Due poeti (dettagli)
Titolo: Due poeti
Autore: Lorenzo Gigli
Data: 1933-07-05
Identificatore: 1933_305
Testo:
Due poeti
La poesia di Bontempelli fu, nella giovinezza dell’autore che veniva dalle aule della Facoltà di lettere e ascendeva le prime pendici dell’insegnamento, « sfacciatamente ultraclassicistica », com’egli dice. Appunto un venti o ventitré anni fa il Formiggini iniziava una collana di poeti del ventesimo secolo, protetta in copertina dalla Vittoria di Samotracia, con un volumetto di Odi dove i metri e gli schemi classici trionfavano in forme dignitosissime e con accenti ispirati: pronuba, naturalmente, la musa del Carducci. Il Bontempelli, allora, prediligeva la saffica e consegnava al giro delle strofe ben battute pensieri ed immagini di cristallina trasparenza e giocava abilmente con le rime secondo i migliori insegnamenti del parnaso scolastico. Poi un bel giorno quest’uomo d’ordine e di disciplina reagì contro il peso d’una tradizione che minacciava di cristallizzarsi in forme morte, e sì scoprì l’anima del milite d’avanguardia. Da codesta conversione, non improvvisa come taluno volle dire, ma meditata e maturata, esplose il Bontempelli nuovo, il rivalutatore della fantasia, il profeta del clima magico che trasfigura la realtà, discioglie il concretò, risolve in poesia surreale il travaglio romantico e ripudiandone la forinola ne rinnova il mito. Del clamoroso passaggio bontempelliano dalle rive del classicismo e della tradizione a quelle dell’avvenirismo, che è un paragrafo di storia letteraria del primo quarto del secolo, restano, documento curioso insieme e rivelatore, alcuni gruppi di liriche (1916-1918) nelle quali spuntano motivi e modi fondamentali dell’opera più tarda. Tali liriche vengono ora riportate all’onor della discussione (o meglio presentate definitivamente al pubblico che quasi non le conosce in quanto uscirono allora in un’edizione di poche centinaia di copie): le accoglie infatti la collana dei « poeti italiani viventi » che Giuseppe Villaroel dirige per le edizioni « Prora » di Milano. Il titolo è rimasto: Il Purosangue; ed è rimasta la divisione in due libri (Il Purosangue e L’Ubriaco). Vi è rappresentata l’esperienza d’un biennio durante il quale il poeta, ripudiando i suoi atteggiamenti precedenti, passò dalle forme chiuse al verso libero, alle parole in libertà e all’estetica futurista; o, come avverte il poeta medesimo, gli accadde ingenuamente di scriver liriche di tutt’altro atteggiamento « derivante così da disposizioni sensitive come da persuasioni letterarie totalmente opposte allo spirito e al gusto di quelle prime».
La ristampa del Purosangue a quattordici anni di distanza è, da parte di Bontempelli, un atto di coraggio; ma è insieme la equa rivendicazione d’una posizione antesignana che la storia della poesia contemporanea non può disconoscere. Ci riferiamo soprattutto ai componimenti della seconda parte dove l’indirizzo della lirica d’oggi ci sembra previsto e in un certo senso preparato. Evasione dal tempo, universalità, valore evocativo del suono, intensità tonale, ecc. sono tutti rapporti che il Bontempelli ha sentito e dominato. Inoltre nelle poesie dell’Ubriaco (citiamo Geometria, Paura, Patetica... ) non si trovano più certi elementi programmatici e polemici che ancora rimangono qua e là nella prima parte, e che le conferiscono quel titolo documentario del quale s’è discorso e di cui una collana come questa diretta dal Villaroel non può non tener conto, anche se s’obbliga ad accostare Bontempelli a Luigi Orsini, Buzzi a Lipparini e a Maria Borgese. I criteri, qui, sono « inversamente proporzionali »; sono intonati a una larghezza di scelta che s’accorda all’ingrosso con la formola di Valéry quando tenta di definire il linguaggio dei poeti in contrapposizione al comune linguaggio utilitario (i compilatori dell’antologia di cui sopra accettano la formola valeriana, ma non se ne possono accontentare). Insomma, il caso Bontempelli è un episodio della storia della lirica che si circoscrive nel 1918, ma che presuppone gli antecedenti culturali e le influenze tradizionalistiche che sappiamo. Dopo il ’18, egli ha del tutto abbandonato la forma della lirica « ricercando e qualche volta raggiungendo la poesia per altre vie ». Come sanno benissimo i lettori della Donna del Nadir, di Stato del sole, di Adria e le platee afferrate dal prim’atto di Minnie.
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Colori teneri, caratteri famigliari: qui siamo sotto tutt’altra insegna e in sede sentimentalmente più abbondante. Ma il poeta ch’è in Francesco Chiesa può riconoscere qualche paragrafo iniziale della propria esperienza nello stesso programma lirico bontempelliano; ché egli infatti mosse, come il Bontempelli, dal classicismo più composto e levigato (Calliope, I viali d’oro), ma non si distaccò poi dalla tradizione, non si buttò in braccio all'avvenirismo, bensì si tenne attaccato ad un mondo semplice e casto, ad una visione serena della vita, all’idillio più che al dramma. Il cammino è stato da allora coerente, metodico, piano: è venuto fuori, negli ultimi anni, un Chiesa romanziere e novelliere di chiarezza manzoniana; il poeta, dopo il 1921, l’anno di Consolazioni, non aveva più cantato. Bisogna, naturalmente, riportare lo scrittore nella sua cornice, nel suo angolo provinciale, nel suo ambiente ticinese dov’egli rappresenta tanto nobilmente l’umanità delle nostre lettere; e intendere il suo classicismo come la forma naturale della sua fedeltà alla tradizione e alla consegna spirituale che'egli serve umilmente senza obbligarsi in circoli chiusi. Le manifestazioni caratteristiche del suo mondo interiore, di cui sono così ricche le sue liriche e, tra le prose, quel Tempo di marzo che si può inscrivere nel catalogo delle cose durevoli, sono segni inconfondibili d’un’autonomia spirituale ed artistica che anche in regime di tradizione è sempre consentita ai migliori: i quali la tradizione intendono come continuità e norma di vita. Cosi non ci sorprende di trovare il Chiesa, sulla soglia della nuova raccolta di versi uscita testé (La stellata sera - ed. Mondadori, 1933), in atto di strologare il tempo per ritrovarvisi, di riscrivere il poèma delle opere e dei giorni collocandosi al centro, di ravvisare nel cielo, nella terra, negli uomini e nelle loro fatiche, nel mutar delle stagioni, gli aspetti del proprio quotidiano passaggio riflessi nello specchio che la natura e il mondo gli mettono sott’occhio e che varia ad ogni istante. C’è, nello spettatore che s’attarda, una punta di malinconia, il presentimento della sera (.. e più m'accora in quest'immenso verde veder che morta riga di pallore circola e già un brivido di sera);
ma è un’ora crepuscolare che può compiacersi d’un’esperienza ricca e profonda e d’una saggezza provata al paragone di tante avventure, dolori e gioie, sofferenze e conquiste, sulle quali la stellata sera distende la sua pace d’oblio. Su questi temi il libro scioglie i suoi canti affidandoli prima a una serie di sonetti armoniosi, e in seguito a schemi classici che sembrano meglio rispondere alla serenità della contemplazione in un paesaggio naturale i cui elementi forniscono il coro. Il tono è confidenziale, di colloquio, l’anima delle cose parla attraverso la poesia il suo linguaggio elementare ed eterno, e si stabilisce tra le cose e il poeta una corrente di mutua simpatia e comprensione che dona al canzoniere il suo incantevole tono di favola. Una poesia come questa suggerisce costantemente immagini umane, immette nel segreto dei boschi e dei torrenti, scopre panorami campagnoli sotto cupole di cielo sgombro, ricalca le orme di Esiodo e del Pascoli sul terreno georgico come teatro dell’umana esperienza e sofferenza. Ma il tono al quale il Chiesa aderisce naturalmente è l’idillico; quando la sua fantasia si colora di riflessi drammatici o cupi o volge l’immagine ad allusioni tetre o violente, l’incanto si rompe. Eppure anche qui egli s’alza sul terreno vago del fatto naturalistico con una forza e precisione sue e raggiunge una concitazione di accènto moderno e di vibrazioni assai intense.
Lorenzo Gigli.
Collezione: Diorama 05.07.33
Etichette: Lorenzo Gigli
Citazione: Lorenzo Gigli, “Due poeti,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 03 dicembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1115.