Risposta a Moscadelli: I cento libri che bisogna leggere (dettagli)
Titolo: Risposta a Moscadelli: I cento libri che bisogna leggere
Autore: Franco Sabelli, Nicola Moscardelli
Data: 1933-08-09
Identificatore: 1933_356
Testo:
RISPOSTA A MOSCARDELLI
I cento libri che bisogna leggere
Sul «Diorama» Nicola Moscardelli ha avanzato un'idea geniale: cinque editori dovrebbero consorziarsi ed assumere ciascuno la stampa di 20 volumi, di eguale formato, di identica veste, facenti parte di un tutto. Questi 100 volumi dovrebbero costituire la base della cultura di ogni italiano e, nel tempo stesso, un successo commerciale per gli editori e, quindi, per i librai. I cento libri dovrebbero essere, naturalmente, di tutte le nazionalità, poiché ogni popolo, a un dato momento della sua storia, ha detto una parola eterna.
Ma quali sono questi cento libri fondamentali dell’umanità? Come regolarli nello studio e nella lettura? Ecco un’indagine che potrebbe servire dì aiuto alla geniale proposta del Moscardelli per una norma anche di coloro che un giorno saranno chiamati a segnalare i cento libri indispensabili alla cultura di ognuno.
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A cinquant’anni un uomo, pure amante della lettura, se pensa a tutto quello che avrebbe potuto leggere è preso da spavento. Eppure, senza molta fatica, impiegando, dall’età di vent’anni, tre o quattro ore al giorno alla lettura, s’arriverebbe ad essere forniti di quello che abbisogna per non morire d’inedia intellettuale.
Dai 18 ai 24 anni è il periodo più adatto alla lettura dei poeti, dei romanzieri e degli scrittori da teatro. Dai 25 ai 31 anni bisogna leggere gli storici antichi, i classici nazionali, i colossi della poesia straniera. Prima i poeti: Shakespeare, Milton, Shelley, Goethe, Heine, Calderon, Cervantes; poi gli altri, così: a 25: Shakespeare, Rabelais; a 27: Shelley, La Bruyère, Tucidide; a 28: Goethe, Saint-Simon, Senofonte; a 29: Heine, Voltaire, Plutarco; a 30: Cervantes, Diderot, Tito Livio; a 31: Calderon, Rousseau, Tacito.
Incomincia l’età matura: 32-39 anni. Ancora della poesia; poi libri di politica, di storia, di cronaca. I poeti saranno quelli dell’antichità, ai quali si aggiungeranno gli italiani. Gli scrittori politici si sceglieranno nel nostro tempo. I cronisti saranno quelli del medioevo. Dai 32 ai 39 anni la nostra vita deve attendere a rifare la propria educazione. Bisogna leggere Omero, Eschilo, Aristofane, Lucrezio, Virgilio, Dante, Ariosto, tutti i novellieri italiani: Boccaccio, Bandello, Sacchetti, ecc. Ecco l’ordine: a 32 anni: Dante e gli altri poeti italiani classici; a 33: Ariosto e i suoi contemporanei; a 34: Virgilio e i poeti del secolo augusteo; a 35: Lucrezio e gli altri poeti latini; a 36: Omero; a 37: Eschilo, Sofocle, Euripide, Pindaro e qualche cosa del De Maistre; a 38: Aristofane, Demostene e Teocrito.
Ed eccoci al quarto periodo: 39-45 anni. Lo spirito ha raggiunto la sua piena maturità. Bisogna, e si può, leggere molto, variamente. Ai classici, ai cronisti, ai sociologi, si comincerà ad aggiungere i filosofi. A 39 anni, si leggerà Molière e i comici; Beaumarchais, Augusto Comte e Stuart Mill, Machiavelli e la Rinascenza italiana; a 40: Corneille, Bacone, Eliseo Reclus; a 41: Racine, Marivaux, Hobbes; a 42: La Fontaine e Spinoza; a 43: Boileau, Taine e i psico-fisiologi, Cromwell e i puritani; a 44: Renan e la scienza delle religioni, Ronsard, Luigi XIV e le memorie del diciassettesimo secolo, Emmanuele Kant; a 45: la « Chanson de Roland », Federico di Prussia e Hegel.
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E siamo al quinto periodo: 46-52 anni. Si sente il bisogno di respirare aria fresca, molto in alto, sui monti.
Si comincia con Mirabeau, Montesquieu, Socrate; poi si va a Bossuet, Platone, Malebranche, Aristotile; infine a Pascal, Guizot, Descartes, Buffon, Bismark, Seneca, Boezio.
Ed eccoci, finalmente, al sesto periodo, l’ultimo: 53-60 anni. Dopo i 60 lo spirito è stanco e, più che lo spirito, la vista. Di tanto in tanto si ama di lasciar passare sotto gli occhi affaticati un libro che si è già letto e prediletto; ma la curiosità non è più viva, l’interesse non ha più impeti.
Dai 53 ai 60 anni si penetra come nel santuario della cultura. Le opere che si leggono sono gravi, d’una gravità religiosa. I grandi filosofi moderni, con le loro vane speculazioni, e i grandi filosofi antichi conducono l’anima del lettore sulla soglia del Cristianesimo. A 53 anni si legge S. Francesco di Sales; a 54: S. Giovanni della Croce; a 55: Sant’Agostino; a 56: i Salmi; a 57: i Profeti; a 58: gli Evangeli; a 59: 1’« Imitazione ». E poi... si guarda il sepolcro, vicino o lontano, con i capelli bianchi, con le illusioni fatte polvere. A 60 anni è giunta l’ora, se non del riposo assoluto, almeno della solitudine. Questa potrà anche essere feconda e studiosa. Ma nella solitudine, qualche volta, non è raro che si pensi alle parole di S. Bernardo: Invenies aliquid amplius in silvis quam in libris. O pure, a quelle di Chesterfield: « Val meglio leggere dieci passanti che cento volumi».
È l’esperienza della vita che trionfa, è il pensiero dell’esperienza. A sessant'anni o a settanta l’uomo non considera il libro se non come un amico, come l’aiuto di un amico. Prima il libro è stato il suo padrone.
Franco Sabelli.
Collezione: Diorama 09.08.33
Citazione: Franco Sabelli e Nicola Moscardelli, “Risposta a Moscadelli: I cento libri che bisogna leggere,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 23 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1166.