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Titolo: Mussolini e gli scrittori

Autore: Eugenio Bertuetti

Data: 1933-05-10

Identificatore: 1933_235

Testo: Mussolini
e gli scrittori
Gli autori (erano presenti anche gli editori, ma c’interessano meno) hanno avuto la loro sagra commemorativa nel cinquantenario di quella Società che, pur essendo nel campo economico la loro forza maggiore, è sempre stata nell’ambito delle singole pretese e illusioni e speranze fonte inesauribile di risentimenti, amarezze, rancori. Gli è che quando voi dite ad un uomo: « Ecco qui una legge che ti difende ed alcuni uomini per farla rispettare », egli potrà forse trovare ottima la legge, ma gli uomini no. Entrano cioè in azione quel senso critico, quella umana diffidenza, quel « se lasciassero fare a me », i quali la più parte non sono che petulante sicumera, ma sempre intralciano i propositi e le opere di chi è chiamato a ben fare. Or se questo è vero in genere, si pensi nel caso nostro particolare, dove dall’una parte e dall’altra erano uomini per natura e arte lunatici e superbi quant’altri mai. Senonché il cinquantenario trovava la Società messa a punto nel solido riquadro del Regime e la festa, che avrebbe potuto essere un concerto discorde di opinioni policrome e di interessi cornuti, soffiava con bella armonia sui lumi fumicosi del passato, ognuno guardando solo alle mète stralucide del domani.
« Riservandomi di pronunciare un discorso più interessante fra cinquant’anni — per il centenario della Società Italiana degli Autori ed Editori — voglio aggiungere alcune parole a quelle molto notevoli già dette in questa adunanza ».
A far chiaro con fiamma nuova, a credere nel futuro, a darci il segreto e la gioia delle opere dedicate alla felicità ed all’orgoglio di quelli che verranno, ecco ancora una volta il Duce. Secondo il suo costume, Egli adopera la verità come agente chiarificatore (« Noi abbiamo fatto una buona legge, una legge che funziona, che risponde al suo scopo. È inutile però elogiarla a ogni piè sospinto. Essa tutela dei diritti, ma non crea gli autori. Nessuna legge può creare l’ingegno... ») e usa la fede come propulsore (« Non basta che gli autori italiani siano inquadrati in un sindacato e abbiano una adeguata tutela. Occorre che essi, in qualsiasi forma d’arte o di pensiero, si manifestino veramente e profondamente interpreti del nostro tempo, che è quello della Rivoluzione fascista »).
All’annuncio della verità molti dei lunatici sopra detti si metteranno a sedere e il grido della fede ne farà arrossire altrettanti. Non è un mese che un appello del Diorama invitava gli scrittori italiani a mettersi in linea coi tempi: più alta conferma e più esplicita non ci si poteva aspettare. E se non è sempre né agevole né possibile (la parte del giudice essendo difficilissima fra tutte) il poter dire a Caio « cambia mestiere », facile sarà per contro lo scacciare Filano da un sodalizio che in cambio della difesa ne ha il tradimento. Perché lo scrittore che, avendo chiesto alle leggi e agli istituti fascisti la tutela del proprio ingegno e della propria borsa, si strania dal Regime, chiudendosi a doppia mandata nella solita torre, sordo ai richiami e agli imperativi del clima nuovo, tradisce il benefattore.
Immergetevi nella vita, dice Mussolini agli scrittori. Essa « offre aspetti complessi di vicende, di lotte, di dolori, di gioie. E mai, in nessuna altra epoca come in questa nostra, essa ha offerto tutti gli elementi che possono concorrere ad eccitare il « pathos » in uno scrittore ». Cioè basta col romanziere e il drammaturgo pei quali è costume e distinzione il non seguire la politica, lo sport, la scienza; che credono ancora all’ammirazione degli scemi ogni qualvolta possono sospirare ad esempio: « Roosevelt? Conferenza economica? Disoccupazione e opere pubbliche?... Porcherie che non ci tangono! ». E basta coi poeti acchiappanuvole, sfogliamargherite, sputa-amore, batacchi di campane crepuscolari. (« Il poema più grande della letteratura italiana, la Divina Commedia, è il poema del tormento di Dante, di cui ogni fibra freme delle passioni di uomo, delle amarezze di esule, di amore e di odio; i tormenti stessi dell’Inferno sono descritti anche per condannare nelle bolgie i suoi nemici »).
* * *
Il Duce non poteva in questa rassegna dimenticare una parola scritta le mille e mille volte da tanti senza che nessuno ponesse mano ai fatti. «Ho sentito parlare di una crisi del teatro — ha detto. — Questa crisi c’è e va considerata sotto un duplice aspetto, spirituale e materiale. L’aspetto spirituale concèrne gli autori; quello materiale, il numero dei posti ». Per un verso bisogna cioè « preparare il teatro di masse, il teatro che possa contenere 15 o 20 mila persone », per l’altro « l’opera teatrale deve avere il largo respiro che il popolo le chiede, deve agitare le grandi passioni collettive, essere ispirata a un senso di viva e profonda umanità ».
Quando (più d’un anno è passato e la « crisi del teatro » era nel suo tifo più grasso quale motivo di articoli e rampogne) scrivevamo che la crisi l’avrebbero risolta i muratori — nell’ispirazione degli scrittori abbiamo tuttavia una fede tenacissima e sappiamo che le opere verranno — mancavamo di rispetto tutt’al più agli architetti, ma la verità era con noi. Non sarà possibile incuorare nessuno a scrivere per le folle fino a quando i teatri non saranno fatti per esse folle. Le vecchie sale con poche file di poltrone magari ottimamente imbottite in platea e molti stabbi magari dorati su per le pareti non posson più servire il teatro moderno. Chi viene dalla nostra vita, dagli stadi ventosi, dalle inebrianti corse pel cielo, dalle luminose vaste officine, dalle strade ampie e terse, non potrà trovare la gioia mai più in quegli scatoloni scricchiolanti, in quelle enormi cappelliere semibuie che sono i teatri, dove la noia dei radi spettatori cammina ciondoloni sul contrappunto dei colpi di tosse e delle soffiate di naso. Ascoltate Mussolini: « La Scala rispondeva allo scopo quando un secolo fa Milano contava 180 mila abitanti. Non risponde più oggi, che la popolazione è di un milione. La limitazione dei posti crea la necessità degli alti prezzi e questi allontanano le folle... La crisi del teatro non può risolversi se non sarà risolto questo problema ».
(Mi si conceda una parentesi, che viene a proposito. C’è a Torino il teatro Carignano, un vecchio teatro — delizioso, non dico di no, agli occhi e per le parrucche delle nostre bisavole —, che portato bello bello in un museo ci andrebbero gli « inghilesi » a vederlo. Ora questo teatro lo devono ricostruire, ingrandire, abbellire, che so io. Ma gli stabbi dorati rimarranno e la breve platea idem e alle poltrone cambieranno l’imbottitura. Peccato: ecco un contributo, per quanto modesto e dato con tutta la buona volontà possibile, al perpetuarsi della famigerata crisi).
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« Quanto alla poesia, io dico che bisogna tornare a leggere i poeti. Perché non si potrebbe celebrarli ancora con l'incoronazione in Campidoglio? Io non vedo in ciò nulla di inattuabile. Basta che il poeta ci sia». Le cronache ci fanno sapere che a queste ultime parole di Mussolini l’assemblea riunita per la festa usci a ridere. Il che farebbe pensare che gl’intervenuti — quasi tutti, e ognuno a modo suo, poeti — non scorgevano per il momento fra le molte riverite teste presenti quella che avrebbe potuto fare da « Petrarca Anno Undici» sul Colle il cui pensiero rese anche più triste l’agonia del Tasso. Ma il Duce, che vede lontano, che sente nel proprio cuore l’indistinto cuore di tutti e in se medesimo ascolta maturare i nostri destini, ribatteva: « È certo che oggi esistono scrittori italiani — italiani fra i trenta e quarant’anni, del dopoguerra — che meritano fama universale. Vi sono scrittori potenti, solidi nella forma e ricchi di pensiero. Ve li potrei citare, perché li leggo... Ho assoluta certezza nelle forze dello spirito e dell’intelligenza italiana. Essa fa prevedere sviluppi stupendi e fecondi. Né potrebbe essere altrimenti ».
No davvero, non potrebbe essere, non sarà. E tali parole, chi vive della penna, dei propri sogni e fantasmi, tenga a memoria, che la lampada per ardere vuole l’olio della fede.
Eugenio Bertuetti.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 10.05.33

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Citazione: Eugenio Bertuetti, “Mussolini e gli scrittori,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1045.