Beta!
Passa al contenuto principale

Titolo: Perché non vendere libri anche sui treni?

Autore: Ezio Camuncoli

Data: 1932-11-16

Identificatore: 1932_491

Testo: PROPOSTE
Perché non vendere libri
anche sui treni?
Caro Diorama, Anche i problemi letterari presentano lati realistici, sdegnati talvolta come volgari, ma che hanno la loro incontestabile importanza. Come non si può negare quel tanto di utilità che deriva dalle discussioni sulla lenta penetrazione della letteratura italiana fra gli Italiani — mentre si smerciano troppi libri stranieri —, cosi i fatti sono da preferirsi alle parole.
Non bisogna dimenticare che gli editori sono industriali, sia pure d’eccezione. e che di conseguenza partecipano alla buona battaglia sin dove lo consentono i bilanci delle loro aziende. Dal proprio canto gli scrittori denunciano incomprensioni, deplorano avidità segnalano defezioni, eccetera, di pubblico, di editori di librai. I lettori, sui quali convergono le più gravi accuse, probabilmente sono i meno responsabili di una crisi, la quale — intesa nel senso della diffusione — non esiste: chè non si lesse mai in Italia come adesso.
Occorre dunque considerare il lato concreto del problema, e cioè la scarsa vendita del libro italiano in proporzione a quello straniero. A tale riguardo, ecco una proposta che il Ministero delle Comunicazioni non dovrebbe sdegnare di prendere in esame.
Si tratta di istituire una vendita di libri sui treni più importanti ed a maggior percorso. Il piccolo spaccio può trovar posto in uno scompartimento adattabile di volta in volta con semplicità e senza apportare cambiamenti alle vetture, che al termine del viaggio, occorrendo, possono essere così restituite al loro naturale ufficio.
L’idea si basa sopra una modesta speculazione psicologica, la cui semplicità lascia sperare nel successo. Pochissimi viaggiatori si provvedono di libri prima della partenza, altri li acquistano alla stazione, ma la grandissima maggioranza si contenta di un giornale, o non legge affatto. La preoccupazione di accaparrarsi il posto, la riluttanza a scendere sul marciapiede in cerca del carretto dei libri per timore che il treno parta, la mancanza di denaro spiccio: ecco altrettanti ostacoli posti fra libro e lettore, che si tratta di spianare. Il desiderio della lettura, infatti, viene poi a molti, durante il viaggio, quando non è più possibile soddisfarlo. Giunge allora il momento dello scompartimento librario. La tempestività e l’opportunità rappresentano il segreto di molti commerci fortunati.
Le vetture-libreria (la dizione potrebbe entrare a far parte del gergo ferroviario) non daranno i proventi delle carrozze-ristorante e dei vagoni-letto; però il loro piccolo giro d’affari sarebbe sicuramente contenuto in un bilancio attivo.
L’accordo sul congegno finanziario fra rivenditori e Amministrazione ferroviaria non sarebbe difficile a raggiungersi se, come dicevamo in principio, il Ministero delle Comunicazioni volesse favorire una iniziativa la quale — con l’impegno di vendere solo i libri italiani — eserciterebbe nel contempo una funzione meritevole di speciale considerazione.
La proposta che facciamo non intende di risolvere la cosiddetta crisi del libro (ci mancherebbe altro!... ); si ripromette soltanto di collaborarvi in forma modesta, ma concreta e semplice.
Milano, novembre 1932-XI.
Ezio Camuncoli.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 16.11.32

Citazione: Ezio Camuncoli, “Perché non vendere libri anche sui treni?,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 23 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/747.