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Titolo: Poeti e scrittori in pillole

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1934-06-20

Identificatore: 1934_275

Testo: ANEDDOTI LETTERARI DI TUTTI I TEMPI
Poeti e scrittori in pillole
Non faremo il torto ai nostri lettori di spiegar loro il significato corrente della parola « aneddoto ». Ma il significato etimologico è quello di cosa inedita e quindi ignota ai più (vero è che i collezionisti d’aneddoti non badano troppo per il sottile in fatto di novità... ). Poi venne ad aggiungersi un altro significato, che è quello, meno usuale, indicante scritti non prima pubblicati o per il loro carattere intimamente segreto o perchè la loro pubblicazione era stata ritardata da cause occasionali ed estrinseche: una raccolta aneddotica in questo senso è quella del Muratori (1697-98) intitolata « Anecdota ex Ambrosianae Bibliothecae Codicibus ». Il terzo significato, quello corrente che tutti conoscono, sta ad indicare o particolarità storiche poco note o brevissimi racconti di tipo prevalentemente gaio ed epigrammatico riferentisi spesso a personaggi e fatti reali. « Proprio dell’aneddoto è l'esser vero o passar per tale », dicono le enciclopedie; o se vogliamo togliere una bella definizione dal benemeritissimo Tommaseo, eccola: « Fatterello non ancora conosciuto dai più che scrivesi o raccontasi per appagare l’altrui curiosità»; il quale Tommaseo poi precisa che l’uso moderno dell’aneddoto ci venne dal francese, e aggiunge a mònito che « la storia non si fa d’aneddotucci, ma i particolari minuti aiutano alla vita e alla moralità della storia ».
Da Anacreonte a Cicerone
Ecco perchè abbiamo subito preso a sfogliare con molto interesse diretto (che miniera per chi vuol far bella figura in società, per le persone di mondo, per le signore intellettuali, magari anche per più d’uno scrittore e per qualche avvocato che ami infiorare le sue arringhe di tratti di spirito attribuiti a Tizio e Caio personaggi illustri! ) la Enciclopedia degli Aneddoti ordinata da Fernando Palazzi in due grossi volumi in ottavo (ed. Ceschina, Milano, L. 100). Non è una facile raccolta di barzellette, ma un’opera organica e metodica (del resto il nome del Palazzi è garanzia della serietà del lavoro) che è costata anni di ricerche. Ed è forse la prima volta che in Italia si tenta un’impresa di così vasta mole, di organizzare metodicamente un numero così cospicuo di aneddoti storici. Sono ben 1800 personaggi, dall’antichità ad oggi, sorpresi nella loro intimità più espressiva. Noi abbiamo chiamato subito a rapporto la letteratura, servendoci del ruolino o indice analitico finale, e ne sono risultati curiosissimi incontri.
Il primo a rispondere all’appello è stato quel mattacchione di Anacreonte, poeta del vino e della vita facile. Un giorno Policrate, tiranno di Samo, gli regalò una somma di quattro talenti. Il poeta passò due notti insonni a pensare che cosa poteva fare con quella somma, e al mattino dopo rimandò i talenti a Policrate facendogli dire: « Il dono è ricco, ma il sonno vale assai di più ». Con questa risposta Anacreonte merita di passare alla storia anche come filosofo spicciolo; perciò gli poniamo accanto Antistene, il fondatore della scuola cinica, a cui fu un giorno domandato quale fosse la migliore istruzione. Ed egli rispose: « Disimparare il male ».
In questi tempi di polemiche letterarie non va dimenticato neppure il poeta e grammatico Callimaco, il quale giudicava del valore dei libri secondo il loro volume, seguendo questa regola che egli diceva infallibile: « Più un libro è grosso e più sciocchezze contiene » (dedicato ai paladini del roman fleuve).
Nè scampa all’aneddotica il magno Aristotile che respingendo le dottrine del suo antico maestro Platone: diceva: « Amo Platone, ma preferisco la verità ». Ne: è venuto fuori il proverbio latino Amicus Plato sed magis amica veritas, in contrasto con la cieca fede platonica di Cicerone che di Platone aveva tanta stima da dire: « Preferisco sbagliarmi con Platone piuttosto che aver ragione con altri filosofi ».
Religione di Dante
E veniamo allo stato maggiore delle nostre lettere, che nell' Enciclopedia figura compatto, Dante in testa, per finire con Gabriele d’Annunzio e con gli scrittori della sua generazione.
Di Dante si racconta che ascoltando un giorno la messa non s’inginocchiò nè si tolse il cappuccio all’Elevazione, sì che alcuni malevoli lo accusarono al Vescovo di empietà. Chiamato dal Vescovo e udita l’accusa, Dante rispose: « In verità avevo l’anima raccolta in Dio da non sapere quali atti il mio corpo compiesse. Ben quelli che vennero a te per accusarmi dovevano avere la mente lontana da Dio, poiché si curavano della mia persona». Risposta degna di Colui che vide così da vicino le cose altissime. Gli tiene dietro il Petrarca il quale invece tutto vedeva sotto specie letteraria, benchè poi capisse la vanità della letteratura e spesso si ribellasse alla sua menzogna, desideroso del vero. « La menzogna dell’ eloquenza! », esclamava talvolta. Ma ci ricascava appena poteva; e i biografi raccontano che essendo una notte a Napoli scoppiato un terribile uragano, il poeta di Laura si levò dal letto, scese mezzo nudo nella via e mise a repentaglio la vita non già per soccorrere qualche pericolante, ma per vedere la tempesta e descriverla. Attaccato anche lui, del resto, alle cose grandi: e ne fa fede tutta la sua vita.
Ma di belle risposte son dense le biografie dei nostri scrittori, e i testi scolastici le hanno rese popolari da quando esiste in Italia l’istruzione obbligatoria. Van ricordate, come meno note, queste attribuite all’Ariosto e al Tasso.
L’Ariosto aveva a Ferrara una casa piccolissima. I suoi amici si meravigliavano con lui che, avendo fabbricato con la poesia tanti palazzi incantati, fosse poi ridotto in quel modesto abituro. « Che volete? — rispondeva il poeta. — Si vede che è più facile ammassare parole che pietre ». E al Tasso un tale riferì che un suo amico andava dicendo male di lui con tutti. « Lasciatelo dire — rispose il Tasso —; è meglio che egli dica male di me con tutti, piuttosto che tutti dicano male di me con lui ».
I «Salamini» del Foscolo
In teatro qualche volta un nonnulla può determinare il naufragio di una « prima ». Così accadde ad Ugo Foscolo quando si rappresentò la prima volta a Milano l'Aiace. All’apostrofe: « O Salamini! » rivolta ai cittadini di Salamina, i buoni milanesi, emeriti mangiatori di salamini veri, scoppiarono a ridere in tal guisa che l’esito della tragedia ne fu irreparabilmente compromesso, e il Foscolo ancora anni dopo se ne doleva. La stessa cosa capitò al Voltaire quando in un suo lavoro, dove interloquiscono Remo e un altro personaggio, costui esclama in francese: « O Remus ». Il pubblico cominciò a ridere, a cantarellare oremus, e l’atto precipitò.
In spirabil aere ci trasporta la serena biografia del Manzoni. Quando l’autore dei Promessi sposi si decise a sposare la vedova Stampa, corse questo epigramma di Carlo Cattaneo che alludeva alle idee politiche dello scrittore: « Il Manzoni attenta alla libertà della Stampa ». Il primo a riderne fu don Alessandro, sulla cui « umanità» nel senso completo della parola e sulla cui « antisufficenza » gli aneddoti corrono a migliaia. Quando Walter Scott gli fece visita, il Manzoni gli disse modestamente: « Il mio romanzo è un’opera vostra », e voleva intendere che egli aveva molto derivato dallo Scott. Ma lo Scott, rendendo complimento con complimento, rispose: « In questo caso, i Promessi sposi è il più bello dei miei romanzi ». Ed erano entrambi sinceri.
Notissimi gli aneddoti su Gabriele d’Annunzio. Scegliamone due o tre. Il giovane Gabriele era già celebre quando dovette fare il soldato. Il suo reggimento era di stanza a Faenza, ma per poter passare qualche giorno a Bologna il poeta pensò bene di andare a dar gli esami alla sede del Corpo d’Armata. La prima mattina fu svolto il tema d’italiano e la Commissione assegnò al componimento di Gabriele diciassette punti su venti, trovando in esso « molte buone intenzioni e qualche pregio ». Anzi uno degli esaminatori gli disse: « Continuate così, studiate e potrete diventare uno scrittore come il De Amicis ». (Come profezia, va registrata). E in questi altri che seguono c’è qualche contrappeso alla leggenda del « superuomo ». Allorché nell’ottobre del 1921 il sindaco di Ravenna lo invitò a commemorare Dante, il poeta rispose: « Non ne sono degno ». E un giorno, dando conto ad un amico di alcune sue disperate imprese guerresche, specialmente aviatorie, esclamava quasi con tristezza: « La morte per me si chiama Nontivoglio come l’antica donna di Pistoia ».
Volete qualche altro « illustrissimo »? C’è da scegliere in tutte le letterature del mondo.
Un’avventura di Shakespeare
Nella compagnia di Shakespeare era primo attore il famoso Burbadge, che faceva perdere la testa a tutte le donne. Una sera, dopo aver avuto un trionfo col Riccardo III, l’attore fu avvicinato da un tizio il quale sottovoce gli disse: « Stasera in via tale numero tale, vi aspetta una bella signora, dopo la recita. Bussate alla sua porta, e per farvi riconoscere direte di essere Riccardo III ». Tra le quinte, nascosto, c’era Shakespeare, il quale non perdette una sillabo del colloquio, e subito appena finita la recita si recò all’indirizzo indicato, rubando la conquista al suo collega. La semioscurità della camera favorì la sostituzione e tutto andò a gonfie vele. Se non che, sul più bello, si bussa all’uscio della camera. Shakespeare, immaginando chi era, andò lui ad aprire e domandò chi picchiava a quell’ora tarda della notte.
— Riccardo III — rispose da fuori Burbadge.
— Non c’è niente da fare — sussurrò Shakespeare sottovoce —; il posto è preso.
— Ma io sono Riccardo III...
— Ed io Guglielmo il Conquistatore.
Volete qualche altro motto celebre? Eccone uno di Chamfort. Egli conversava un giorno con un ministro che faceva sentire troppo la superiorità della sua carica. Allora Chamfort, perduta la pazienza, gli disse: « Signore, non crediate che ignori che voi siete superiore a me; ma so anche che è più facile essere mio superiore che mio uguale ». Ed un altro di Polignac a proposito di Chateaubriand: « È davvero una brava persona; ma ha il maledetto vizio di non poter star buono dinanzi a un foglio di carta bianca ».
Il filosofo Bergson diceva delle sue ammiratrici mondane: « Esse credono di capire, ed è già molto! ». E Tristan Bernard che, come è noto, è ebreo: «Se si facesse un regno ebraico in Palestina ci correrei subito. Ci sarebbe finalmente un paese in cui potrei essere antisemita! ».
Courteline per rispondere alle numerose inchieste che i giornali indicono aveva fatto preparare delle circolari poligrafate con queste parole: « Ho l’onore di informarvi che mi infischio completamente della questione che tanto vi interessa. Nella speranza, ecc. ». Lo stesso Courteline parlava una sera di un viaggio in Olanda e lodava, non senza qualche esagerazione, la pulizia di quel paese. Ma essendosi accorto di esagerare, aggiunse ironizzando la sua stessa narrazione: « L’Aja, per esempio, è così pulita, che quando vien voglia di sputare la gente prende il treno per andar a sputare in campagna ».
Chiuderemo infine questa scorribanda tra le settemila « reliquie » raccolte con tanta pazienza e tanta perizia da Ferdinando Palazzi citando un motto del D’Argenson al Bignon ch’egli aveva appena nominato bibliotecario del Re: « Ecco una bella occasione per imparare a leggere! »; e parafrasandolo per concludere che l'Enciclopedia degli aneddoti è davvero una bellissima occasione per imparare a conoscere un esercito di grandi uomini nei lineamenti salienti della loro indole.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 20.06.34

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Poeti e scrittori in pillole,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1640.