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Titolo: Riccardo Bacchelli

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1933-02-01

Identificatore: 1933_106

Testo: GALLERIA
Riccardo Bacchelli
Di quali buoni studi sia nutrito il Bacchelli tutti sappiamo; e chi durante i passati mesi l’ha ascoltato leggere e chiosare alla radio le pagine di alcuni tra i classici che gli sono particolarmente cari, da San Bernardino al Passavanti, con una puntarclla in quel gran libro d’avventure avanti lettera ch'è il Milione di messer Marco Polo viniziano, s'é reso conto senza sforzo della qualità del gusto del litteratissimo autore del Diavolo al Pontelungo, un romanzo che si salda alla più bella tradizione Italiana e che è destinato a restare con pochissimi altri di quelli scritti e stampati nel dopoguerra.
Del resto, le doti di Bacchelli prosatore politissimo, moralista e storico sono acquisite a certi suoi libri di vagabondaggio, ricchi di ottime linfe, e al suo ampio studio sulla Congiura di don Giulio d’Este, che fra tanta abbondanza di vite romanzate, esercitazioni pseudo-erudite, ecc., è una cosa seria e degna del maggiore rispetto ed insieme una lettura da gente che non si contenta di ciò che vien viene. Adesso Bacchelli ci arriva con un libro nuovo, inaugura il 1933 con un grosso volume di Confessioni Letterarie (Società Editrice « La Cultura », Milano, L. 25), al quale va innanzi a mo’ di prefazione un discorsetto sull’usanza degli autori di ringraziare per lettera i critici che si sono occupati dei loro libri; ne vien fuori un Bacchelli umanissimo e civilissimo e non della specie degli scrittori attaccabrighe, che la tradizione ha consacrato nei manuali ad uso delle scuole, per esempio, un Caro, un Marino, un Filelfo e magari, il cielo ne scampi, un Aretino: nomi che sul Bacchelli letterato esercitano un innegabile fàscino (un’epistola di Annibal Caro è pur sempre una gran lettura! ), ma i cui metodi il Bacchelli gentiluomo respinge energicamente, rispettoso com'è di quella urbanitas che in latino dice un mondo di cose « che vanno dalle buone creanze e dal buon gusto fino a comprendere quell’insieme e quel fiore della dignità umana che si chiama la civiltà nel più solenne significato ».
Ecco dichiarato nello stesso tempo, il tono del libro. Riccardo Bacchelli gli ha dato a ragione il titolo di Confessioni. Introdotto pianamente il discorso su un tema letterario, dal Manzoni a Leone Tolstoi e al Verga, egli, lo mantiene in un’atmosfera di cordialità che gli toglie ogni pesantezza ed ispira al lettore la massima confidenza.
Un capitolo su Goldoni « galantuomo italiano » è insieme un gustoso capitolo di ricordi d’adolescenza: e una traduzione scespiriana il pretesto per toccare dell'avventura letteraria corsa dal Bacchelli un poco prima e un poco dopo la guerra e finita in un Amleto che vide la luce nella neoclassica Ronda. Testimonianza, in ogni caso, di devozione alla poesia, con l'occhio sempre fisso alla stella dell’ordine, croce e delizia della forma mentis bacchelliana. Fu un tentativo, per molti rispetti notevole, di creare un Amleto moderno, senza discostarsi dallo schema del grande Will; ora nelle Confessioni il Bacchelli, riferendosi a quella sua esperienza, scrive intorno al carattere di. Amleto e alle sue reazioni alcune assai belle pagine. che possono far corpo con la foltissima selva della letteratura scespiriana, abbondanti come sono d'osservazioni originali esposte col tono più disinteressato del mondo. E, per restare nel campo delle letterature straniere, indichiamo nella terza parte del volume alcuni scritti su Flaubert, Tolstoi, Dostoievschi e Ibsen, che riescono precisi e persuasivi in obbedienza al disegno logico su cui il Bacchelli imbastisce rigorosamente il suo scritto come un costruttore tien sempre d’occhio il progetto. Questo sia detto anche se, per esempio, il «paradosso su Tolstoi e Dostoievschi » non riesce completamente a convincerci, tanto più che la personalità e l'opera dostoievschiana non possono in ogni caso scindersi dalla evoluzione dello scrittore verso la slavofilia integrale che, negli ultimi anni della vita, lo portò ad essere quasi un simbolo della vivente realtà del popolo russo e della sua missione messianica nel mondo. Più avanti, chi abbia ammirato nel romanzo bacchelliano La città degli amanti l’atmosfera che circolava nelle pagine di guerra, troverà con soddisfazione due ottimi capitoli su Ippolito Nievo. Congedandosi il Bacchelli scrive: « Se l'autore di questo libro è riuscito poeta ed artista, anche queste confessioni di studio e d’amore dell’arte sud meritavano di essere raccolte per comodo di chi ne voglia notizia. Se non è artista nè poeta, tanto valeva, poichè, raccolto o no, unite o sparse, andran perdute con tutto il resto ». Per conto nostro, ha fatto benissimo a darle alle stampe.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 01.02.33

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Riccardo Bacchelli,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/916.