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Titolo: Morire

Autore: Elio Talarico

Data: 1934-07-04

Identificatore: 1934_291

Testo: Morire
Il professore, come diceva sua moglie, era animato soltanto da energia « sotterranea ». — Tu — aveva soggiunto mille volte la donna — sconvolgi sempre il mondo, dentro te stesso: e poi, praticamente, non sei capace di far male a una mosca.
Roberto sogghignava: « Una maniera come l’altra di restar poeti » e in fondo in fondo era molto dispiaciuto di non poter mai realizzare, neanche in minima parte, i ben costrutti programmi di vita: adesso, per esempio, eccolo camminare in mezzo a una folla festiva di gente annoiata, preso a urti a spintoni a occhiate provocanti, con la voglia pazzesca di gridare e nel frattempo una paura sorda che qualche ridicolo grido uscisse davvero dalla sua gola secca.
— Lasciatemi rientrare a casa, signori, sono stanco: stanco e avvilito, sovreccitato e crudele.
La « domenica delle serve » era nel pieno del suo falso splendore: innumerevoli cameriere male inguainate dentro vistosi abitini dai colori troppo decisi cercavano inutilmente di nascondere in ogni modo ruvide mani e maschere di volti malinconici: gli altri passanti forse non esistevano per nulla, perdevano la propria personalità mescolandosi nel ridicolo carosello dell’interminabile pomeriggio troppo caldo: nell’aria, statica e greve, vibrava un profumo attaccaticcio di liquori, di dolci, di bibite al ghiaccio, di confetti vanigliati.
— Gelati — coni gelati — gelati.
I venditori ambulanti hanno sempre voci stridule, tristi e fuori tono: Roberto, pieno di disgusto, allungò il passo deciso a non farsi travolgere da tutta quella marea di gente molle e dinoccolata.
— Farsi una strada a colpi di rivoltella, dare botte da orbi a destra e a sinistra, comandare sul serio questi simili sudici e sudati.
All’inizio dell’estate il caldo cominciava ad essere asfissiante: dopo appena qualche metro percorso in fretta e furia il professore si convinse che bisognava ancora una volta aver pazienza e rallentare, se non voleva giungere a casa trafelato e irriconoscibile.
— ... e lui mi disse: « Lei, signorina »...
— ... un giornalista che scrive « Binda è un vigliacco » non è un giornalista sportivo...
— ... no, no, no, ... seguiterò a dire sempre di no...
— ... fino all’ultimo momento, creda...
—... e bisogna farlo davvero: non come te, sempre chiacchiere...
— ... lei, d’altronde, m’insegna...
Roberto, udendo le mezze frasi di chi gli passava vicino, credette a un certo momento di ascoltare le battute di qualche strana commedia da tempo dimenticata in un angolo nascosto della memoria: non si accorse nemmeno di sorridere, quasi soddisfatto di una sua palese superiorità su tutti quelli che gli erano dattorno, e continuò a camminare, pigramente.
* * *
Riunite a nastro le insegne delle botteghe chiuse, le civette vetrine di articoli superflui, le inquadrature di strade e di case — camminando — se volete vivere un imprevedibile romanzo appassionante.
— Fiori — Maria Roccese « Mode. » — Salsamenteria — Bar — Tabacchi — Farmacia (20 turno) — Articoli casalinghi — Garage (autonoleggio) — Mezzo portone chiuso.
— Qui c’è un morto — sospirò il professore, biascicando involontariamente qualche inutile preghiera a fior di labbra. Immaginava già gli annunci sul giornale: « Dopo lunga e penosa malattia, sopportata con cristiana rassegnazione, cessava di vivere »...
— Chi? Ma chi dunque? Uno qualunque, si dispensa dalle visite e dai fiori.
Roberto vaneggiava, oramai.
— Silenzio, ve ne prego. Professor Roberto Cecconi, di anni trentacinque, moglie, due figli, una vita piuttosto facile. E un giorno anche io dovrò morire.
Fu attraversato da un brivido, lungo tutta la spina dorsale.
— Dieci anni fa non ero niente, ancora: un ragazzo. Adesso solo incomincio a costruire: e fra dieci anni mi sentirò già vecchio.
Ricapitolò tutta la sua vita, dalla nascita fino a quel giorno di malinconia: si rivide ragazzo, bambino addirittura come suo figlio Emilio, preoccupato per le «interrogazioni» a scuola, i primi esami, la sigaretta fumata di nascosto, i pochi vizi di un uomo come tutti gli altri, l’amore, il desiderio, il matrimonio.
— Vedi, Renata: noi saremo sempre felici, insieme.
— Sempre.
— E tutto quello che io farò, sarà fatto in tuo onore.
— Certo.
— E quando saremo vecchi, attenderemo con fiducia il giorno sereno della nostra morte.
Erano nati i figli: Emilio, prima, sembrava ieri e invece da tre giorni ha già compiuto sei anni e mezzo.
— Babbo, perché questo? Babbo, perché quest’altro? Perché questo dentino sta per cadere?
Aveva risposto Laura, la sorellina di appena quattro anni:
— Perché sei grande, scioccherello.
È verissimo: grande: poi fumerà di nascosto anche Emilio la sua prima sigaretta, darà gli esami, conoscerà il vizio, l’amore, — anche lui — il desiderio.
— Emilio, mi ami?
— Come un pazzo.
— E non mi abbandonerai mai?
— Mai: tu sei la mia regina.
Forse la graziosa maestà di suo figlio ancora deve nascere, per vivere, amare, soffrire e morire.
Così, all’infinito.
* * *
Un bel giorno, davvero, e all’improvviso, Roberto incominciò a pensare che presto tutto avrebbe avuto termine, nel migliore dei modi: e allora un pacato desiderio lo colse di stendersi in uno sterile abbandono, di sentirsi morire a poco a poco come una cosa inutile.
— Gelati — coni gelati — gelati.
Gli sembrava di essere circondato da cadaveri, ma da cadaveri che non sanno e se sapessero non crederebbero nemmeno di essere tali: un esercito buffo e presuntuoso di cadaveri viventi, un gruppo illimitato di burattini senz’anima e senza intelligenza.
— Ricordati, fratello, che dobbiamo morire.
— Morire dobbiamo.
Immaginò di sprofondare in un convento severo ed afoso, di aggirarsi per lunghi corridoi umidi e bui, di trovare la forza solamente nella preghiera e nel castigo di se stesso.
— Troppo cattivo sono stato — e contemporaneamente sapeva di non aver commesso mai cattiverie.
— Troppo felice — troppo infelice — troppo torturato — e, a ripensarci bene, non c’erano stati davvero strappi tumultuosi nella sua pacifica agiatezza di borghese ben sistemato.
Un grido lo feri vicino alle orecchie, pieno di umanità.
— Ma Emilio sta morendo!
Un bisogno istintivo di riaggrapparsi alla vita. Renata lo attendeva sul ballatoio, ed era tutta in lagrime, misericordiosa.
— Emilio, Emilio, muore: così, senza ragione: delira, si divincola, si torce, invoca il tuo nome: corri.
Era corso, — oh! triste verità dei presentimenti! — bisognava riacquistare il proprio sangue freddo, dimenticare gli sciocchi abbandoni, contendere suo figlio al sacrificio comune della morte.
— Un medico, presto.
E sua moglie piangeva, abbattuta in un angolo.
— Non c’è niente da fare.
Avrebbe staffilato come un cane quel ridicolo scienziato da strapazzo.
— Ma faccia qualche cosa, dunque: me lo salvi.
Si sentiva di nuovo forte, temprato nel dolore, vivere riacquistava oramai per la sua ansia paterna un valore fondamentale, attendeva, abbracciato stretto con sua moglie, che la creatura moribonda trovasse l’energia di riaffiorare libera e sgomenta.
— Fuori pericolo, fuori pericolo.
Sragionando il professor Cecconi si trovò, automaticamente, ad aggredire correndo le scale di casa sua.
* * *
Emilio giocava in un angolo con la sorellina, pacifico, scontento — come sempre i bambini sul finire delle lunghe giornate.
— Buona sera, papà.
Renata leggeva un libro e sorrise al marito, teneramente — nella stanza poco illuminata c’era quell’atmosfera pesante e monotona dei ritorni verso il tramonto.
— Buona sera.
La moglie lo sogguardò di traverso, meravigliata.
— Che cosa t’è successo, Roberto?
L’uomo alzò le spalle di malagrazia.
— Che cosa vuoi mi sia successo? — ed era fuggito sbatacchiando la porta con fracasso.
Poi, più tardi, avrebbe davvero pianto di dolore e di rabbia quando udì sua moglie, che parlava sottovoce con qualche amica, affermare con estrema pacatezza:
— Inquietarsi, affaticarsi, che cosa vale? Presto o tardi, capisci?, tutti dobbiamo morire.
Ma invece, quella sera: gli capitò soltanto di sorridere, negligentemente.
Elio Talarico.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 04.07.34

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Citazione: Elio Talarico, “Morire,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1656.