Il romanzo che Maupassant non scrisse (dettagli)
Titolo: Il romanzo che Maupassant non scrisse
Autore: Franco Sabelli
Data: 1933-07-05
Identificatore: 1933_309
Testo:
Il romanzo che Maupassant non scrisse
Come Zola, Maupassant ebbe un amore semplice. E come per Zola, quest’amore riassunse, per l’autore di Notre coeur tutta la parte romanzesca della sua vita, dedicata quasi esclusivamente al lavoro. Dall’amore nacquero dei figli che furono tutta la tenerezza del Maupassant finchè visse. Oggi questi figli non possono portare il nome del Maupassant, perché la signora Laura, madre dello scrittore, non volle e non potè compiere il nobilissimo umano atto di consentire ai figli naturali di Guy il diritto di portare il grande nome del padre loro. Inflessibilità di principi, austerità della razza, debolezza di donna? La signora Litzelmann, che pianse, la mattina del 6 luglio 1893, la scomparsa dell’uomo che aveva colmato tutta la sua esistenza, fu costretta a fuggire, col suo dolore e con le sue creature, dalla casa tragica. Laura de Maupassant non volle conoscere altri figli che quelli generati dalla fantasia dello scrittore, e alla donna dolente che parlava dei suoi figli essa mostrò i libri di Guy de Maupassant.
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La signora Litzelmann morì nel 1920 a Sens-sur-Yonne, dove si era ritirata con i figli, che non hanno mai saputo come il Maupassant conobbe la madre, originaria di Strasburgo. Dopo la tragica fine dello scrittore la povera signora aveva ancora del denaro; ma in pochi mesi lo vide esaurito. La sovvenne fino alla sua morte un intimo e buon amico del Maupassant, il principe Radziwil, padre di quel principe Radziwil che fu assassinato in riviera anni or sono.
A Montargis, dove la compagna del Maupassant si era rifugiata con i tre figli, all’indomani della morte dello scrittore, tutto le venne involato: lettere, carte, documenti. Fu una cosa terribile.
Una fortunata combinazione mi ha messo sulle tracce di questo figlio, Luciano, impiegato alla Sottoprefettura di Sens-sur-Yonne e corrispondente dell’Agenzia Havas.
Gli ho chiesto dei particolari inediti sulla vita del grande scrittore ed egli mi ha risposto:
« Non posso darvene molti. Ero così piccolo quando egli è morto che non ho potuto registrare le cose di lui più appassionanti. In famiglia dicevano che si calunniava volentieri, affettando di essere vizioso ed immorale, perchè si era messo in mente che un letterato doveva scandalizzare il pubblico borghese. Una delle sue distrazioni, quando dimorava sulle rive della Senna, in campagna, presso Parigi, era quella di ripescare gli annegati nel fiume. A Parigi restava il meno possibile. So che non amava il rumore della folla, le persone di spirito ristretto e quelle superbe ».
A sbalzi, nelle lettere, Luciano mi descrive situazioni d’anime, brani di vita che illuminano, come lampi, lo spirito, il cuore, il carattere di Guy de Maupassant.
« Rivedo spesso mio padre — mi dice in una lettera. — I suoi occhi profondi e miti, i suoi baffi neri, la mosca che portava sul mento. Ricordo il piacere che provava nell’interrogarci. Dovevamo spiegargli tutto: la storia di una briciola di pane o di un uccelletto o di un insetto. Cercava di farmi imparare le declinazioni latine. Quando mi spiegava una cosa che io fingevo di capire, egli si irritava. Un giorno si imbestialì fino al punto di mettermi alla porta. Le sue domande erano per me un incubo, perchè avevo spesso paura di farlo inquietare. Se invece gli confessavo apertamente di non aver capito nulla, egli ricominciava la sua lezione, dolcemente, paternamente.
« Rivedo tutta la mia fanciullezza, turbata, spezzata da una serie di viaggi, di cui avevo paura. Troppo movimento, troppe scosse. Abbiamo abitato a Montargis, ove ero in collegio, a Clermont-Ferrand, a Palavas, dove egli aveva un magnifico yacht. Abbiamo dimorato anche a Sens, nell’Albergo di Borgogna. A Sens mio padre dovette fare, come riservista, un periodo d’istruzione militare.
« Mio padre fumava molto. Scriveva fino a tarda notte e il mattino il pavimento della sua camera era seminato di lembi di carta. Egli doveva ricominciare parecchie volte una frase. Nel suo insieme, la mia infanzia mi appare come inquadrata in saloni ricchissimi, guardati da valletti coi calzoni corti. Mi stupiva, più di ogni altra cosa, un enorme pianoforte a coda. Poi alcune cameriere ci conducevano a spasso. Io avevo un cerchio più alto di me. Leggendo i libri del Maupassant, ho ritrovato qualche cosa di già veduta: case, paesaggi, persone. Di mio padre non possiedo che una spilla da cravatta. La portava lui. È d’oro, di forma quadrata e porta in mezzo un brillante ».
Delle sorelle mi ha scritto: « La signorina Luciana, secondogenita, è nata in rue des Dames, nel 1884, un anno dopo la mia nascita. Maupassant aveva allora 33 anni e abitava, come mia madre, rue des Dames. Luciana è modista. Abita rue de l’Assomption a Parigi. L’altra sorella, la più giovane, signora Margherita Belval, è nata a Vincennes, rue du Polygone, il 29 luglio 1887 ed è, come me, stabilita a Sens. Il marito, antico giocatore di calcio, è garagista a Sens e corrispondente dell’Auto. Essi hanno due figlie, di 16 e 19 anni. Una è campione di nuoto della regione. Ama la vita errante e l’aria libera, come il nonno Guy. Margherita rassomiglia molto a Laura Maupassant e Luciana si avvicina più di tutti noi a nostro padre. È bruna, massiccia, sensibilissima. Nell’appartamento modestissimo che abita si vede una grande fotografia del Maupassant in una cornice di legno e dei libri del romanziere. Era una cosa difficile poter ereditare una fotografìa di nostro padre. Egli non le amava: le faceva a pezzi quando le vedeva. Le mie sorelle hanno la stessa mania. Luciana è severa. Ricorda, nel suo cipiglio, la nonna intransigente, Laura de Maupassant. È quella che più tenacemente e accanitamente custodisce il suo segreto, il segreto della sua nascita. Margherita è gioviale, Ospitale, cortese, affettuosa. Il suo volto, dagli occhi grandissimi e nerissimi, richiama anch’esso vivamente quello della nonna. Parla sempre della bontà e della tenerezza paterna. Ha una casa situata all’ingresso di Sens; una casa chiara e tranquilla. Ha due figlie buone, belle e piene di salute. Non chiede di più alla vita ».
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Qui hanno fine i ricordi e le rivelazioni del figlio di Guy de Maupassant. E qui, già, gli occhi dell’anima scrutano e frugano nelle pagine del Notre coeur per ricomporre le pagine del romanzo con le pagine della vita.
Franco Sabelli.
Guy de Maupassant
Collezione: Diorama 05.07.33
Etichette: Franco Sabelli
Citazione: Franco Sabelli, “Il romanzo che Maupassant non scrisse,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1119.