I libri della settimana (dettagli)
Titolo: I libri della settimana
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1933-10-04
Identificatore: 1933_432
Testo:
I libri della settimana
Amiamoci in fretta
Questo romanzo ha fatto per alcuni mesi le spese dell’allegria dei lettori quando la « Gazzetta » lo pubblicò a puntate nel « Fuorisacco »: di sabato in sabato, le avventure del Filantropo integrale, del principe Capistrelli, del finanziere Hatchinson, del capitano Whilitterly, di Genzianella, dell'autore del libro e del suo infernale Battista si andavano svolgendo e aggrovigliando al modo dei romanzi polizieschi. Anche qui un uomo nell'ombra che spande intorno a sè il terrore (sia pure con le migliori intenzioni) e che nessuno riesce a individuare; anche qui il poliziotto con l’eterna pipa in bocca che segue le piste più diverse e fa quel che può per imbrogliare la matassa; anche qui l’eterna storia d’amore che conduce il mondo, e il mondo dei romanzi polizieschi in particolare. Si sta dunque parlando d'uno di quei libri gialli che non vi faranno dormire? Anche il romanzo di Achille Campanile (Amiamoci in fretta - Ed. Mondadori 1933 - L. 10) non vi farà dormire: ma per altre ragioni. Man mano che scorrete le pagine di questa autobiografia parodistica, vi accorgete che il filo della calamita è doppio: da una parte l’umorismo campanilesco che entra in funzione in pieno e infila via una dietro l'altra le sue trovate bizzarre delle quali il lettore va a caccia di pagina in pagina; dall’altra la vicenda per se stessa che assume sin dal primo capitolo un carattere sensazionale e promette le più strane sorprese. Tutti gl'ingredienti del romanzo giallo novecentesco e del vecchio romanzo d'avventure vi sono largamente impiegali, al servizio della fantasia comica e lirica che rappresenta la doppia faccia della musa di Campanile. Perchè accanto al poliziotto guardingo e al suo metodo investigativo, accanto alle losche trame del Filantropo integrale, sbocciano momenti di medianità romantica sotto le insegne dell'amore, fiorisce sul mare e sulla terra un idillio alla Paolo e Virginia, salgono verso le stelle palpiti di travolgente passione con accenti quanto mai gentili e candidi; e accanto imperversa l'avventura nel suo significato più complesso, si profilano le più tentanti apparizioni, si discoprono panorami di strane contrade abitate da stranissime genti i cui modi di vivere, d'amare e di morire appartengono alle riserve del racconto maraviglioso che mettono capo a Gulliver. Il Campanile volge la formola apertamente al comico, la sua fiaba conserva l'elettricità del mondo strano che le dona i suoi colori ma rinuncia alla funzione puramente lirico-fantastica o decisamente satirica e morale per diventare un repertorio di uscite comiche, e assumere il tono della parodia. Certo è questo uno dei romanzi più divertenti di Campanile, più ricchi di invenzione, più rivelatori del suo temperamento d'umorista e delle sue possibilità in questa direzione. Attraverso larghi squarci nella vòlta della risata senza restrizioni mentali, l’azzurro della poesia fa le sue apparizioni, il lirico ch'è sempre desto in Campanile introduce la sua nota delicatissima. Riconosciamo qui una delle facce di cui s'è detto; l'altra, l'irresistibile, eccola nelle evocazioni dello zio Capecelatro, la cui ombra si distende su tutto il romanzo, nella rappresentazione dell'isola felice dove regna Armando e opera il generale Cordoglio, nelle traversìe del principe Capistrelli, nella organizzazione pratica dei cartelli del cane poliziotto. Umorismo di marca, finalità inequivocabili. Non possiamo chiudere questa nota senza ricordare che finalmente sappiamo dond'è piovuto il fido Battista al suo padrone: è un capitale morale, un'eredità. Ha ragione Campanile di tenerselo caro.
Achille Campanile
Cerchi sull’acqua
Una voce non squillante ma subito distinguibile nel mondo poetico d’oggi è quella di Guglielmo Danzi che intitola un suo canzoniere Cerchi sull’acqua (ed. Campitelli, Roma, 1933 - L. 5). L'ispirazione è sempre alta, i modi nobilissimi. Se vuoi riaccostare la poesia del Danzi a qualche insigne modello, ecco che ti soccorre il ricordo del Pascoli (anche per la perizia nel trattare il verso e volgerlo dagli schemi tradizionali ad accogliere modi nuovi con nuova agilità, a dargli snodatura di volo e virtù d’espressione intima prima che formale), e qua e là qualche reminiscenza dannunziana. Ma trovi nel Danzi una inquietudine tutta d'oggi, un senso pieno della vita spirituale e fisica che, attraverso l’osservazione delle cose e degli aspetti del mondo, si traduce in poesia. Non c'è momento, meditazione, sosta che non gli susciti immagini di bellezza ricondotte alla loro funzione sostanziale. La poesia del Danzi procede dall’esterno all’interno, cerca sotto le apparènze i molivi profondi, muove seguendo un presentimento di perfezione morale e di virtù gnomica che devono celarsi dietro la realtà e il fenomeno e che è còmpito del poeta cercare e scoprire, portare alla luce incastonate nel canto. Il cui splendore formale è dunque in funzione d'una pienezza di spirito, d’una liricità dolcemente fantastica che si fa canto spiegato alla prima occasione in cui sia possibile esprimere, di fronte alla natura e agli uomini, al passato che la storia solleva sui culmini, al presente che prepara l’avvenire, ansie ed aspirazioni verso cieli di luce illuminati dalle speranze e sorrisi da più d'una certezza. Poesia alta e virile, questa del Danzi, anche se apparentemente sommessa. La sua forza sta appunto in parte anche nel suo pudore e riserbo, nella coscienza della sua autonomia. Il Danzi crede alla missione del poeta sulla terra, alla sua possibilità di superare l’angoscia del male e di scoprire con rabdomantico privilegio il rampollare d’una notte eterna. Un nido di rondine accanto a ruderi e colonne non gli ispira facili moralità sulla continuità della vita nel tempo, ma gli disigilla il cuore in vista d’una sorte più nuova:
... in armi, cadere davanti al sole e, rosso intridere di sole io, sotto l’Arco di Cesare, il sangue.
Come lirica indicatrice di codeste aspirazioni della poesia del Danzi va, indicata « Piccolo banco di scuola », dove si precisano i caratteri e i limiti della sua nostalgia, che non lo conduce ad una evasione qualsiasi, puramente fantastica o puramente spirituale, ma ad un'evasione per cosi dire costruttiva, in dipendenza appunto dal concetto di quella missione nella quale come s'è dello il Danzi ripone la sua fede d’uomo e di poeta. Che la sua sia poesia di vita indicano anche parecchi dei temi e delle occasioni che l'ispirano; e si vedano, per esempio, il canto alla Romagna e due o tre liriche nate sotto i cieli coloniali o dal ricordo delle passate avventure laggiù, come la commovente Ballata di Bir Abbàs, dedicata alla memoria d'un compagno caduto in combattimento.
Collezione: Diorama 04.10.33
Etichette: I libri della settimana
Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “I libri della settimana,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1242.