Antonio Aniante (dettagli)
Titolo: Antonio Aniante
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1932-08-17
Identificatore: 1932_370
Testo:
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Antonio Aniante
Quanto di più etneo si possa immaginare, anche se l'aria di Parigi ha sostituito provvisoriamente al clima originario della biografia e della scrittura di Aniante un clima cosmopolita. Oggi Aniante dirige una bottega d'arte che s’intitola alla Giovane Europa, tiene a battesimo fame nascenti, veglia glorie consacrate, ospita i pittori italiani che vogliono tentare la avventura parigina. Intanto qualche editore di lassù fa tradurre e pubblica i suoi libri e qualche critico spalanca gli occhi davanti alle atmosfere violente del narratore, il quale tuttavia riesce per una sorta di miracoloso equilibrio a conservare al racconto una tal quale grazia noncurante dove l’umore e il lirismo conservano un’eguale leggerezza. Il libro che i francesi han tradotto è il romanzo Le ultime notti di Taormina: regionalista per metà, paradossale e fiabesco per l’altra; una visione colorita e voluttuosa delle giornate taorminesi in funzione delle notti d’amore che le seguono. Il romanzo delle Notti è uno dei pochi libri che Aniante non ripudia. Gli altri, quelli che gli han creato una nomea di fanciullo terribile della letteratura, egli non li vuol più sentir nominare e ne vieta la ristampa. Tanto si legge in testa al volume di racconti uscito adesso (Terremoto - ed. Treves Treccani Tumminelli, 1932 - L. 10), e bisogna tenerselo per detto. Se mai, in questi racconti « terremoteschi » c'è una corda nuova, quella della nostalgia, a testimoniare la sincerità e la freschezza del sentimento d'Aniante sotto le paratie della sua sensualità esasperata e della sua indisciplina formale che, davanti ai suoi primi libri, i ripudiati, fece storcere la bocca a più d'un benpensante delle patrie lettere. Codesto Terremoto comprende cinque racconti scritti a Roma nel 1930, e sedici scritti nel 1931, a Parigi. La bonaria insistenza meridionale di Cirino, nell'ultimo d'essi, che nello scompartimento del treno in partenza per l'Italia trova una signora napoletana in lutto e vorrebbe farla parlare, è un anticipo che il desiderio si concede sui giorni imminenti. Il treno si muove, va « incontro all’amore, alla vita, a un tripudio di fanfare ». Quando si è fuori, lontano, la nostalgia non è più una parola retorica; è una parola che si può dire come pane, amore, madre. Notate questo sfogo di carattere autobiografico: « Tu sai che io sono forte, nè mi pento di quel che ho fatto, ciascuno con le sue idee, ma qui non riesco a stare allegro, e non sono ammalato; quando qualcuno dice che ogni anno ha bisogno di stare almeno un mese in Italia, lo comprendo, è una necessità; cosi non parlano emigrati d'altri paesi, e non è una debolezza, credimi, è direi un fatto logico in noi la nostalgia. Perciò sto alla Villette.
Si incontrano italiani a ogni passo ».
Qui c’è una venatura di passione sincera, che è quella che dà il tono al volume. Per questo lo preferiamo alle Notti, anche se là ci è sembrata notevole l'evocazione delle atmosfere siciliana e cosmopolita e la loro fusione in un singolare quadro di costumi. Anche la tipica irrequietudine aniantesca trova nei racconti una sosta, un’oasi, nei frequenti pensieri volti dai nordici orizzonti alle terrene felicità lontane dove vivono uomini liberi e lieti, avventurosi e fantastici, nativamente violenti e vittoriosi, come quello scultore Cannasti che nelle Notti fa strage di cuori esotici ed è, più che un tipo comico, un tipo rappresentativo di passioni e sentimenti primordiali. Oggi la spiccata sicilianità di Aniante (si vedano i racconti del primo gruppo) ha un arrière-plan nostalgico e feerico che conferisce alla narrazione un incanto di fiaba donde ogni tanto si esprimono chiaramente, attraverso squarci drammatici o abbandoni sentimentali, i motivi umani e patetici che conferiscono all’arte aniantesca il suggello del sofferto e si inseriscono felicemente sul fondo ironico caricaturale e sensuale. Del resto Aniante non è temperamento che si possa con facilità ricondurre sotto i segni d’una dipendenza da scuole e mode letterarie di qualsiasi natura. Il suo cosmopolitismo d'oggi è lontano da quello d’un Morand o d’un Durtain come il suo regionalismo è di natura diversa da quello verghiano: aerei e fiabeschi l’uno e l’altro, trasferiti su piani fantastici e romantici talvolta esasperati talaltra resi aerei da una schietta levità di poeta.
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Collezione: Diorama 17.08.32
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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Antonio Aniante,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 18 dicembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/626.