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Titolo: I libri della settimana

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1933-07-19

Identificatore: 1933_327

Testo: I libri della settimana
La pioggia sul mare
Carlo Salsa dà ragione in un « discorso ad Arlecchino » del titolo del suo nuovo volume di racconti: La pioggia sul mare (ed. Campitelli, Roma). Ma il titolo e il discorso sono le cose che ci piacciono meno, anche perchè possono indurre il lettore in idee non giustificate dal tono e dal carattere dei racconti che sono piani, umanissimi, antiletterari quanto si può pensare trattandosi dell’autore delle non dimenticate Trincee. Pioggia sul mare, come dire nottole ad Atene, un libro di più destinato al macero, « dove vanno a finire tanti altri come te caduti dal cielo della fantasia con l'immensa inutilità della pioggia sul mare ». Perchè questo pessimismo? Non lo giustificano i precedenti di Carlo Salsa, nè lo giustifica la simpatia con la quale il pubblico, e diciamo anche la maltrattata critica, gli han sempre risposto. E poi in questo volume ci sono alcuni capitoli del Salsa migliore, per esempio il primo racconto, Inutilità, che su uno schema narrativo lineare e quasi scheletrico distende la narrazione di uno di quel commoventi incontri di guerra che nell'atmosfera accesa e rombante nella quale si svolgono sembrano la rivalsa del sentimento e della ragione sul fatto bruto del quale però così il sentimento come la ragione non respingono sterilmente l'ineluttabilità ma l’accettano con coscienza virile. La psicologia del combattente italiano non è da confondere con quella degli altri combattenti, e i motivi si son detti, anche da noi, tante volte: di codesta psicologia il Salsa è un analizzatore acutissimo, sorretto da uno spirito di comprensione e da una umana simpatia che formano il fascino appunto del suo notissimo libro guerresco e che, anche nei momenti di più crudo e drammatico realismo, lo mantengono sul piano lirico e spirituale che lo distingue da altre opere letterarie ispirate dalla guerra. Nel racconto in questione, c'interessa anche la psicologia d’un tipo particolare di soldato qual è il personaggio di Roncolo, proiettato nel dopoguerra con la sua schiva natura sulla quale non incidono le nuove occasioni e il clima tanto diverso. Racconto completo, dicevamo; gli altri nove sono d'un narratore esperto ed elegante, compresi due « atti » mondani che una volta avrebbero costituito degli eccellenti lever-de-rideau o, per dirla in termini casalinghi, saporiti antipasti di ribalta.
Carlo Salsa
Inglesi francesi spagnuoli
Salvador de Madariaga, ambasciatore della Repubblica spagnola a Parigi, è un chiaro studioso di problemi storici, politici e filosofici e uno scrittore illustre. Alla sua ricca bibliografia appartiene il saggio Spagna che, esaminando le cause e i precedenti della rivoluzione spagnola e della caduta della Monarchia, conserva un tono di serenità e di obbiettività altamente lodevole. Ora esce tradotta in italiano da A. Schiavi anche un’altra sua opera. Inglesi francesi spagnoli (ed. Laterza), che costituisce un panorama spirituale dei tre popoli i cui caratteri sono interpretati con acutezza di giudizio e padronanza della materia consentita all’autore dal fatto ch'egli studiò giovane in Francia e fu poi professore dell’Università di Oxford. Conoscendo a perfezione grande numero di persone inglesi, francesi e spagnole, parlando ed essendo in grado di poter anche pensare nelle tre rispettive lingue, il Madariaga ha la competenza necessaria per trattare il difficile tema dei caratteri nazionali, senza il pericolo d'incorrere nel detto di Aristotele: « Conosco quel cavallo, ma non conosco la cavallinità ». Il Madariaga definisce l’inglese uomo di azione, il francese uomo di pensiero, lo spagnolo uomo di passione, e deduce da queste definizioni i diversi caratteri nazionali con lo stesso rigore con cui lo Spinoza svolge le proposizioni dell'Etica, e questi modelli schematici dei popoli poscia arricchisce colla intelligente analisi che egli fa della psicologia delle tre lingue e della situazione politica dei tre paesi. Va ascritto a merito del Madariaga, come abbiamo detto a proposito della Spagna, una superiore serenità nel considerare i fenomeni politici e sociali, che non è davvero frequente negli scrittori di sinistra, il cui spirito settario e la cui malafede sono proverbiali.
Il romanzo di Comisso
Giovanni Comisso, che ora pubblica il suo primo romanzo (Il delitto di Fausto Diamante, Milano, ed. Ceschina, 1933), ha già stabilito una solida riputazione come scrittore della giovane generazione. Dopo la sua apparizione sull’orizzonte letterario nel 1929 con Gente di mare, vennero Vento dell’Adriatico e Giorni di guerra, che molti considerano come uno dei migliori libri ispirati dal tempo guerresco. Alla guerra si può ricondurre anche il libro di oggi che porta il sottotitolo di « romanzo». Ma quando il lettore lo ha terminato si ferma perplesso e si domanda se esso sia in qualsiasi senso un romanzo, o non piuttosto quel che si potrebbe denominare un principio di romanzo. Fausto Diamante è un soldato smobilitato, un rappresentante della generazione intellettuale del dopoguerra. Egli torna dal fronte, come il protagonista del Remarque, incapace di comprendere o di simpatizzare col mondo che trova e nel quale è costretto a vivere. Il mondo degli uomini, cioè; l'esistenza piatta e borghese che l’attende lo sgomenta; e la vita di bohème, l’unica alternativa che gli si presenti, lo disgusta. Egli sogna, come la Bovary, domani fiabeschi e sperduti, ma non può trovare la strada della fuga. E così quando si getta sul poeta Massimo e l’uccide, senza alcun motivo apparente, eseguisce una sentenza di morte che egli stesso ha pronunziato sopra l’intera generazione, i cui difetti e le cui colpe lo esasperano. In questo brusco gesto di violenza vi è qualche cosa di assai più rivoluzionario di quel che lo stesso autore, forse, sospetti. «Comisso — ha detto di lui Henry Furst nel New York Times Book Review — nel suo anti-intellettualismo può benissimo essere il portavoce istintivo d'una rozza umanità, un Calibano cui sia spuntata la lingua. Il suo libro è stato paragonato da critici miopi a Les Caves du Vatican di Gide, ma vi è una rude forza nel suo lavoro che manca alla lima femminea del grande scrittore francese. Noi saremmo piuttosto propensi ad approvare quei critici che hanno fatto il nome del D’Annunzio, pur ripetendo la stessa vecchia ridicola accusa di « mancanza di cuore ». Costoro, li possiamo tranquillamente abbandonare alla lettura del De Amicis; per noi, l'unico modo in cui uno scrittore possa mostrare la grandezza del suo « cuore » è nella sua devozione alla sintassi. Non vi può essere grande arte senza amore, poiché arte è espressione, cd espressione è comunicazione, e comunicazione dimostra il desiderio di comunione. Non c'è modo di sfuggire a questo sillogismo ».
Giovanni Comisso

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 19.07.33

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “I libri della settimana,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1137.