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Titolo: Una biografia di Papini

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1934-01-17

Identificatore: 1934_76

Testo: Una biografia di Papini
Papini è di moda, anche se lui non vuol esserlo. Ad ogni suo gesto, la gente s’aspetta che lanci la tradizionale sassata nello stagno e sta ad attenderne gli effetti. Lo vede sempre sotto la specie del polemista e dell’attaccabrighe e anche ne' suoi libri più limpidi, da Sant'Agostino a Dante vivo, cerca la ruggine. Gli atteggiamenti di Papini devono essere sempre, e per forza, di battaglia. I suoi lettori sentono rumore ad ogni voltar di pagina. Si suppone tanta elettricità nelle sue atmosfere, che il borghese si rifiuta di considerare Papini un suo simile e non ammette ch’egli parli col più piano buon senso. Lo vuol vedere a cavallo con la lancia puntata o inferraiolato sino al collo col cappellaccio sugli occhi secondo il costume dei cospiratori. Contro chi cospira? Leggete il libretto d’un giovane triestino, edito pochi mesi fa, Scrivo a Papini papinianamente, e avrete l'atto d’accusa steso da un pubblico ministero papiniano fino alla punta dei capelli pur se si sfoga in contumelie e in riprovazioni contro il suo nume (l’autore si chiama Oliviero Bianchi, e ha del talento: ma nella polemica gli manca la misura e il senso delle proporzioni e dell’attualità). Ma Papini è tale soggetto che pretendere ne' suoi riguardi un animo spassionato pare sia pretendere l’impossibile. Benché, ad esser sinceri, qualche buona pagina tranquilla e umana su Papini l’abbiamo anche letta: e vuol esser ricordato, per tacere di Prezzolini e di Allodoli, un corsivo che Antonio Baldini scrisse su un giornale di Roma il dì che andò sposa la prima delle figliole del nostro (era proprio una di quelle pagine che si vorrebbe ogni tanto riaver sott’occhio, e c’era dentro il vero Papini, l’uomo Papini, il padre e il poeta).
Adesso di pagine sul Papini autentico, liberato dalle sovrastrutture della leggenda, svestito dai panni dell’orco, ne ha scritte cinquecento tutte insieme Alberto Viviani, autore della prima completa biografia papiniana: la intitola Gianfalco (editore Barbera, Firenze - L. 15) perchè Gianfalco è il nome col quale Papini giovane firmò i suoi primi articoli, quelli, ad esempio, del Leonardo che cominciò ad uscire nel gennaio del 1903, trentun anno fa. Alberto Viviani è autore di un altro libro, le Giubbe rosse, un famoso caffè fiorentino che si può accostare all’Aragno della terza saletta: e il libro, felice contributo alla storia psicologica e aneddotica delle nostre lettere nel primo quarto del secolo, è il prologo necessario e chiarificatore della odierna biografia papiniana. La quale inquadra nel migliore dei modi, cioè senza tono apologetico, come senza pretese critiche e quasi senza corollari polemici, il Papini artista attraverso tutte le sue opere edite e inedite e il Papini uomo attraverso la conoscenza personale, un’amicizia più che ventennale, e attraverso preziosi documenti inediti che il Papini stesso ha fornito al Viviani. Dunque una biografia, per cosi dire, autorizzata dall’interessato. E può darsi che più d’un lettore in cerca di materiale scandalistico provi urta delle maggiori delusioni della propria esistenza.
Ma il libro è chiaro, semplice, e in un certo senso coraggioso. Queste doti di chiarezza e di semplicità sono ideali nella biografìa d’un uomo che ha « saputo » anche lui la sua parte di tempeste e ha impegnato battaglia ogni cinque minuti. Perchè i biografi dei contemporanei, encomiastici o stroncatori che siano, sono tratti, fatalmente si direbbe, a mettersi sul medesimo piano psicologico e spesso anche stilistico del biografato, a scrivere e a parlare come lui. Il Viviani, impegnandosi nella biografia d’un uomo della taglia di Papini, irrequieto se mai altri ci fu, e dunque facilmente tentato a riprenderne i motivi polemici e a svilupparli, ha saputo mantenersi al di qua della linea di combattimento, accontentandosi di raccontare senza prender partito. Le poche volte che lo prende (per esempio, net capitolo XIII sul programma nazionalista e sui rapporti Papini-Prezzolini con Enrico Corradini e col Regno), s’avverte una soluzione di continuità nell’armonia del libro, una rottura d’equilibrio.
Infanzia di ragazzo timido e selvatico. Leggerà molto, alla rinfusa, e la sua prima biblioteca circolante sarà una cesta di libri polverosi scovata in una soffitta. Soldi da spendere non ne ha, e i volumetti dell’Universale Sonzogno a tre soldi sono il suo viatico (ma in quella collana popolare si accoglievano da Chamisso a Hebbel e a Cecov molti grandi scrittori europei ignoratissimi dalla media cultura sin quasi alla vigilia della guerra). Un giorno un compagno gli racconta che in città esistono dei palazzi con sale bene illuminate e con poltrone comode dove i libri si possono avere senza tirar fuori un centesimo, col semplice disturbo di richiederli ad un omino che sta dietro uno sportello. Gianfalco quasi non crede, tanto la notizia gli par bella. Finalmente si decide a salire uno scalone di pietra e a riempire una scheda. L’omino gli domanda l’età. Quindici anni, balbetta Gianfalco che ne ha soltanto tredici. « Non bastano, torni fra un anno » sentenzia l’omino. E Gianfalco se ne va umiliato. Torna dopo alcuni mesi e chiede come prima lettura un libro del Canestrini su Darwin. « Era tale — ha raccontato il protagonista — lo smarrimento e il piacere e lo stupore o il senso d’essere divenuto ad un tratto come più grande e più uomo che quasi per un’ora non riuscii a capire nulla nel libro che avevo dinanzi ». Idee precise non ne ha. È uno che vuol semplicemente sapere tutto. Gli vien voglia di farsi un’enciclopedia per suo uso e consumo, ma un’enciclopedia dove il tutto c’entri davvero. A luglio, chiuse le scuole, si mette sotto a sgobbare. A, Aa, Ab, avanti alla caccia di tutte le parole che cominciano per A. Un paio di mesi di lavoro accanito. All’Ad si ferma: lo soccorre la ragione. Pensa ad una grande storia « di tutte le cose e di tutte le attività », e abbandona anche questa. (L’avventura non doveva ripetersi suppergiù molti anni dopo col Dizionario dell'Omo Salvatico, ancora fermo al primo tomo?). Intanto Gianfalco, di tentativo in tentativo, di rinuncia in rinuncia, finisce per passare senza scomporsi dal tutto allo specialismo, dalla sapienza completa ad una letteratura sola, dalla storia del mondo ad una critica del Poema del Cid.
Per l’esattezza cronologica, il primo passo nella vita letteraria va assegnato al 1895. Gianfalco legge un giorno una poesia di Victor Hugo, la riscrive in italiano in prosa, lavorandoci con un po’ di fantasia, e la stampa su un giornaletto per ragazzi. A pie’ di pagina il suo nome e cognome in tutte le lettere, Giovanni Papini. Due anni dopo Gianfalco uscito di nido farà gemere i torchi davvero. Conoscerà, poco più avanti, il delicato poeta Diego Garoglio, umanista e umanitario, spirito largo e generoso, che gli sarà maestro di vita e di pensiero; conoscerà Giuseppe Prezzolini, ribattezzato Giuliano il Sofista (come tale firmerà gli articoli del Leonardo). Conoscerà Domenico Giuliotti, ma la conoscenza non sfocierà nell’amicizia che vent’anni dopo.
Da questo momento l’avventura papiniana ha capitoli che si confondono nella storia letteraria culturale e politica dell’Italia principio di secolo: il Leonardo, il programma nazionalista, il pragmatismo, il periodo vociano, la reazione rivoluzionaria di Lacerba (si veda su questo «episodio» la documentazione del Viviani nel citato volume Giubbe rosse), l’esperienza futurista, la campagna per l’intervento.
Siamo poi al riavvicinamento cristiano, alla conversione, a Papini cattolico militante. Nella fede Gianfalco risolve l’apparente contraddizione di tutta la sua vita, il suo tormento spirituale, che ha nell’Uomo finito (capito allora da pochi lettori) la testimonianza più commovente. « Ricerca perpetua dell'Assoluto e non ricerca di verità particolari e relative, ma certezza » dice il Viviani. Fu questa sete che nel 1908 lo spinse verso la corrente modernista la quale preparava alla Chiesa uno dei momenti più critici. Ma seppe frenare le impazienze, osservò, pensò, la sua convinzione vacillò e si dissolse. Lo aspettava Damasco, e la luce.
Giovanni Papini quando aveva sei anni (da una fotografia del 1887)
Papini in una caricatura eseguita da Ardengo Soffici, nel caffè fiorentino delle « Giubbe Rosse », al tempo di Lacerba (1913)

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 17.01.34

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Una biografia di Papini,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1441.