Utilità e funzione dei "premi letterari" (dettagli)
Titolo: Utilità e funzione dei "premi letterari"
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1931-08-19
Identificatore: 120
Testo:
UN'INCHIESTA FRA AUTORI ED EDITORI
Utilità e funzione dei " premi letterari "
1° Credete all'utilità dei premi letterari e alla loro efficacia come mezzo di propaganda popolare a vantaggio del libro italiano?
2° Credete che i premi possano rivelare degli autentici valori che non avrebbero altrimenti modo di arrivare al pubblico?
3° L’attuale moltiplicarsi di premi letterari non è già un indice della favorevole ripercussione ch’essi, nel recente passato, hanno avuto nella massa dei lettori? O anche in fatto di premi preferite la formula: « pochi, ma buoni »?
4° Qual’è l’influenza immediata del premio sulla vendita del libro premiato?
Il pensiero di Massimo Bontempelli
S. E. Massimo Bontempelli, Accademico d’Italia, interviene nella discussione schierandosi senza riserve in favore dei premi letterari, ai quali riconosce una utile e feconda azione di propaganda per la diffusione del libro:
/ premi letterari sono cosa utilissima e bellissima. Da una decina d’anni vo dicendo che sta per cominciare per l’Italia un periodo di alta fecondità letteraria, pari ai suoi grandi periodi pittorico e musicale. Il fervore per i vari « premi », l'interesse veramente vasto e acuto che il pubblico dimostra per essi, il loro moltiplicarsi e differenziarsi, sono uno dei sintomi più precisi che il periodo che ho previsto e auspicato si sta davvero preparando. Si deve tener conto, che quando una data arte o genere non sono vivi e pronti nello spirito d’un tempo, non v’ha promessa di premio che possa suscitarli. Si son visti gli esiti miserevoli sortiti dai tentativi di premi per incoraggiare un genere moribondo, quale è il teatro (sia di prosa sia di musica). A nulla hanno giovato altri tentativi di premi per l’arte cinematografica, per la quale al contrario è troppo presto, non siamo ancora maturi.
L’interesse e il successo dei premi letterari ha confermato la giustezza d’una altra, mia idea fìssa, cioè che la letteratura del nostro tempo è eminentemente narrativa; in tutti i concorsi di questi anni l’arte narrativa ha battuto in pieno la cosiddetta « lirica pura ». A questo fenomeno se n’accompagna con tutta naturalezza un altro, per il quale la narrazione si va sensibilmente allontanando dal gusto veristico, fotografico, documentario di cui la fine del secolo passato le aveva fatto un dovere; il nuovo gusto assorbe nella narrazione le necessità di natura poetica, e nei casi migliori le risolve; appunto con l’as sorbimento in sè della Urica, l’arte narrativa si dirìge verso il suo fine, che è la creazione di miti nuovi.
Queste cose sembran lontane dalla questione dei « premi », ma non sono; perchè — altro notevole beneficio — ognuno di questi premi porta con sè una revisione critica — fatta da parecchi punti di vista e da temperamenti diversi — della produzione d’ogni anno; costituisce un utile rivista, un vero e proprio esame di coscienza, della nostra letteratura quotidiana.
La molteplicità poi dei premi ha dato a ciascuno d’essi il modo di assumere un proprio carattere. I grandi premi decretano alla pubblica celebrazione complessi di opere, cioè la totalità di un autore complesso (anche se giovane) già da questa stessa totalità assicurato e garantito e riconosciuto. Il « Premio dei Trenta », ora cessato, accentrandosi soprattutto sopra il giudizio dei librai, teneva conto della interferenza tra il valore poetico d’un’opera e il suo successo di pubblico. Gli altri premi — e massime il « Viareggio » che per questo carattere viene a essere il più importante di tutti, ed è destinato probabilmente a riuscire il più utile e fecondo — si dedicano piuttosto alla «’scoperta » di un autore non ancora affermalo: questo è il suo grande valore, e molto opportunamente, in vista di tale suo carattere, il bando del « Premio Viareggio » parla, non della « opera più bella » (e molto meno della « opera più perfetta »), ma del libro « più interessante » dell’annata. Insomma, il « Premio Viareggio » è soprattutto un « Premio di Giovinezza ».
Ben vengano anche gli altri premi minori. Abbiamo cominciato solo da qualche anno, e già certuni han cominciato a dire: Troppi premi! 0 perchè? E' la solita irrequietudine nevrastenica e luterana che cerca di mettere il malumore dappertutto ove si sta mostrando un raggio di sole.
Massimo Bontempelli
Nicola Moscardelli
Nicola Moscardelli precisa:
I — I premi letterari sono utili per coloro ai quali sono assegnati. La loro utilità si arresta qui. Innanzitutto si chiamano premi « letterari » ma (parliamo, naturalmente, dell’Italia) vengono premiati soltanto romanzi e romanzieri, come sa tutta la letteratura fosse confinata nel romanzo e come se in Italia non uscissero attualmente, degni di premio, che i romanzi. La letteratura. invece, ha molte voci, ed escluderle. a priori, praticamente se non tecnicamente, tutte, è un grave errore. Poi, quando uno scrittore è premiato, si assiste allo spettacolo poco edificante di critici i quali cadono in deliquio dinanzi alle sue opere, mentre prima non avevano degnalo di un rigo quelle opere stesse. (Parlo, naturalmente, di critici militanti). Ciò, come ho detto, giova al premiato ma non si vede come l'utile di uno solo possa convertirsi in utile generale. Per fortuna nostra, escono attualmente in Italia, assai più opere buone che non siano premi. Credere di risolvere il problema della diffusione del libro nel pubblico per mezzo dei premi è come se un villaggio il quale ne fosse privo intendesse risolvere il problema della luce elettrica per mezzo del fuochi d’artificio. Non questi occorrono, bensì la luce calma, continua, intelligente di una critica militante, diligente la quale anziché essere illuminata dai, premi desse essa indicazioni e fra le parecchie opere degne di plauso mostrasse quelle che, per speciali ragioni, sono meritevoli di premio. In tal modo all'utile di uno solo si aggiungerebbe l'utile generale. Oggi come oggi, succede precisamente l’opposto, e la luce che si riverbera su di un’opera è tutta ombra che si riverbera sulle altre egualmente degne.
II — Data la disattenzione del pubblico, è chiaro che un premio richiama violentemente la sua attenzione su di una data opera o un dato autore permettendo a questi di giungere in zone le quali, probabilmente, gli sarebbero rimaste sempre lontane. Più che di interesse si tratta di curiosità, la quale, del resto, si sveglierebbe anche se quell’autore invece di vincere un premio avesse ammazzato sua. moglie. L’interesse per i fatti dello spirito non si provoca artificialmente da un giorno all’altro, ma è il frutto d’una lunga opera di educazione nella quale siamo tutti impegnati.
III — L’attuale moltiplicarsi di premi letterari non nasse già dalla favorevole ripercussione che essi hanno avuto nella massa del lettori, bensì nasce dal fatto che le opere degne di premio sono più numerose che i premi stessi. Si cerca di rimediare alle inevitabili ingiustizie moltiplicando i premi.
IV — Il premio fa sempre vendere il libro premiato specialmente se l’editore sa approfittare dell’occasione. Come ho detto, è il fatto di cronaca che sveglia i distratti e dalla contingenza del premio li volge all’eterno dell’opera (se l'opera è eterna). Quarant'anni fa i premi letterari non c’erano e perciò il divino Gabriele, che pure se li sarebbe meritati, si preoccupò sempre d’avere amanti, levrieri, cavalli e dèbiti per far volgere il capo ai passanti: erano i suoi premi, quelli. E la brava gente leggeva l’Alcione perche l’autore aveva delle cambiali protestate. Gli uomini son fatti così.
Nicola Moscardelli
Alcuni editori
La risposta dell’editore Valentino Bompiani conclude con alcune interessantissime osservazioni di carattere generale sulle funzioni della critica letteraria:
I — I premi letterari sarebbero utilissimi, se il pubblico ci, credesse. Resto. ora a vedere se non ci crede perchè sono di trpppo recente istituzione, o perchè non sono più una novità. I primi, per quanto io so. hanno conseguito risultati maggiori che non gli ultimi.
II — Che i premi letterari possano rivelare autentici capolavori sconosciuti dal pubblico, mi par difficile: quel pubblico che legge, che è sempre lo stesso, i capolavori se li scopre anche senza, premi; l'altro pubblico aborre dai capolavori, che trova noiosissimi.
III— L'attuale moltiplicarsi dei premi letterari è segno che l'istituzione va commercializzandosi e perciò che decade. Troppi concorsi d'origine edito riale. Che il premio in ogni caso sia tale da recare, di per sè solo un vantaggio cospicuo allo scrittore premiato. E’ forse l'unico modo per limitarne il numero.
IV — Non ho elementi per rispondere meno genericamente di quanto non abbia già fatto con le tre risposte precedenti.
Ma vorrei aggiungere una considerazione d'ordine generale: Se c’è Paese, ove la stampa segue con larghissima generosità di spazio il movimento li brario: se c'è Paese, ove i premi letterari abbondino; questo è l’Italia. Eppure, nè il commercio librario se ne giova in misura adeguata, nè gli scrittori godono, non foss'altro, di adeguata notorietà. E’ da considerare se ciò non sia perchè si fa troppa critica letteraria e si danno poche informazioni, così nel recensire i libri, come nell’illustrare quelli che sono stati premiati. Se, insomma, la stampa quotdiana, alla cui voce è affidata la più larga risonanza dei premi, abbia ragione di affiancarsi alle riviste ed ai giornali letterari; o se non agirebbe più utilmente nei riguardi dei suoi lettori e del libro, mantenendo anche in questo campo la sua funzione precipua di organo informatore. Io credo che soltanto così riuscirebbe ad interessare al libro quella massa di lettori alla quale non giungono le riviste letterarie, e che tranquillamente salta e salterà sempre l'articolo critico di terza pagina.
Valentino Bompiani
Ed ecco ora la risposta d’un uomo politico che è anche scrittore efficacis simo ed editore intelligente, uno dei gerarchi anzi della classe degli editóri, cioè di Franco Ciarlantini:
I — I premi servono notevolmente alla propaganda del libro. Bisognereb be però propagandare, oltre che il ge nere letterario, il saggio storico, lo studio politico e di economia e in ge nere i buoni libri di cultura.
II — Non credo che i premi letterari possano rivelare autentici valori. Oggi ci sono mille altri mezzi per arrivare al pubblico.
III — Il moltiplicarsi del premi per ora ha le caratteristiche della moda. Poiché in altri Paesi — in Francia specialmente — tali premi si rinnovano da lustri, speriamo che si verifichi altrettanto da noi.
Sono convinto che il criterio di dare « pochi premi, ma di rilievo e con le maggiori garanzie di serietà », sia il migliore da seguire.
IV. — Credo che l’influenza immedia ta del premio sulla vendita del libro premiato sia minore di quel che si sospetti o che si faccia credere.
Il nostro pubblico non ama ancora la carta stampata. Se si tratta di un libro di moda, ove proprio se ne senta irresistibilmente attratto, lo legge a prestito; altrimenti si contenta di ripetere il giudizio della prima recensione leggiucchiata sul giornale, o anche di parlarne con allegra improntitudine, avendo visto soltanto la copertina... Chi conosce le vere tirature dei più famosi libri del nostro tempo non può farsi illusioni.
Franco Ciarlantini
Collezione: Diorama 19.08.31
Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Utilità e funzione dei "premi letterari",” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/120.