Invito editoriale al romanzo "collettivo" (dettagli)
Titolo: Invito editoriale al romanzo "collettivo"
Autore: Valentino Bompiani
Data: 1934-03-14
Identificatore: 1934_107
Testo:
Invito editoriale al romanzo “collettivo„
Secondo l’esempio di maestri come Emilio Treves o Angelo Sommaruga, sta nei compiti dell’editore, in primo luogo cercar d’intuire gli orientamenti e in secondo luogo eccitare la produzione nei campi e nel senso previsti.
Alla domanda « Dove va il romanzo? », che anche noi, naturalmente, ci siamo posta, se dovessimo rispondere d’istinto, diremmo, con altri, che il romanzo tradizionalista, biografico, psicologico è al tramonto e per ragioni molteplici. Pare assurdo che oggi taluno possa considerare se stesso isolatamente. Anche nella vita del più sperduto contadino penetra il tremito della vita mondiale. D’altro lato, il cinema già soddisfa la curiosità della folla per il caso particolare, per il « lembo di vita », e dalla sua psicologia superficiale, che non impegna l’intelligenza di chi guarda, si vuol passare, con il libro, all’altro estremo, alla psicanalisi, chè nella psicologia media siamo tutti maestri. Ma lo stesso freudismo, vera bombola d’ossigeno per l’agonizzante romanzo d’anime, appare, riferito alle lettere, in declino. Infine, le lotte di classe, ricchi e poveri, plebe e nobiltà risuonano al nostro orecchio come argomenti medievali o bizantini.
All’inverso, appare sempre più urgente che qualcuno ci spieghi quel che accade in noi in rapporto a quel che accade intorno a noi. Epperò diremmo che il romanzo in formazione, il romanzo di domani dovrebbe essere il racconto di fatti collettivi, oppure la proiezione sulla massa di fatti individuali; in altre parole o sociale o corale. Diremmo che ci sembra più facile esso nasca dalla politica che dall’amore, dalle lotte di razza che dal contrasto di sentimenti individuali. Pare che la fantasia vada cedendo terreno alla conoscenza tecnica o scientifica e che sia più probabile, infine, che il romanzo rappresentativo del nostro secolo sia scritto da un medico piuttosto che da un letterato.
Ma con simile risposta ci accorgiamo di aver giocato d’azzardo col futuro, rosso o nero, pari o dispari, secondo chi sa quali elementi, residui di letture, di polemiche, di frasi fermentati a distanza. Se, in mancanza di meglio, un certo credito all’istinto Va dato, mette conto almeno di collaudarne la previsione. Volutamente sceglieremo il materiale sperimentale soltanto fra gli scrittori stranieri.
Con un procedimento un poco sbrigativo e alquanto empirico tracciamo un triangolo isoscele, mettendo agli angoli della base, da una parte Proust e dall’altra Joyce, accettati, per comodo di discussione, come i progenitori del nuovo romanzo. Il primo ha cercato il tempo nella società attraverso l’infinitamente vasto; il secondo lo ha cercato nell’individuo, attraverso l’infinitamente minuto.
Secondo la geometria, dovremmo trovare al vertice un angolo risultante; secondo la logica una formula riassuntiva che esprimesse nello stesso tempo l’individuo e la società, l’infinitamente vasto e l’infinitamente minuto.
L’accento della formula, altrimenti tanto comprensiva da poter essere applicata in ogni caso e a tutte le aspirazioni letterarie, l’accento cade sulle parole nello stesso tempo, che vuol dire insieme e contemporaneamente.
Se ora osserviamo gli scrittori di avanguardia più celebrati e discussi, (sempre limitandoci agli stranieri) i Doeblin, i Kastner, i Dos Passos, i Malraux, i Körmendi e cerchiamo, saltando all’aritmetica, un loro minimo comun denominatore, ci pare proprio di trovarlo nel tentativo di conciliare i due termini: l’individuo e la società; il vasto e il minuto. E intorno a questi astri maggiori non solo si possono radunare altri numerosi esempi come Hauser, Brunngraber, Traven, Hilton, ecc. ma anche richiamare i casi di scrittori più o meno tradizionalisti i quali hanno compiuto un rivolgimento in direzione analoga.
La formula va bene, in ogni caso, per qualche cosa fuori sì della letteratura ma già profondamente insita nel tempo che diciamo nostro, qualcosa che esercita oggi, e più lo potrà domani, un’influenza non trascurabile sulle lettere, ancor più vasta di quella che ebbe sulle arti, quando sorse, il grande giornalismo.
Un oggetto familiare può darci oggi, nello stesso tempo l’infinitamente vasto e l’infinitamente minuto, la voce del singolo e l’urlo delle folle, ed è la radio. Dal giornalismo nacque Defoe, nel senso che portò la più vasta cronaca nella letteratura; dall’idea della radio si direbbe scaturito Dos Passos. Il suo romanzo « 42 parallelo » ripete nella sua struttura l’esatta proiezione su di un piano orizzontale di un apparecchio radiofonico: ogni capitolo — persone, luoghi, avvenimenti diversi e indipendenti — corrisponde a una stazione, a una lunghezza d’onda. Nessun legame o quasi tra capitolo e capitolo, tra vicenda e vicenda. Eppure l’opera è unitaria, tenuta assieme dal senso della radio; cioè, intorno alla voce sonora di pagina in pagina espressa, alitano, concentriche, innumerevoli voci umane. Come nella radio.
Non si vuol dire che al vertice del triangolo s’ha da mettere Dos Passos, nè che questo procedimento tuttavia un po’ meccanico rappresenti la definitiva architettura del nuovo romanzo, bensì indicare pure nella tecnica la tendenza a liberarsi dell’impaccio della biografia, della costruzione a cerchio come « Madame Bovary », per intenderci, l’avvio verso forme aperte e nuove al fine di prender contatto con quanto più mondo, con quanta più vita si può nel minor tempo. Come ci accade nella vita.
Potrebbero trovarsi esempi analoghi in ogni altro paese letterario. Ne citeremo ancora uno tedesco e uno inglese, per meglio indicare in quali forme svariate la tendenza di cui parliamo possa esplicarsi. Rudolf Brunngraber, giovane scrittore tedesco, nel suo « Karl e il Ventesimo Secolo », racconta la vita di un uomo qualunque insieme con la storia politica, economica e sociale dell’ultimo quarantennio. Amore e statistiche di produzione, razionalismo e conflitti d’anime, lotte di classe e vicende familiari sono intrecciati nel romanzo come lo sono state nella vita del suo protagonista. In « Contango » di James Hilton, serie di racconti staccati che la ripetizione di qualche personaggio non basterebbe a legare, l’unità è raggiunta con un altro elemento: il caso. Un colpo di vento è causa di un assassinio nel primo racconto e tutto il libro è percorso e fasciato dal vento della fatalità.
A chi osservasse che il romanzo sociale lo ha già inventato Balzar, risponderemmo subito, per evitare equivoci, che la posizione di chi scrive si vorrebbe che fosse diversa: non polemica ma interpretativa. Non si cerca il « medico », come lo chiamò Sainte-Beuve, ma il registratore selettivo. Altro precedente invece potremo richiamare, quello delle saghe medioevali islandesi. In esse chi narra non è l’ignoto redattore, ma una collettività che avvolge i protagonisti e ne integra le azioni, come nella realtà ne condiziona la vita. In esse invano cercheremmo l’autore, onnisciente grazie ad una convenzione che non c’infastidisce più ma che ormai, dato il perire della fantasia, è inaccettabile; troviamo invece molteplici testimoni che sanno, perchè videro, questo o quell’episodio. Così sa, per udito, la radio; così potrebbe sapere, per semplice scelta del materiale vita, il nuovo romanziere. Una struttura simile, infine, ai libri moderni di sole fotografie intorno ad un unico soggetto, nei quali l’autore non intervenga più per il racconto, che è documentario, ma solo per il taglio e per gli accostamenti, che diventano l’interpretazione dei fatti.
Abbiamo qui esposto alcune considerazioni secondo le quali sembra a noi che una letteratura « aderente alla vita », come si suol dire, sia artisticamente necessaria e già in atto. Ad essa daremo dunque la nostra preferenza di editori nella scelta dei libri da pubblicare.
Sappiamo che l’arte con una sua sola creazione può dare una clamorosa smentita ad ogni previsione logica. Ma nell’attesa, preme a noi, editori, tracciare una strada che ci conduca ad una mèta, con maggior probabilità di tentativi alla cieca.
Valentino Bompiani.
Collezione: Diorama 14.03.34
Etichette: Valentino Bompiani
Citazione: Valentino Bompiani, “Invito editoriale al romanzo "collettivo",” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1472.