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Titolo: Proposta agli editori italiani

Autore: Nicola Moscardelli

Data: 1933-07-26

Identificatore: 1933_336

Testo: Proposta agli editori italiani
Richiamiamo l'attenzione degli editori su questo articolo di Nicola Moscardelli e li invitiamo a mandarci le loro osservazioni sia sul quadro generale che il Moscardelli fa della situazione editoriale sia sulla sua proposta del corpus delle « opere necessarie ».
Si parla di crisi del libro, e chi ne parla avrà le sue buone ragioni. Ma è un fatto che in Italia non si è mai stampato tanto, nemmeno nel 1918-1920 che furono gli anni delle varie comete editoriali. Segno che il pubblico compra, segue gli sforzi degli editori. Forse si vorrà dire « crisi del contenuto del libro ». Può darsi. In ogni modo l’esame di essa ci porterebbe troppo lontano. Qui si vuol affermare che il pubblico è in uno stato d’animo quanto mai fertile per delle buone iniziative. Non bisogna lasciarlo passare senza avervi seminato.
L’attività editoriale non somiglia a nessun’altra attività sociale. L’editore non è un qualunque industriale. Che un fabbricante di scarpe domani lanci sul mercato delle scarpe malfatte: ben presto nessuno le comprerà ed egli dovrà smettere. In definitiva non avrà danneggiato che se stesso.
Ma se un editore domani lancia sul mercato dei libri « cattivi » non è detto che il suo commercio debba andar male: tutt’altro! Colui che non comprerebbe un cattivo paio di scarpe compra tranquillamente un cattivo libro. Prima di tutto perchè il cattivo paio di scarpe si rivela subito per tale mentre il libro no: in secondo luogo perchè un libro non è mai tanto cattivo che qualcuno non lo trovi buono. In definitiva il cattivo editore — che meglio si chiamerebbe l’editore di libri cattivi — non tanto avrà, dopo un certo tempo, danneggiato se stesso, quanto avrà intossicato il pubblico dei lettori. E le intossicazioni intellettuali sono le più difficili a curarsi.
Da ciò si deduce che l’attività editoriale deve trovare in colui che la esercita un freno ed una norma ricavati non dal codice civile o penale, ma dal codice della vita morale.
O
Come dicevo, oggi in Italia si stampa moltissimo. Molta di questa carta stampata non ha alcuna importanza: roba che va dall’editore al macero passando per le mani del lettore. (Molti editori credono di fare degli affari pubblicando solo libri che « vanno ». Se essi riflettessero che i libri che vanno vanno solo per una stagione, mentre certi libri che sembrano non andare sono poi quelli che vanno sempre. Baudelaire, che era un uomo dalle idee semplici, precise e giuste, ha lasciato scritto che nessun editore s’è mai rovinato per aver pubblicato dei libri di poesia, mentre molti si son fatti un capitale per averne pubblicati: quante copie si vendono annualmente dei « Fiori del male»? ).
Ma molta, anche, della roba che si stampa oggi, è di prima qualità e denota in chi la pubblica un senso assai alto della propria funzione.
È perciò che mi sembra propizio il momento per lanciare agli editori italiani una proposta degna, se non mi sbaglio, d’esser presa in considerazione.
Si tratta di questo. Da quando l’uomo ha usato i segni scritti per comunicare ai suoi simili i propri pensieri, sono venuti alla luce migliaia e migliaia di libri.
Di questi libri una grandissima parte può essere ignorata senza danno. Non che siano tutti vani o sciocchi, chè anzi si trovano in essi anche dei capolavori. Ma non sono indispensabili. Sono opere di cui si può fare a meno.
Quell’altra rimanente piccolissima parte, invece, è costituita di libri di cui non si può fare a meno. Sono i libri fondamentali dell’umanità, nei quali è consegnata, allo stato puro, una verità basilare, una di quelle verità morali, filosofiche, artistiche, che ogni uomo mediocremente colto deve conoscere, di cui non può fare a meno.
Questi libri non hanno nazionalità. Sono greci, indiani, latini, italiani, tedeschi, francesi, cinesi — d’ogni lingua, perchè ogni popolo a un dato momento della sua storia ha detto una parola eterna, una parola di pane buona per la fame degli uomini.
Essi non sono molti di numero. Cento, al massimo. Ma sono cento libri sparsi qua e là, in edizioni diversissime, spesso mutilate senza discernimento, in formati varissimi, sovente di difficile acquisto.
Or bene, perchè questi cento libri fondamentali non dovrebbero esser raggruppati in una collezione apposita, una collezione destinata ad essere indispensabile nella casa di ogni persona appena appena colta? Perchè non si dovrebbe estrarre dal mare magno dei libri stampati in tutto il mondo in tutti i tempi quel centinaio di opere insostituibili, dargli una veste uniforme, articolarli in una collezione a disposizione dei volenterosi?
Anche se non espresso con identica nettezza, bisogna dire che l’idea non è di oggi. Senza andare tanto lontano, un qualche cosa di simile voleva fare Umberto Notari con la sua collezione « Gli Immortali » diretta da Luigi Luzzatti e Ferdinando Martini. Guardata dal punto di vista della collezione che propongo, quella raccolta aveva il torto di allestire molte opere non proprio fondamentali. Ma, oscuramente, il criterio che spinse a crearla non era molto diverso dal criterio che io ho esposto.
Più recentemente ancora, nel 1924, Giovanni Papini iniziò presso l’editore Bemporad una collezione di «Libri necessari ». Il titolo, e il nome del direttore ci avvertono che si tratta proprio di una collezione identica, nelle intenzioni, a quella da me proposta. Ma quanto all’attuazione essa fu tutt’altra cosa. Il primo volume uscito fu « I Toscani dell’Ottocento » di Pietro Pancrazi, il quale giustamente apriva la prefazione con le seguenti parole: « Tanto per cominciare (caro Papini) quest’antologia di certo non è un Libro Necessario. Per parte mia sarei già contento se fossi riuscito a mettere insieme un libro soltanto divertente ». Videro in seguito la luce « Antologia di mistici » di Arrigo Levasti (qui, forse, saremmo nel tema della collezione) e « Poeti inglesi dell'Ottocento » di Mario Praz — ottimo libro, ma non necessario, soprattutto se quel necessario doveva significare « fondamentale ». Poi la collezione s’è fermata.
L’idea, dunque, non è assolutamente nuova, ancorché non sia stata formulata mai con chiarezza. Che cosa dovrebbe impedirne l’attuazione? Le difficoltà che si prospettano sono di due ordini.
Primo: quali sono questi cento libri fondamentali dell’umanità? Chi deciderà della inclusione o della esclusione di un volume dalla raccolta?
Si risponde. Non mancano in Italia dieci persone, e forse son di più, le quali sono in grado di segnalare i cento libri che a parer loro sono indispensabili. Se si chiedesse a queste dieci persone un elenco per ciascuno, si avrebbero infine dieci elenchi da cui non sarebbe difficile comporre il definitivo. L’autorità dei proponenti darebbe la necessaria autorità alla scelta.
Secondo: un solo editore non può addossarsi la realizzazione della impresa. Sia. Cinque editori possono però consorziarsi ed assumere ciascuno la stampa di venti volumi: di eguale formato, di identica veste, facenti parte di un tutto.
Spiritualmente, sarebbe un’impresa bellissima, da invogliare chi per poco guarda al di là del giorno che passa.
Commercialmente, il successo sarebbe sicuro.
Sono più che certo che se non oggi, domani questa idea sarà realizzata.
Nicola Moscardelli.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 26.07.33

Citazione: Nicola Moscardelli, “Proposta agli editori italiani,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1146.