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Titolo: Nella Svizzera italiana

Autore: Giuseppe Zoppi

Data: 1934-07-04

Identificatore: 1934_292

Testo: SCRITTORI ITALIANI NEL MONDO
Nella Svizzera Italiana
Con questa rassegna degli scrittori della Svizzera italiana iniziamo il « censimento » degli scrittori italiani sparsi per il mondo, che professano ed onorano sotto i più diversi cieli, il culto della lingua di Dante. Altre rassegne (Malta, Corsica, Africa mediterranea, America del Sud, ecc. ) seguiranno a questa prima, dovuta al poeta e narratore ticinese Giuseppe Zoppi, delicato interprete delle tradizioni e dei costumi delle sue vallate, suggestivo evocatore della poesia della montagna. A Giuseppe Zoppi è stato assegnato per ben due volte, nel 1923 e nel 1926, il premio Federico Schiller, la massima fondazione letteraria svizzera, per Il libro dell’Alpe e per Quando avevo le ali, in cui è magistralmente espresso il fascino del mondo alpino. Altre opere dello Zoppi: Il libro dei gigli, Leggende del Ticino, Pagine manzoniane, Vaichiusa, La nuvola bianca.
La Svizzera italiana comprende il Canton Ticino (160. 000 abitanti) e il cosiddetto Grigione italiano, ossia la parte italiana del Canton Grigioni (Valle Mesolcina, che sbocca a Bellinzona; Valle Bregaglia, che dà su Chiavenna; Val di Poschiavo, che dà su Tirano in Valtellina: in tutto meno di 20. 000 abitanti). Grazie a uno speciale intervento della Confederazione svizzera, sarà presto pubblicata una Antologia della Svizzera italiana: essa mostrerà che queste terte, non solo, attraverso i secoli, sono rimaste, quanto a lingua e cultura, italianissime, ma che hanno dato alla letteratura italiana un po’ più di quel contributo minimo che dalla loro estrema piccolezza sarebbe logico aspettarsi.
Come stanno le cose oggi? La risposta è oltremodo facile. A onta di una eccessiva e non facilmente assimilabile immigrazione forestiera, le condizioni culturali del Canton Ticino sono buone. Le scuole dipendono, come in ogni altro Cantone svizzero, dal Cantone stesso, e sono quindi, dalle elementari al Liceo, identiche, si può dire, alle scuole d’Italia. E non è vero che siano in decadenza come qualche deputato ha recentemente affermato nel minuscolo Parlamento ticinese; non mancano, anzi, scuole esemplari per bontà di metodi e abnegazione di maestri: Lombardo-Radice, buon giudice in materia, lo ha riconosciuto e proclamato in articoli e libri. Alla testa del Liceo cantonale di Lugano sta da molti anni, rara fortuna, Francesco Chiesa, insigne poeta e prosatore, ben noto ai lettori di questo giornale.
Francesco Chiesa, nato nel 1871 a Sagno, paesello che, posto sull’estremo confine svizzero, guarda dall’alto Como e la terra lombarda, ha studiato legge all’Università di Pavia, è stato poi per due anni segretario d’un procuratore pubblico, fin quando, nel 1897, pubblicò il suo primo volume di versi, Preludio. Egli ha dunque dietro a sè poco meno di quarant’anni di carriera letteraria, e con ciò è sempre vegeto e sano: pochi hanno saputo, come lui, tenere il passo coi giovani, senza con ciò venir meno a se stessi. L’opera sua si può dividere abbastanza nettamente in due periodi: nel primo egli è più cerebrale, più classico, e scrive o in versi (Calliope, Viali d’oro) o in una sapiente prosa poetica (Istorie e Favole); nel secondo, cronologicamente posteriore alla guerra, è più umano e commosso, più aderente alla sua vita e alla sua terra, e di solito scrive in prosa, (Racconti puerili e Tempo di marzo sono i suoi libri più belli) non Senza qualche ritorno a una poesia conforme alla nuova ispirazione (Fuochi di primavera, libretto a tratti delizioso, e la recente Stellata sera, il canto dolce amaro, ma sempre puro, classico, della vecchiaia che s’avvicina, mentre le primavere continuano ad affacciarsi fiorite sul mondo, mentre le stelle continuano « a ridere nitide in cielo »).
Accanto a Chiesa, insegna nel Liceo di Lugano Valerio Abbondio, poeta che i nostri vecchi avrebbero chiamato « umbratile », tanto egli è modesto, raccolto, pensoso. Ha pubblicato finora tre esili raccoltine di versi: Betulle, L’eterna veglia, Campanule: la prima poco felice, per quanto sostanzialmente sincera; buona la seconda per certa varietà di motivi e discreta altezza e musicalità di canto; più monotona la terza, ma più limpida, come di poeta che, riconosciuti i suoi limiti, entro di essi la fa talvolta da signore. Il mondo poetico di Abbondio è questo: una abituale e fondata tristezza ond’egli cerca di evadere o rifugiandosi nella natura, o vagheggiando aerei amori, o affidandosi in Dio: molto ben sentito e reso, spesso, il paesaggio luganese, con le sue precoci magnolie; angelicate le sue dorme e fanciulle; animate come da un profondo anelito le sue brevi liriche religiose. Ignoto in Italia (i suoi libri furono editi a Bellinzona dall’editore Grassi), egli ha in Isvizzera ammiratori e amici, anche per l’esemplare sua umanità.
La Fondazione Svizzera « Federico Schiller », che a suo tempo ha conferito a Chiesa, oltre a parecchi dei suoi premi annuali, il gran Premio d’onore di 5000 franchi, e, ad Abbondio, un premio per ciascuno dei suoi libretti, quest’anno ha onorato d’un premio di 500 franchi ciascuno i seguenti scrittori: il giornalista Don Francesco Alberti per il romanzo Il Voltamarsina, opera piena di vita, e tipica d’una certa regione del Canton Ticino, ma infirmata da un eccesso di caricatura e da qualche vizio linguistico; Guido Calgari per Quando tutto va male, racconti alpini volutamente troppo pessimistici, ma tutt’altro che privi di umanità; Piero Bianconi per la biografia illustrata del Pascoli (Casa editrice Nemi, Firenze). Calgari e Bianconi sono giovani: il primo annuncia un romanzo; il secondo, finissimo critico, uno studio su La poesia del Pascoli e una biografia illustrata del Carducci.
Un altro modesto premio della Fondazione Schiller è andato quest’anno a Ulisse Pocobelli, che, sotto lo pseudonimo di Glauco, ha pubblicato due o tre raccolte di versi dialettali ove, accanto a liriche un po’ diluite, se ne trovano di assai gustose e tipicamente popolaresche. Un altro poeta dialettale è Enrico Talamona, di Bellinzona: recente, una sua raccolta Ul campanin di ur.
Critico quasi sempre generoso, anzi talvolta longanime, di tutta la produzione libraria ticinese si è mostrato Augusto Ugo Tarabori in un suo libro Pannocchie al sole. Già precedentemente, il Tarabori ci aveva dato un libro assai bene informato e bene scritto su Gian Pietro Lucini.
Come si vede da questa rapidissima rassegna informativa, un così piccolo paese non potrebbe certo dare di più. Nè si è voluto qui segnalare proprio tutto, fino alle ultime briciole; e si sono trascurati gli storici, come Eligio Pometta che in vari volumi ha amorosamente narrato le passate vicende del Canton Ticino, e gli scrittori d’arte, come Massimo Guidi che, col Dizionario degli artisti ticinesi (Roma, Formiggini) ha ricordato, se pure in modo succinto, le massime glorie del nostro paese: i Borromini, i Fontana, i Maderno, e, accanto a loro, una folla, in tutti i secoli, e sparsi per tutta l’Europa, di costruttori e scultori.
Il Grigione italiano si trova purtroppo in condizioni linguistiche e culturali di gran lunga meno buone.
Intanto, come s’è detto, esso è diviso in tre valli separate da alte montagne. E poi, per inderogabili necessità, non ha in italiano che le scuole elementari. Tuttavia una Società « Pro Grigione italiano », presieduta e animata dal prof. A. M. Zendralli, fa il possibile, con il consenso e l’aiuto delle superiori autorità cantonali e federali, per mantenere vivi, anche in quelle valli, fra quei monti, il senso e il culto della lingua italiana.
Giuseppe Zoppi.
Valerio Abbondio
Francesco Chiesa
Giuseppe Zoppi

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 04.07.34

Citazione: Giuseppe Zoppi, “Nella Svizzera italiana,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1657.