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Titolo: I libri della settimana

Autore: Leo Longanesi, non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1934-04-04

Identificatore: 1934_168

Testo: I libri della settimana
Baldini a Parigi
Che Parigi non sappia far altro? « In una sala da ballo popolare il vecchio famoso Bal Bullier, un figurina di donna piena di slancio e di brio, con un velo color di rosa sulle spalle nude, fra le braccia d'un boxeur negro, va sul filo della musica come una rondine. Quando poi la vedo di faccia, m'accorgo che a dir poco avrà sessant’anni. Parigi fa un po’ quell’effetto. È vecchiottella, ma bisogna pur dire che balla ancora divinamente ». Giustappunto il libro nel quale Antonio Baldini raccoglie i suoi articoli su Parigi si intitola La vecchia del Bai Bullier: lo ha stampato « L'Italiano » nelle sue belle edizioni e lo ha illustrato Maccari con una serie di gustose testate. Abbiamo in 170 pagine una guida della ville-lumière ad uso del viaggiatore che arriva sulla Senna dal Tevere, dal Po, dall'Arno e dal Naviglio: piena di gustose osservazioni, di spassosi commenti, di quadretti vivaci, di sintesi acute; il diario scanzonato dal finto provinciale che non ha nulla da imparare e non può stupirsi di nulla perchè viene dalla città più illustre e provveduta del mondo, il cui influsso universale ha radici assai più profonde e lontane che non quelle della moda, dello snobismo, del piacere e degli immortali principi. Custode e vindice di essi di fronte all'umanità contemporanea, Parigi sta ancora in campo come se dal 1914 ad oggi non fosse successo nulla. Le pare impossibile che stia per scoccar l’ora in cui dovrà cedere definitivamente lo scettro d'una supremazia spirituale, la cui barca sta da anni facendo acqua da tutte le parti, e rassegnarsi a relegare in soffitta molte delle idee nelle quali ha creduto e che ha esportato in abbondanza. Il volto di Parigi, si ostina ad essere ancora quello delle stampe romantiche e la sua anima quella del secolo passato. « L'Ottocento sta qui veramente di casa sua » dice Baldini, e sfrattarlo non sarà facile. « In questa fucina di tutte le mode, in questa gigantesca stazione di smistamento di tutti gli ardimenti e trucchi avveniristi, l’aria del vecchio ballo Excelsior rigalleggia in modo impressionante. Continuamente, andando in giro, vedo dei tipi e delle scene che paiono ricalcati sulle vignette di certi vecchi libri di lettura che le suore francesi davano in premio a mia sorella. Tutto ciò è molto riposante. Bighellonando per Parigi ho continuamente l’impressione, e questo è già un mezzo paradiso, di ricordarmi di quando non ero nato ». Trovar riposante Parigi può sembrare un paradosso, ma in realtà questa enorme città piena di enormi contrasti (la sbornia dei nuovo e l’aura consolatrice dell'antico) è sempre ferma dove arrivarono un secolo e mezzo addietro le sue avanguardie. E oggi il resto dell'umanità ha camminato avanti. Il giorno che Parigi e la Francia cercheranno di mettersi al passo con gli altri, ciò non avverrà senza sconvolgimenti. I fatti di questi ultimi mesi ne sono il preannunzio. Intanto ha fatto bene Baldini a dare alle stampe il suo libretto arioso ed estroso: non potrebbe giungere in un momento più opportuno. C’è dentro molta intelligenza e, senza darsene l'aria, anche più d'un avvertimento e qualche intenzione documentaria (si leggano, per esempio, il capitolo dedicato ad alcune cerimonie della parte monarchica, e l'appendice che lo integra). Ça c’est Paris come la. vede un italiano del tempo nuovo che sa stare in guardia contro le troppo rapide assimilazioni: e sotto questo aspetto il cap. VIII coi suoi incontri italiani mette voglia di citarlo tutto.
Intanto chi ha detto che Antonio Baldini è uno scansafatiche, un michelaccio, uno che sta in panciolle dalla mattina alla sera? Aprite il libro di Parigi e subito nelle prime pagine troverete un programma di lavoro che impegna il nostro fino al 1940. C'è tutto, genere e titoli delle opere che Baldini prepara: romanzi, drammi, saggi letterari e filosofici, persino, pare, un racconto poliziesco. Se sono rose, le vedremo fiorire.
È uscito: La vecchia del Bal Bullier di Antonio Baldini. (Dis. di Longanesi).

Il romanzo di Segantini
Questo è il secondo bel romanzo lombardo che ci avviene di leggere nel giro di alcuni anni (il primo è Giovannino di Mario Viscardini). Romanzo lombardo, dicevamo. E l'autore nelle pagine introduttive (Raffaele Calzini: Segantini: romanzo della montagna Ed. Mondadori, Milano 1934 - L. 15) dichiara che fu spinto a scriverlo anche da una ragione sentimentale, sentendosi, dopo tanto internazionalismo vagabondo, ricondotto da attrazioni invisibili al suo paese, alla sua gente: « mi accinsi a scrivere un romanzo lombardo una storia dei milanesi che oltre le guglie della montagna rosea costruita dagli uomini cedono nelle belle giornate di marzo azzurreggiare e biancheggiare le cime della grande montagna creata da Dio ». L'eroe del romanzo è appunto un uomo della montagna, il pittore Segantini, i cui atteggiamenti mistici e le cui deviazioni simboliste si capiscono conoscendo l'ambiente nel quale si svolsero: « le caratteristiche di Segantini, uomo e artista, dipendono dal suo esser nato in una vallata, figlio di montanari, dall’aver vissuto per anni sulle cime per tornare a morire tra i monti... I motivi della sua desolazione, della sua disperazione, della sua felicità e della stessa sua predicazione artistica, prendono colore e luce, vigore e nutrimento dalla terra in cui affondavano quelle pesanti scarpacce di montanaro in cammino ». Nel romanzo il Segantini procede col suo tempo e col suo paesaggio, dall'infanzia alla morte, e la montagna pallida e lontana che fa appena capolino nei sogni di Segantini bimbo giganteggia nell’agonia di Segantini uomo.
Ecco dichiarati, con le parole stesse dell'autore, i propositi ed i limiti del libro: che intesse la biografia del pittore sulla descrizione d’una città e l'analisi dei caratteri di un'epoca, l’ultimo Ottocento nel quadro di Milano, centro borghese che si prepara a prendere il comando delle leve economiche del paese. Il tema del passaggio di Milano da capoluogo di regione a grande città moderna a tipo industriale era piaciuto a, Gerolamo Rovetta e il suo scampolo di « commedia umana » ne riflette alcune fasi. Il Calzini si preoccupa soprattutto di rendere il segreto spirituale della operosa gente lombarda alla quale appartiene, di evocare i motori lontani della sua mirabile attività; e il personaggio da lui scelto per farne centro dell'azione è un’espressione tipica di questa gente, un simbolo delle sue qualità positive ed ideali.
Il Calzini accompagna il pellegrinaggio terreno del suo eroe con profondo senso lirico della sua avventura spirituale, della genesi e dello sviluppo del suo dramma, e raggiunge frequentemente effetti di alta e sobria commozione che si chiudono mirabilmente sulle ultime pagine.
Nel romanzo l'elemento fantastico e lirico e l'elemento biografico e documentario si fondono nella aderenza. tra realtà ed interpretazione che il Calzini raggiunge qui come in alcune delle sue novelle migliori (scrittore di novelle bellissime per le quali meriterebbe fama superiore a quella che ha, il Calzini ci dà ora il suo primo romanzo, e la prova è molto felice), rendendo superflua la ripresa dell’eterna polemica sulla collusione tra storia e prosa narrativa. Anche il racconto del Calzini si svolge e si sviluppa fantasticamente intorno ad un nucleo di verità umana (vi incontri personaggi, alcuni dei quali tuttora vivi, col loro nome e cognome, e vi sono riprodotti scritti di Segantini e dei due Grubicy), e se qualcuno vuol chiamarlo storia romanzata si accomodi. L’importante è che la poesia vi trovi il suo clima. Diceva il Manzoni, che l'essenza della poesia non consiste nell’inventare dei fatti, la quale invenzione è quanto c'ha di più facile e di più comune nel lavoro dello spirito.
RAFFAELE CALZINI
SEGANTINI
ROMANZO DELLA MONTAGNA
(Dis. di Vellani-Marchi).

Corrispondenza di Cechov
Mentre a Leningrado si danno alle stampe le lettere, finora inedite, di Anton Cechov alla moglie attrice del Teatro d’arte, in Francia Denis Roche continua l'edizione delle Opere complete del Cechov col 17° volume che comprende l'epistolario dal 1876 al 1890: (Antone Tchékhov: Oeuvres complètes, t. XVII. Correspondance, I - Librairie Plon, Paris 1934 - fr. 16, 50). Nel piano generale dell'edizione francese alla Corrispondenza sono assegnati tre volumi. Questo primo, che abbraccia poco meno di tre lustri, mostra l’unità dell’opera e della vita presso il grande scrittore russo, lascia vedere nelle lettere la stessa mirabile semplicità che costituisce il merito dei suoi racconti. Ad ogni momento il rispetto inalterabile di Cechov per il mestiere letterario vi si rivela, ed egli vi si mostra sempre pronto a parlare di letteratura con ciascuno dei suoi corrispondenti, mantenendosi in quello stato di sottomissione morale che l’umiltà dell’esistenza letteraria d’allora giustificava. Tutto l’ambiente nel quale si formò lo scrittore è presente; Nicola Leikine, l'umorista direttore di piccoli giornali dove Cechov esordì e dei quali alimentò per anni tutte le rubriche: il drammaturgo Juan Chtcheglov ch’egli si ostina a voler staccare dal teatro per ricondurlo alla letteratura mentre egli stesso, Cechov, per un movimento inverso, si sposta dalla letteratura propriamente detta verso il teatro; il poeta Plechtcheiev che gli aprì le porte delle grandi riviste; Alexis Suvrine che incoraggiò, con Grigorovitch, il suo talento e lo chiamò al Novoie Vremia; i suoi fratelli, Nicola, buon pittore, e Alessandro, scrittore anche lui; gli altri famigliari. In questo primo volume di lettere, vediamo ancora Cechov esitante tra la professione letteraria e la professione medica (egli, del resto, da prima si mise a scrivere per aggiungere qualche guadagno alle rendite domestiche); poi lo vediamo abbandonare a poco a poco i piccoli racconti per affrontarne alcuni di maggiore impegno, assistiamo alla nascita di novelle come La steppa e Il giorno di festa, dei drammi Jvanov e Zio Vania, del racconto Una storia banale Che è la prima delle sue composizioni più forti. Cechov si avvia ormai verso la celebrità, ottiene il premio Puskin, e assalito dai primi sintomi del male che non lo abbandonerà più. Sensibilità specifica la sua, sempre china sulla sofferenza umana ch'egli conosceva in virtù della sua professione di medico ma anche perchè egli stesso era malato e povero. Sensibilità che la Corrispondenza illumina in pieno, insieme con l’atteggiamento di Cechov di fronte al dolore che non è mai un atteggiamento drammatico e d'altra parte non eccede neppure nella rassegnazione.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 04.04.34

Citazione: Leo Longanesi e non firmato (Lorenzo Gigli), “I libri della settimana,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1533.