino liberò il volo per i cieli dell'arte ad uno degli scrittori più originali e potenti del nostro tempo. Un romanzo come La Velia (1923) può far epoca, anche tra una gente distratta: la sua forza d'evocazione di caratteri e di costumi, la grandiosità della rappresentazione e dell'analisi lo collocano accanto alle opere insigni della nostra tradizione narrativa. Il romanzo si chiude su una tragedia terrificante, livida, con note d'incubo: dove Cicognani fa le sue prove definitive di scrittore oggettivo e s'abbandona all'amarezza che sta al fondo dell'arte sua. Anche il romanzo di quest’anno, Villa Beatrice (ed. Treves). si conchiude in tragedia; ma attraverso quale conquistata serenità, quale spirituale ottimismo, quali pure atmosfere di bontà e di sacrificio! Nella Velia dominano la carnalità e l'ambizione d'una donna fatale. Circe ed Alcina plebea, che si trascina dietro uno dei tipi più artisticamente felici dell’arte cicognanesca, e più moralmente immiserito, squadrato a forza in una materia vile, ma con assidua partecipante pietà. In Villa Beatrice, la donna che dà il nome al romanzo sale un lento calvario al quale la condanna un oscuro destino che s'annida nelle più intime fibre del suo essere. Apparentemente gelida ed assente, in reailà Beatrice non chiederebbe di meglio che di concedersi ai richiami della vita e di seguire la legge comune del sentimento e del cuore: vorrebbe rivelarsi, abbandonarsi, non può. Il matrimonio e la maternità non la salvano. Quando il suo ciclo terreno sta per compiersi una malattia mortale della bambina, ch'ella riesce a vincere con la più completa dedizione di sè, rompe il cerchio malefico della sua sorte e la restituisce rinnovata alla vita. Ma per poco. La morte l'afferra d'improvviso e la porta via dal mondo dov’è passata soffrendo e, senza sua colpa, tacendo soffrire. Questa vicenda è trattata dal Cicognani in una linea psicologicamente e artisticamente superiore, con la sobrietà, la contenuta commozione, la tenace pietà dei romanzieri di razza. La figura di Beatrice passa attraverso la fasi più contraddittorie del nostro sentimento; l’accogliamo con una ostilità iniziale che si va man mano diradando per giungere all'emozione, più intensa; l'accompagniamo per la sua strada di triboli chinandoci sulla sua sofferenza; non la dimentichiamo più.
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File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 27.01.32

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Bruno Cicognani,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/401.