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Titolo: Libri della settimana

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1934-06-27

Identificatore: 1934_288

Testo: Libri della settimana
Cose viste - Tomo VI
La pietra di paragone di queste prose giornalistiche di Ugo Ojetti è il libro. Passando dal giornale al volume esse non perdono nulla della loro freschezza e robustezza e duttilità. Si incasellano invece benissimo nelle pagine, vi fan corpo insieme, diventano capitoli d’un diario o cronaca della vita italiana ed europea dell’ultimo decennio, con addentellati ad ogni passo che la allacciano alla storia di due generazioni. La testimonianza fornita su di esse dall'Ojetti nei sei tomi di Cose viste (il sesto è uscito in questi giorni nelle edizioni Mondadori e abbraccia all’ingrosso i tre ultimi anni) procede da una coscienza e da un metodo direi limpidamente latini, che distinguono Tantalo nella galleria insigne dei memorialisti da Saint-Simon in giù. Il personaggio, nelle pagine di Tantalo, è passato al filtro di una critica umana e cordiale, isolato e messo a fuoco per un’istantanea che ne incide i contorni su uno schermo in piena luce: vedi lo spettro dell'uomo, come in una lastra radiografica, e sai di lui tutto, anima e pensiero, carattere e ideali, dopo cinque minuti. Se poi codesti ritratti d’uomo li allinei e li passi in rivista, ecco che non sono più per se stanti, ma ognuno ti appare in funzione di frammento di bassorilievo, di tipo che con l’apporto delle sue caratteristiche spiccate e originali concorre a formare il modello dell'umanità contemporanea, la quale ha in Tantalo il suo cronista e moralista impegnato da dieci anni a scrivere la guida spirituale del tempo in cui si svolse la sua attività di spettatore interessato e d’artista: che è tempo di grandi e terribili eventi, con le radici nell'ultimo quarto del secolo scorso e le fronde che toccano i cieli tragici della guerra e quelli dell'aurora e dello splendente mattino della nuova civiltà italiana.
Il sesto tomo di Cose viste, dicevamo, va dal '31 ai primi mesi del '34 e si mantiene cronologicamente in equilibrio tra la nuova stazione di Milano e la seconda gesta atlantica di Italo Balbo, tra la fondazione di Littoria e l’auspicio della protettrice santità italiana di Caterina da Siena. Anche qui uomini e cose del tempo vecchio e di quello recentissimo, Verga e Fogazzaro, ricordi del Cadore (una rievocazione di Cortina nel 1914, incombendo sull’Europa la guerra appena iniziata, non si dimentica), Paderewski alla Scala ed Edoardo Calandra che rivive nella regale cornice silenziosa di Torino, schiere di ragazzi del tempo di Mussolini che passano cantando, gli aquilotti di Balbo che solcano i cieli del mondo. Dovunque circola un’atmosfera risentita, un’aria limpida di festa (un po’ meno, se mai, nel ritratto di Antonio Fogazzaro, verso il quale l'Ojetti non si diparte però mai da quella linea di rispetto che l’onestà e la nobiltà dell’autore di Daniele Cortis richiedono). Tantalo, si sa, non è facile a commuoversi, e qualcuno ha mosso alle sue pagine di diario l’appunto d’esser sin troppo vigilate, di non abbandonarsi quasi mai con confidenza, d'appoggiarsi più sull’intelligenza che sul sentimento (ma non potrebbe essere questa una forma d'aristocratico pudore? ). Ma anche nel sesto tomo non mancano le occasioni di trovare dietro certi giochi e virtuosismi e bravure e scoperte ironie (che magnifico esempio di critica d'arte e di costume il capitolo sulla stazione di Milano! ) la pianticella dell'emozione: e basterà citare le pagine su Littoria e quelle sui « ragazzi che cantano » e sulla « casa di Santa Caterina »; mentre, come prova di quella virtù di acuto veditore che non cessa di stare in orecchi, per dirla con Gabriele d'Annunzio (« tutt’occhi, tutt'orecchi il cronachista sa cogliere gli aspetti del suo tempo innumerevoli»), va chiamata l’attenzione del lettore di gusto sul capitolo « studi di voce », che si apre con lo stupendo aneddoto di Sant'Alberto Magno. Abbondano, anche nel tomo sesto, le prove dell’Ojetti migliore, di Tantalo moralista.
Ugo Ojetti.
Fantasie veneziane
Il poeta delicato ed elegante che è Diego Valeri, la cui lieve e musicale malinconia concilia al sito canto le simpatie di quanti si chinano ad ascoltare le voci sommesse della poesia che cerca i motivi più profondi della vita dello spirito e degli aspètti delta natura, e schivano i fragori d'ogni genere; l'autore di Ariele, infine, ha dedicato alla bellezza intima di Venezia e al paesaggio veneto un libretto di prose che i lettori della Gazzetta in parte conoscono perchè ne furono pubblicate alcune in questa pagina. Fantasie veneziane le intitola il Valeri (ed. Mondadori, 1934 - Lire 10); che significa un fantasticare e sognare sulle visioni più care e familiari al poeta, tradotte in accenti sottili e nostalgici per il lettore che non potrebbe incontrare, lungo i rii e nelle calli della città dogale e per le magnifiche strade della campagna veneta, dalle rive della Brenta agli Euganei, guida migliore. Le pietre di Venezia parlano al cuore del Valeri non col linguaggio ornato e decadente che piacque al Ruskin, ma con la cordialità più chiara patinata dal tempo e profumata dalle memorie. Non c'è nulla del frigido esteta o del sensuale eccitatore in lui; l’atmosfera veneziana non gli concilia estri e fantasmi strani.
Queste prose veneziane hanno un loro ritmo interiore che si accorda con lo stato d’animo di chi le legge pensando ai temi ispiratori. Su Venezia c'è tutta una letteratura, romantica ed estetizzante, veristica ed allegorica, che va da Alfredo de Musset a Thomas Mann. Il libro di Diego Valeri vi trova posto senza confondersi con nessuno; e può insegnare anche a molti innamorati delle bellezze e delle memorie veneziane come ci si accosti ad esse e come occorra vederle ed interpretarle. I miti lagunari sono più schietti di quanto non lascino credere le esercitazioni letterarie di quattro generazioni (si leggano le aeree pagine del Valeri sul mito di primavera), alle quali dobbiamo la Venezia di maniera che tutti sanno. Il Valeri ci dà la Venezia sua e dei veneziani, e nè dice le delizie e gentilezze, dalla soglia della casa di Goldoni alla suggestione autunnale del Lido, dai silenzi notturni dei campielli al microcosmo patavino.
DIEGO VALERI
FANTASIE VENEZIANE
(Disegno di Vellani Marchi).

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 27.06.34

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Libri della settimana,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1653.