Pelliccia (dettagli)
Titolo: Pelliccia
Autore: Massimo Bontempelli
Data: 1934-04-04
Identificatore: 1934_167
Testo:
Pelliccia
La forestiera salendo le scale guardava tutte le scritte sugli usci, e al secondo del terzo piano trovò il nome che cercava: venne ad aprirle una signora dall’aspetto di giovane vedova. La forestiera mormorò: — Ero venuta per la pelliccia, è qui? —. La vedova rispose con gentilezza:
— Entri.
La vedova non sorrideva perché era tutta compresa della sua condizione di signora impoverita, la forestiera sorrideva come uno che cerca di farsi perdonare. Dal vestibolo squallido le due donne entrarono in un salotto in penombra con mobili neri come la pece e cuscini rossi. La vedova disse: — Vado a prenderla —; sollevando una portiera a strisce, uscì dall’altra parte.
La forestiera rimase in piedi. Ora non sorrideva più, ma fissava il margine d’un tavolino d’ebano; poi vi appoggiò sopra una mano.
* * *
E tutt’a un tratto senti un disagio, di colpo alzò il capo senza sapere perché e guardò verso un angolo buio. Allora il cuore le sussultò, perché da quel buio due occhi lucidi la fissavano.
Non ebbe il tempo di dare un balzo indietro, che la portiera a strisce di nuovo si apriva; e così battendo un poco di luce nell’angolo buio, ferma vi stava una ragazzina, che lei prima non aveva scorta. Ma il cuore ancora per un poco le batté in disordine, ed ella stentò a riprendere il suo sorriso verso la vedova sopravvenuta.
La vedova portava sul braccio la pelliccia; non senti nulla nell’aria; disse alla ragazzina: — Va’ di là, Giulia —, come fosse una cosa da niente. Volgendosi verso Giulia, la forestiera vide quello sguardo elettrico di rancore lanciato ancora su lei, la corse un nuovo sgomento. Giulia traversa gelidamente la stanza e scompare.
* * *
Ora la forestiera s’abbandonò tutta nell’esame e nella contemplazione della pelliccia. (Da dieci anni desiderava con spasimo di possedere una pelliccia). La vedova e la forestiera insieme spiegarono e sollevarono con religione il maestoso mantello. Non erano ancora colui che vende e colui che compera: per qualche tempo non furono se non due donne concordi nella contemplazione appassionata di un indumento di lusso. La pelliccia era molto bella; elastica e fulgida, corsa da vene di tepore come da un sangue: molto più viva di quando è stata animale fuggente entro gli anfratti dei monti. Ora la hanno stesa sopra il divano: le quattro mani vi passavano sopra con tenerezza, il pelame al passaggio si comprimeva un attimo e mollemente ritrovava il respiro, come l’erba a un poco di vento.
Allora la vedova indossò la pelliccia e s’allontanava fino al muro, la apriva e richiudeva, tornava a passi lenti, perché l’altra vedesse l’effetto. Poi fu la volta della forestiera. Se la strinse attorno chiudendo gli occhi con una voluttà infinita e pudica, come si stringe tra le braccia la prima volta un amato. Finalmente le due si ricordarono del loro compito, entrarono ognuna nella parte sua. In verità, la vedova si vergognava a vendere la pelliccia e la forestiera si vergognava a comperarla. Mormorò: — Quanto?
L’altra susurrò: — Non glie lo hanno detto?
— Sì, mi pare... dodicimila?
— Appunto.
— Va bene.
Tacquero. Erano ancora in piedi, davanti al divano occupato tutto dalla pelliccia. forestiera si peritava ad aprire la borsetta ove teneva la busta col danaro già pronta. Alla vedova rampollava in fondo al cuore un rimpianto lacrimoso del tempo più fortunato. Dopo un lungo minuto, disse: — Non vuole sedere un momento?
— No no — protestò in furia la forestiera. E rapidamente estrasse la busta: improvviso l’aveva invasa la smania che la pelliccia fosse sua presto, del tutto, fuori di là (da dieci anni aspettava con spasimo). Ma temè d’essere stata sgarbata, aggiunse, più dolcemente: — Temo d’aver fatto tardi.
* * *
E alzò gli occhi verso l’altra. Così a un tratto vide la portiera di nuovo alzata: incorniciata in quella, Giulia immobile la fissava come già prima, con quel nero odio lucido e fermo. La forestiera rimase con la mano e la busta a mezz’aria. La vedova s’accorse dello sguardo di lei e si voltò; gridò: — Giulia! —. Giulia girò quello sguardo carico contro la madre, poi contro la pelliccia, le sue piccole spalle sussultarono, nascose la faccia, e di nuovo fu scomparsa.
Di qua le due donne si guardarono, poi i loro sguardi in fretta si fuggirono. Un gelo le premeva dentro, l'una e l’altra; ma pensando d’essere guardata ognuna si sforzò di sorridere, poi sentendo il proprio sorriso nel gelo aveva paura, e tutto stava fermo.
A un tratto si sentirono dall’altra stanza due o tre tonfi di cose abbattute. Le due donne si sentirono sollevate. La vedova ebbe un movimento per andare di là, porsi trattenne, arrossi, e sùbito si mise a parlare con abbondanza:
* * *
— Deve scusarla — (tese l’orecchio) — ora, sente? s’è chetata; deve scusarla; quando abbiamo cominciato a vendere una cosa o l’altra non ci aveva mai fatto caso, ma quando ho mandato in giro la voce che vendevo la pelliccia, non finiva più di piangere, non voleva a nessun costo. Sa, da quando è morto mio marito, sono due anni, mi sono ritirata, non la metterei mai più: allora Giulia ha cominciato a dire che la pelliccia era per lei quando sarà grande. Non ha ancora tredici anni, immagini, e già sta a pensare quando avrà marito e potrà portare la pelliccia. Io la capisco, è piccola, non si rende conto quante cose posso sistemare io con queste dodicimila lire — sì, grazie, vanno bene —; lei aveva altre abitudini, pensi che mio marito tre anni fa l’aveva pagata trentamila. Ho fatto male a lasciarle mettere quell’idea, con le ragazze non si sa mai che cosa... no, ora s’è chetata, vede? — (tese nuovamente l’orecchio, arriva di là un freddo infinito silenzio) — s’è chetata davvero — (ma una volta ancora tese l’orecchio, troppo silenzio era, quasi non si capisce) — s’è chetata e son certa che domani non ci pensa più. Perché non vuole sedere un momento?
— No, debbo andare — ripetè recisa la forestiera. Tutto questo ora le dava un grande fastidio. Aveva aperta e consegnata la busta; aveva raccolta e posta la pelliccia sul braccio, mentre l’altra parlava; era pronta, che facciamo qui?
— Scusi, le faccio strada.
Traversarono il vestibolo squallido, e la vedova mandò un grido di spavento vedendo che l’uscio di casa era spalancato.
— Forse — dice la forestiera — quando ha aperto a me, s'è dimenticata di richiudere.
* * *
— È impossibile! — urla la vedova come forsennata.
Corre di là, per tutte le stanze della casa strillando: — Giulia! — s’affaccia alla finestra e chiama e nessuno risponde; tornò in corsa, affannata gridava: — Scendiamo —. Si precipitò giù per le scale, l’altra con la pelliccia sul braccio stentava a tenerle dietro. La portineria era chiusa, la strada deserta, la madre corse folle qua e là, cercò febbrilmente; ma ogni ricerca fu inutile, allora e nei giorni e negli anni che seguirono. Certo la madre è impazzita, non so; di Giulia non s’è trovata mai la menoma traccia, di Giulia fuggita, di Giulia perduta, Giulia forse vanita nel niente quando le hanno strappato il luminoso desiderio di cui s’era fatta la vita.
Massimo Bontempelli.
Collezione: Diorama 04.04.34
Etichette: Massimo Bontempelli
Citazione: Massimo Bontempelli, “Pelliccia,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 23 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1532.