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Titolo: Appunti sulle Feste del Libro

Autore: Ercole Patti.

Data: 1933-06-21

Identificatore: 1933_288

Testo: Appunti sulle Feste del Libro
Quest’anno le Feste del Libro sono state sottoposte ad una speciale sorveglianza. Alcuni editori ed autori non sono stati ammessi. Non abbiamo più rivisto quindi certi autori che l’anno passato avevano avuto il loro quarto d’ora di notorietà. Ce ne duole per essi. Pensando a questi autori abbiamo buttato giù queste rapide note. Alludiamo a certi misteriosi scrittori di cui non si era mai sentito parlare prima della Festa e di cui non si è sentito più parlare dopo. Ad essi sono dedicati questi appunti. Sin dalle prime ore del mattino, quando i padiglioni e le bancarelle sono in gran parte chiusi e spopolati, questi autori arrivano di buon passo seguiti da un gruppetto di amici fedeli alcuni, soli altri, reggendo in mano faticosamente grosse e pesanti valige cariche di volumi. Tutto è organizzato alla perfezione. Preso posto accanto alla loro bancarella essi dispongono in bell’ordine i libri, tirano fuori le penne stilografiche per esser pronti a rilasciare autografi, e attendono. Di tanto in tanto chiamano con un cenno uno dei loro amici che si aggira intorno e gli bisbigliano con concitazione rapidi ordini. L’amico parte a passo di carica, esce, ritorna trafelato; aprendosi un varco tra la folla, raggiunge la bancarella e riferisce all’autore.
Tutto è in ordine. I volumi di riserva sono già accantonati nella portineria del palazzo vicino. Tra un’ora arriveranno altri rifornimenti. Nell’eventualità di una vendita strepitosa, le cose sono organizzate in modo da fronteggiare vittoriosamente la situazione e gettare nelle fauci del pubblico migliaia di volumi in pochi minuti.
I suaccennati autori hanno una curiosa concezione della vita. Essi immaginano che il pubblico sia avido di volumi e, in special modo, dei loro volumi.
Ricordo ancora il caso di un autore di cui mi sfugge il nome, venuto a Roma l’anno scorso in occasione della Festa del Libro. Egli aveva scritto un’opera intitolata, se non vado errato, « Mater dolorosa », volume di circa 300 pagine, fittissime, con copertina a colori. Era arrivato nei pressi dei Mercati Trajanei a bordo di una botticella sovraccarica in modo inverosimile di esemplari della sua opera. Lasciata la botticella col carico in una traversa vicina, (forse allo scopo di non allarmare il pubblico) egli si era recato alla sua bancarella con una semplice valigia contenente soltanto quattro o cinquecento copie. Un suo compaesano (l’editore? ) intanto passeggiava su e giù, nervosamente, nei pressi della botticella in attesa di ordini. Non appena, nelle ore più propizie, la folla aumentava, il compaesano si spostava verso l’uscita senza tuttavia perdere di vista l’autore col quale anzi si manteneva in continuo contatto di sguardi. Erano entrambi pronti a tutto. Lo scrittore affettava indifferenza accanto alle quattro o cinque pile intatte di Mater Dolorosa. L’amico vigilava pronto a raggiungere la vicina botticella onde operare, nel minor tempo possibile, mi sollecito e razionale rifornimento. Evidentemente l’autore prevedeva il caso che la folla si slanciasse repentinamente, mugolando d’impazienza, sulla sua bancarella e la vuotasse in un batter d’occhio. Nulla avrebbe giustificato un simile atteggiamento della folla; e poi, in ogni caso, l’autore aveva sottomano una quantità tale di volumi da contentare, su due piedi, cinquecento persone. Tuttavia non si sentiva tranquillo.
L’autore era serio e attento, in trepida attesa. Il suo sguardo tradiva un sogno. Mi fermai ad osservarlo a lungo e compresi. Ecco che cosa sognava quell’autore:
Un gruppo di lettori acquistava Mater dolorosa. La sera la voce si spargeva nella Capitale. Mater dolorosa, un libro formidabile, un capolavoro. Nel pomeriggio gli acquirenti del volume cominciavano ad aumentare. L’indomani era una vera folla che rumoreggiava attorno alla bancarella. Un pigia pigia, un serra serra, un puntare di gomiti sui fianchi. (Permesso, permesso! Non spinga! Io sono prima di lei! Piano! Mascalzone! Ahi! Ahi! ) Alcuni lettori, cqi vestiti sottosopra, cercavano di farsi largo tra la calca torturati dal timore di non arrivare in tempo ad avere la loro copia. La scena ricorda all’autore l’assalto al forno delle Grucce, nei « Promessi Sposi ». Mater dolorosa andava via come il pane.
L’autore telegrafava al tipografo, a Caserta: « Successo enorme. Tutto esaurito. Urgono 30.000 copie. Saluti ».
Gli altri scrittori, addirittura annichiliti, giravano tra i padiglioni vuoti lanciando intorno occhiate torve e smarrite. Lucio d’Ambra e Guido Milanesi si rodevano d’invidia. Accidenti che successo! Chi l’avrebbe mai pensato? Quel modesto autore giunto alla chetichella dalla provincia aveva sbaragliato tutti. Uomini di Stato, Accademici, Generali gli si affollavano intorno desiderosi di conoscerlo. Congratulazioni. Applausi. Bravo! Un nugolo di giornalisti sollecitava interviste. Fotografie al magnesio, banchetti. Un telegramma del Re. Telegrammi di personalità straniere. G. B. Shaw, con un arguto radiotelegramma, si compiaceva del successo. Cablogrammi dalle Americhe. Una tribuna sgargiante gremita di autorità. Inni. Un picchetto armato presentava le armi.
Vidi ripartire quell’autore, il giorno della chiusura della Festa, con il suo carico di volumi ancora intatto. Piovigginava. Lo seguii con rocchio mentre spariva allo svolto, sulla carrozza traballante, seminascosto dietro due enormi trincee di volumi. Per un caso veramente curioso egli non aveva venduto neanche una copia.
Sempre durante la Festa del Libro dell'anno scorso, ebbi ad assistere ad un episodio toccante. Due autori che avevano le bancarelle vicine non si erano mai rivolta la parola durante tutta la settimana della Festa del Libro. Nessuno dei due aveva venduto libri. Di tanto in tanto, nelle lunghe ore di attesa, sotto la canicola, essi si erano rivolte lunghe, ostili e silenziose occhiate. Il giorno in cui si cominciavano a smontare i casotti, i due, dopo leggera esitazione, finalmente fraternizzarono e si scambiarono i volumi, con dedica. Poi ognuno ripartì verso il suo destino e ho ragione di ritenere che non si siano mài più rivisti nè mai si rivedranno.
Alcuni autori poi, checchè avvenga, non abbandonano mai le loro bancarelle. Anche nelle torride ore del meriggio, quando intorno non si vede anima viva, essi rimangono accanto ai loro libri, consumando frugali colazioni fredde. Essi non abbandonano il posto nella speranza che un visitatore sbandato capiti proprio in quelle ore a comprare il loro volume.
L’ultima sera della Festa dopo la mezzanotte, quando tutte le luci sono ormai spente e sul campo deserto, fra le bancarelle vuote e devastate, non si vede più anima viva, c’è sempre un autore che vagola tutto solo nella notte raspando tra gli avanzi dei giornali, le fascette strappate dei libri, i cartelloni dilaniati. Lo si vede tutti gli anni. È un tipo magro, con basette, caramella, ghette. Chi sarà mai? Non sono mai riuscito a saperlo.
Ercole Patti.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 21.06.33

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Citazione: Ercole Patti., “Appunti sulle Feste del Libro,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1098.