Battista al Giro d’Italia (dettagli)
Titolo: Battista al Giro d’Italia
Autore: Achille Campanile
Data: 1932-07-06
Identificatore: 1932_303
Testo:
«Battista al Giro d’Italia»
Fra pochi giorni la Casa editrice Treves-Treccani-Tumminelli pubblicherà « Battista al Giro d’Italia ». di Achille Campanile. La figura di Battista, resa popolarissima a traverso il grande successo di Campanile come inviato della « Gazzetta del Popolo » al Giro d'Italia, passa quindi dalla vita gioconda ma effimera del giornale a quella altrettanto vasta ma più duratura del libro. Il volume sarà preceduto dalla seguente prefazione:
A Ermanno Amicucci.
Caro Amicucci, fra i cinque o sei miei libri non ancora usciti, ce n'è uno che ha uno strano destino. Si chiama « Città ». E' diverso da tutti gli altri miei libri. Da cinque anni aspetta di uscire. Dovevo pubblicarlo nel ’27. Ma quell'anno un editore mi chiese: « Ma che cos’è quest’amore? », che era apparso alcuni anni prima a puntate in un quotidiano. Decisi di rimandare « Città » al ’28; ricordo, anzi, d’aver annunziato questa mia intenzione a Ugo Ojetti, che s’interessava benevolmente dei miei lavori. Nel ’28 mi trovai ad aver pronto « Se la luna mi porta fortuna » e volli dargli la precedenza. « Città » fu rimandato al ’29. Se nonché, La Tribuna mi chiese un romanzo sportivo, che avevo in preparazione. Cosi terminai di scrivere e pubblicai « Giovinotti, non esageriamo ». Dirai: Non potevi pubblicare due libri contemporaneamente? No. « Città » voleva uscire solo. Nei primi giorni dell’aprile del ’30. finalmente, mi decisi. Per tagliare i ponti con le esitazioni, telegrafai alla Casa Treves annunziando il libro. Tumminelli mi rispose con un telegramma: « Mandalo subito ». Ora accadde che, fra un telegramma e l’altro, passarono quattro giorni e in questi quattro giorni mi venne «Agosto, moglie mia non ti conosco ». Invece di mandare « Città », mandai « Agosto ». L’anno successivo fui ripreso dalle esitazioni. « Città » era troppo diverso da tutti gli altri miei libri. Lo lasciai da parte e pubblicai « In campagna è un’altra cosa ». Finalmente, quest’anno mi son deciso. Avevo tre libri pronti: « Chiarastella », « Città », e un romanzo automobilistico già uscito a puntate su un giornale romano nell’inverno del 1930. Scelsi « Città », impacchettai l’originale e lo spedii a Milano.
In quel momento, come direbbero tanto Wallace quanto Maeterlinck, fu picchiato alla mia porta.
Era il fido Battista.
Il vecchio infernale mi porse, su un vassoio d’argento, la tua lettera: « Caro Campanile, ho pensato di farti seguire il Giro d’Italia per conto della Gazzetta del Popolo. Il viaggio durerà circa un mese... ».
La proposta mi sorprese. Tu sai che, da vari anni, i libri mi hanno quasi completamente tolto ai giornali.
— E’ impossibile che vada; — pensai — dovrei partire fra pochi giorni, proprio quando cominceranno ad arrivarmi le bozze da correggere.
Ma la novità non mi dispiaceva. Ci tornai su e mi dissi:
— Del resto, potrei correggere le bozze durante le soste.
Conseguenza: « Città », invece che a maggio, sarebbe uscito a giugno.
Feci un telegramma all’amico Tumminelli e, la sera avanti la partenza del Giro, tutto il libro, in bozze, mi aspettava all’albergo di Milano.
Il Giro durò più di venti giorni. Quando fu terminato, il pacco delle bozze era ancora intatto, in fondo alla valigia. Non avevo potuto guardare nemmeno una riga.
— Ora, — pensai — mi metterò subito al lavoro e fra un mese « Città » è in giro per il mondo. Vuol dire che uscirà a luglio, invece che a giugno.
Fu allora che tu mi dicesti:
— Devi raccogliere in volume i tuoi articoli sul Giro d’Italia.
Mi misi a ridere. Non é materia da farne un libro. E, poi, roba scritta in quelle condizioni! Ogni giorno alzarsi alle tre, alle quattro del mattino; dieci ore di corsa e buttar giù due colonne di giornale, mentre lo stenografo aspettava al telefono, a Torino.
Tu insistevi. Dissi:
— E’ impossibile. Dovrei rifar tutto da capo.
— No, devi lasciar tutto com’è.
— Sono fatti che interessano soltanto per l’attualità.
E tu:
— Fanne un libro.
— Ma i nomi...
— Debbono restare anche i nomi. Tutto così com’è. Sarà un libro che troverà posto in una letteratura speciale: la letteratura nata dai giornali.
Chiusi gli occhi e consegnai i ritagli degli articoli a quel fulmine in forma d’uomo che è l’eccellente Praderio, della Treves-Treccani-Tumminelli.
E « Città »? Rimandarlo ancora all’anno venturo? Impossibile. Ho capito che non gli riuscirà mai di uscir solo. Avrà sempre un compagno che cercherà di soffocarne la voce. Pazienza. Ora mi metterò a rivedere le bozze e giuro che fra un mese è in piazza. Vuol dire che, invece che a luglio, uscirà ad agosto.
(Salvo casi imprevisti).
Fu così che questi scritti, nati per vivere lo spazio d’un mattino, si vedono ora messi in vetrina, come le farfalle infilate con gli spilli.
Resisteranno un poco? Ne dubito. Certo, come quelle farfalle, hanno ancora i loro colori, il velluto, i brillantini degli occhi, le ali.
Ma non volano più.
* * *
Questo è un libro che non è un libro e non vuole entrare nel quadro della mia opera. E’ soltanto un servizio giornalistico.
Intendo, raccogliendolo, rendere un omaggio al giornalismo.
E’ certo che, oggi, i giornali politici hanno importatiti benemerenze nei rapporti con la letteratura. Non so in quale dei miei libri ho scritto: « Un tempo il giornalismo toglieva gli uomini alle lettere; oggi ne dà ». E’ cosi. Il meglio della nostra letteratura di oggi è nato sui giornali, dagli articoli di fondo di Mussolini alle « Cose viste » di Ojetti, alle « Stampe » di Palazzeschi. E’ un « meglio » ottimo; molto meglio di certa letteratura cosiddetta pura, d’altri tempi. E non bisogna credere che vi sia nato da intruso, o estraneo, o soltanto ospite. E’ nato proprio in casa sua: figlio robusto e intelligente del giornale. Poiché ho nominato le « Cose viste », tutti sanno che esse sono letteratura e, insieme, perfetto giornalismo.
Il giornalismo politico italiano — ignoro quel che avvenga in questo campo all’estero — è l’unica forma dì mecenatismo che ancora esista per gli scrittori. Mecenatismo inteso nel senso migliore: far lavorare gli artisti, mettendoli in grado di trarre dal proprio lavoro i mezzi di vita. Quello che un tempo facevano i grandi principi, oggi lo fanno i grandi giornali. Naturalmente non si fa nulla per nulla a questo mondo e un interesse l’avevano i principi e l’hanno i giornali: l’ambizione quelli, questi la « diffusione ».
Il giornalismo politico ha, poi, un’altra benemerenza: d’aver fatto vedere agli scrittori che, oltre le pareti dei loro studi, c’è il mondo che vive, c’è una vita che si trasforma ogni giorno e merita d’esser conosciuta. Uomini che sarebbero rimasti attaccati a una scrivania sono stati spediti in mezzo alla gente, per il mondo. E non parlo per me, che sono uno dei pochi scrittori che viaggiano a spese proprie, e, come si dice, per diporto.
In Francia è il Ministero degli Esteri che fa viaggiare gli scrittori. In Italia, sono i grandi giornali.
Non voglio dire che sia tutt’uno. Ma anche l’Ariosto, che, sebbene di naturale sedentario, viaggiò per conto del suo terribile Cardinale, ebbe a lamentarsi per la diaria troppo esigua.
Naturalmente, non mancano i mestieranti. Per forza: gli artisti sono pochi, i giornali molti e moltissime le occasioni di viaggio.
Ma, insomma, se non fossero i giornali politici, che vita farebbero molti scrittori italiani?
E quanti di essi — terza benemerenza — arriverebbero al pubblico?
* * *
L’interesse di un « servizio » giornalistico nasce da due fattori: il pregio letterario e l’attualità. Se c’è soltanto il primo, non è giornalismo; se c’è soltanto il secondo, non vale nulla. L’attualità è la costante collaboratrice dello scrittore di giornale.
Vogliamo far posto a un nuovo genere di letteratura? La letteratura giornalistica? Dice Leopardi, il quale — me lo consenta Marinetti — fu un vero e buon « futurista »: il danno dell’età nostra è che la poesia si sia già ridotta ad arte in maniera che, per essere veramente originale, bisogna rompere, violare, disprezzare, lasciare da parte intieramente i costumi e le abitudini e le nozioni di nomi di generi ecc. ricevute da altri.
Dunque, nulla osta. I retori del nuovo genere dovranno mettere, fra le sue regole, insieme con la proprietà, ecc., l’attualità. (Ma, per carità, non facciamo regole! Bacone da Verulamio è del parere che tutte le facoltà, ridotte ad arte, isteriliscono).
Bisogna, in ogni caso, vedere fino a che punto il « servizio » giornalistico si avvantaggi del fattore attualità.
Ed eccoci al discorso sull’opportunità di affidare al tempo argomenti e nomi caduchi.
Siamo nella migliore tradizione.
Lasciamo stare Giulio Cesare, che fu un grande giornalista, ma che ebbe anche il vantaggio di parlare della guerra gallica; e Senofonte, che non fu un grande giornalista, ma parlò di fatti memorabili; e Dino Compagni, cronista adorabile di avvenimenti piuttosto notevoli; e G. C. Abba, e tanti altri, che trattarono argomenti più importanti di una corsa ciclistica. Il loro è un giornalismo privilegiato. E mettiamo da parte anche Luciano, che inventò l'intervista, ma trattò della moda, della morte, della bellezza, della ricchezza e d’altri temi sempre d’attualità.
Ma la Divina Commedia non è, oltre tutto, un grande « servizio » giornalistico? Dante poteva essere benissimo un « inviato speciale » all’al di là. Le sue « inchieste » nel Paradiso, le sue interviste, come dice Paolo Orano, con Francesca, Farinata, Pier delle Vigne, Ugolino, Manfredi, Buonconte farebbero epoca, in un quotidiano; e bisogna pensare all’effetto che fecero quando uscì la Divina Commedia (la quale, com'è noto, fu pubblicata a puntate, quando queste persone erano ancor vive nella memoria di tutti e i fatti loro erano d’attualità.
Se Dante si fosse preoccupato di evitare l’attualità (come certi moderni microbi), avrebbe cominciato col togliere i nomi: Ciacco, la Pia, Fucci, Argenti, Gentucca, persino Francesca, persino il celebre Ugolino, — doveva pensare — chi li conoscerà fra un secolo? E avrebbe creato un ghiottone di maniera, ladri anonimi, amanti inventati di sana pianta. E avrebbe dovuto far tutta la storia dei loro peccati. Invece Dante, il più delle volte, non racconta nessuna storia. Si limita a chiedere spiegazioni su un particolare, accenna appena, spesso non annota che il nome e due parole: « Voi cittadini mi chiamaste Ciacco, per la dannosa colpa della gola ». E basta. « Tutti gridavan: A Filippo Argenti! E il fiorentino spirito bizzarro in se medesmo si volgea coi denti ».
Parla come chi sa di rivolgersi a un pubblico a cui sono ben note le persone che nomina e le loro avventure. Né più né meno — quanto al sommario accenno — di come un giornalista di oggi parlerebbe in un quotidiano del dramma Lindbergh o della farsa Canella, dei palombari dell Artiglio o di Greta Garbo: basta un richiamo. Ma — direbbero quei tali microbi — fra un secolo nessuno li conoscerà.
Dante non se ne preoccupava.
Vero è che Dante è Dante e tutto quello che toccava — qualunque cosa fosse — diventava eterno.
Con questo, caro Amicucci, sono arrivato all’ultima conseguenza del mio discorso. Che è abbastanza ovvia: la caducità dello scritto giornalistico può derivare non dal suo carattere attuale, ma unicamente dalle sue qualità letterarie. Nulla è più giornalistico — nel più vasto senso della parola — e più attuale degli scritti giornalistici di Mussolini. Ma letterariamente sono perfetti e resisteranno al tempo.
* * *
Concludiamo.
Nelle benemerenze del giornalismo politico, a cui ho sopra accennato, la Gazzetta del Popolo — della quale tu hai fatto il più bello e interessante giornale italiano — è alla testa degli altri. Dunque, la mia è anche una restituzione: se i giornali fanno posto agli scrittori, è giusto che gli scrittori facciano posto, nella loro opera, ai giornali.
(Ma un’altra volta, quando hai intenzione di farmi raccogliere in volume un « servizio » giornalistico, dimmelo prima).
E ai critici, che mi si scaglieranno contro per aver pubblicato un libro che non è la Divina Commedia, risponderò:
— Pigliàtevela con Amicucci.
Ti abbraccio.
Il tuo
Achille Campanile.
Collezione: Diorama 06.07.32
Etichette: Achille Campanile
Citazione: Achille Campanile, “Battista al Giro d’Italia,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/559.