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Titolo: Letture: L'equilibrista, Oscar Wilde

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1934-10-17

Identificatore: 1934_433

Testo: Letture
" L’equilibrista "
Dice Camillo Sbarbaro nella prefazione al romanzo L’equilibrista di Raffaello Franchi pubblicato nella Biblioteca Vallecchi (Firenze, 1934 - L. 3):
«... aiuto del padre nella trattoria di Piazza Pitti, fattorino telegrafico nel '15, più tardi agente daziario, della sua vita umiliata egli può quindi discorrere col tono distaccato di chi ha riposto altrove che in essa la sua ragion d'essere... »; un ragazzo visitato quindicenne dalla poesia (scappava: dalla trattoria paterna per bazzicare la gente di Lacerba), occupato a guadagnarsi il pane a frusto a frusto, poi preso dalla guerra, tornato mutuato, e oggi lo trovi in qualche cenacolo letterario e artistico della sua Firenze (tra i buoni compagni dell'Antico Fattore, per esempio) o negli uffici di Attilio Vallecchi la cui attività editoriale si svolge ormai da vent'anni con un'autorità di punta nell'esercito delle nostre lettere. Questi dati biografici posson giovar ad un più cordiale accostamento al libretto di Franchi, preso atto delle sue origini e della sua formazione. E poi, si dia una scorsa alla bibliografia, riportando il ricordo alle liriche di Luce sulle case (1918), alla critica dell’Europeo sedentario (1929), alle prose narrative di Piazza natia (1929), libri rivelatori di un temperamento fantastico e lirico e d'una sensibilità inquieta. Adesso L’equilibrista ci dà anche in misura maggiore il senso delle forze ideali e artistiche di questo scrittore chiamate a raccolta davanti ad un tema tanto più d'impegno quanto più sfruttato dalla letteratura romantica e verista. Dai cui modi e schemi il Franchi si distacca subito per la sua gentilezza nativa, per l'intima poesia nostalgica delle sue sensazioni, insomma per un tono suo che riporta appunto quel tema sul piano della più schietta e vibrante modernità. Raffaello Franchi riabilita il circo compromesso da una lunga tradizione di luoghi comuni che va dai « Fratelli Zemgamno » ai « Pagliacci » per dargli una consistenza nuòva e per creargli intorno nuovi rapporti col clima del tempo e con la psicologia individuale e delle masse. Non si pensi neppure alla trasfigurazione andreieviana e alla sua atmosfera d’incubo. Il circo di Franchi è umanità del novecento, è inquietudine e intelligenza, curiosità e fatalismo, aerea dolcezza e perturbante malinconia; con sprazzi di poesia laforguiana senza più fumisteria. Il Pierrot fumista dei simbolisti ha lasciato il posto alla comicità metafisica dei Grock e degli Ivanov. Dunque il Franchi ci introduce in un mondo che non ci è ignoto ma che ci riserba sempre delle sorprese e serba il fascino perenne del regno delle meraviglie anche per i più spregiudicati. Dal modo come ci introduce sin dal primo capitolo, descrivendo l’arrivo e la rapidissima costruzione d'un circo sotto la volta del cielo notturno, il lettore riconosce subito lo scrittore che non ha incertezze e la fa da padrone sul suo. Ogni cosa che tocca acquista, in profondità; le proiezioni dello spazio e del tempo danno al racconto il suo valore di simbolo, lo distaccano dalla realtà e lo alzano nei puri cieli fiabeschi. Senza perdere per questo di vista la fondata realtà terrena, e restando fermi nelle mura di una Firenze interpretata con semplice amore. La lettura di questo racconto ci conduce per vie fuor del comune attraverso temi famigliati; e in codesto contrasto e nei suoi risolvimenti l'autonomia del Franchi rende i suoi suoni migliori; la poesia scende giù per rivoli schietti, e finisce per avere la rivincita sui momenti statici del libro che sono poi la conseguenza della formola sulla quale è stato impostato e di certo simbolismo astratto ch’essa comporta.
Raffaello Franchi.
Oscar Wilde
Una monografia italiana su Oscar Wilde (autore Aurelio Zanco; editore Emiliano degli Orfini, Genova, 1934. Lire 14) è uscita proprio nei giorni in cui la Libreria Gallimard stampava la versione francese del volume di Hilary Pacq contenente tutti i documenti e le deposizioni relativi al famigerato processo contro il poeta, il processo cioè più appassionante e più universalmente discusso della fine del secolo XIX. Il Pacq mette in rilievo l'aspetto giuridico del processo che finì, come si sa, con la condanna di Oscar Wilde a due anni di lavori forzati. Oggi è possibile esaminare la questione con obiettività, benché nell'opinione pubblica britannica sussistano ancora tracce della frenesia che il processo suscitò per molto tempo; e i documenti raccolti dal Pacq non permettono di nutrire alcun dubbio sulla colpabilità del poeta. Contro il quale allora si scatenò una tempesta d'odi che fece sentire il suo peso anche nel processo, dove non sempre gl’ideali di lealtà e d'imparzialità furono rispettati. A ciò si aggiunga la furibonda campagna dei giornali, le vili aggressioni quotidiane contro l'infelice, infine la sua dignitosa condotta nel carcere di Reading e la pietà della sua morte solitaria in un piccolo albergo parigino. Un uomo e un artista che ha pagato caro la sua colpa merita che l'espiazione gli sia contata. È il caso di Oscar Wilde: e la lettura del libro del Pacq è per più d'un aspetto istruttiva sulla malvagità degli uomini. Codesta lettura è un'utile, direi quasi necessaria introduzione alla monografia Aurelio Zanco, la quale imposta il problema dell'arte e del pensiero di Oscar Wilde in termini rigorosi, allontanando tutti gli elementi non strettamente inerenti alla critica e che pure hanno influito così potentemente sul giudizio di quanti si sono occupati dello scrittore. Libro fatto bene, con intelligenza ed amore, che se non risolve il mistero della complessa personalità wildiana, cerca di comprenderla, di inquadrarla spiritualmente nel tempo del quale il poeta di Salomè fu uno dei principali interpreti. Se le insufficenze del Wilde come pensatore e poeta sono notevoli, più grandi sono le doti per cui egli resta nella storia della cultura e della poesia europea. E si tenga conto che le idee che egli lanciò come una pietra nell’acqua morta del filisteismo borghese, anche se non completate ed approfondite, hanno pur sempre il carattere di una personalità che trasformava in qualcosa di inequivocabile qualunque argomento toccasse. Si può dire che la monografia di Aurelio Zanca mette ordine nella confusione di idee che persiste intorno alla mentalità e all'arte wildiana: vi sono, nel libro, fini osservazioni sulla poesia e sulla tecnica poetica; ma la valutazione dell'artista è impostata soprattutto sul problema dei rapporti dell'arte e della critica con la vita che Oscar Wilde trattò così brillantemente (in questa direzione la suo opera più tipica restano i tre volumi di saggi di letteratura e d'estetica). Nella bibliografia italiana del poeta, frammentaria e occasionale per lo più (articoli di riviste, prefazioni a versioni, ecc. ), il libro dello Zanco rappresenta il primo sforzo di ricostruzione critica della figura wildiana.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 17.10.34

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Letture: L'equilibrista,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 18 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1798.