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Titolo: Egitto di sera

Autore: Giuseppe Ungaretti

Data: 1934-10-24

Identificatore: 1934_434

Testo: Egitto di sera
Oggi ancora dopo tante peripezie posso svegliandomi rivedere la piana, la gente avvolta in un nuvolo secco, i rari attendamenti sfaldarsi dal riflesso della sabbia e restare sospesi nella luce addensata. Più il cielo vorrebbe toccare la terra e la terra galleggiare verso il cielo, più irrimediabile sembra il distacco e la creatura più abbandonata a sé.
In Roma l’altro giorno, d’agosto, piazza Santa Croce mi sembrava anch’essa uno spazio smisurato soffocato, dall'orbite spolpe.
E sembrava pervenisse sino lì una eco sbriciolata d'un clangore del Giudizio.
Tutto era vano per la troppa luce.
Oggi ancora svegliandomi posso riudire l’angiolo nero, il gran nonno, la gran brama, la gran larva, Asrael che scoperchia « appo Tebaida » il Tempo.
Andavo errando, cercando Laura, anch’io stolto. Poi quando la luce si raccolse e scivolò, e non più grande d'una manina. Le si posò sulle spalle, in quel mentre Ella mi apparve. Benvenuta, Sera.
Il miracolo della Civiltà Araba è la sera.
Con quale arte hanno imparato a catturare il giuoco segreto delle ombre, vi dirò.
Si sceglie un posto dove il Nilo svolti, già reso domestico da canneti fitti, dalle rane, da qualche sicomoro fantasmico come un vecchio ulivo.
Scelto il terreno tanto vasto che non s’arrivi mai a girarlo, si fa subito cingere d'un altissimo muro.
Terminata la cinta, partono richieste di piante per tutte le parti del mondo.
Arrivano querci, elci, fichi, tremule, betulle, eucalipti, castagni, faggi, ontani, abeti, platani, pini dalle solitudini del Piranesi, gelsi, cipressi, viti, eccetera.
Disposta ogni cosa nella terra in bell'ordine affinché prosperi a lungo, ristoriamoci un po’.
Indi si ricorre ai Cosmati del luogo e si mette a dura prova la loro pazienza.
In mezzo al giardino si fa costruire un palazzo di cento stanze, e ogni stanza si fa piena di finestre a nicchia, e dentro si godrà comodamente lo spettacolo esterno, e una grata stacci i raggi se passato il fogliame rimanesse loro un barlume di rabbia.
Si fanno poi rapire nel Kwuilu una buona dozzina di colossi.
Castrati i colossi, il padrone li mette a sedere davanti al cancello del giardino. Faranno buona guardia. A chi verrebbe in mente di disturbarli? L’adempimento del dovere non costerà loro fatica. Gli Arabi rispettano i poveri.
Si lascia dormire quell'Eden futuro settecent’anni.
Venuto il momento, Halil Monganga diramò gl’inviti per l’inaugurazione dell’Eden risuscitato.
Convennero i poeti da Bagdad, da Medina e da Tarabolos e da Tombuctu e da Zanzibar, da Tunisi, da Mossul, da Damasco, da Teheran, dal Maghreb, dal Kordofan, da Dgedda, Aden, Kartum, eccetera.
Ciascuno vestiva d’un colore diverso di seta leggera, ma per tenere a bada i tafani, chiaro.
Gli alberi erano cresciuti tanto che nel giardino sembrava di riposare in una sera perenne.
C’era la luna.
L’alabastro s’era fatto come l’ambra. L’acqua faceva fra il capelvenere un labirinto.
Un profumo di limone, di gaggie, di mele, di fragole, di mandorla amara aiutava la sonnolenza.
Dietro a una vasca il verde aveva fatto un antro.
Dalla vasca all’antro c’era il prato.
Se le foglie stormivano sul prato la luce della luna sembrava una miriade di lucciole.
Sul prato furono stese stuoie, e tappeti sulle stuoie, e furono sparsi cuscini.
I poeti si accoccolarono.
Nell’antro sembrava di vedere ora lo smorzarsi d’un ventre fervido d’un rosa da piume d’ibi, ora un posarsi pesante d'uno sguardo torbido.
Imrulkais prese per primo la parola. Parlò d'amore. La sua grande età gli conferiva quel tanto di nostalgia necessaria per svolgere liberamente un tema così geloso.
Narrò:
— Quando salii nel palanchino d’Aneissa, mi disse: « Disgraziato! Vuoi schiacciarmi il cammello? Vuoi farmi andare a piedi? O Imrulkais, scendi! ». Le dissi: « Lascia le briglie. Andiamo a piedi. Aneissa, non m’ allontanare dalla dolcezza che bevo a sorsi alle tue labbra ». Quante notti, lunghe, senza fine come il succedersi delle onde, m’hanno portato colle loro ombre crucci innumerevoli. E dicevo alla notte: « O notte così lunga, cedi il posto all'aurora sebbene l’aurora non abbia nulla di più lieto da portarmi ».
Si tuffò le dita nella barba bianchissima e la torse, e volgendosi a Abu Temmam volle sapere:
— Non hai mai amato?
Abu Temmam era un giovanottone e dicono di lui le donne del suo paese che parlando faceva gola come se piluccasse datteri rossi.
Disse:
— Altri abbia casa ferma in un posto. La mia residenza è la schiena taccata di bianco dei cammelli.
— Parlaci dunque dei paesi visitati.
— Mi sono tanto inoltrato verso Oriente che ho perduto la memoria dell’Occidente, e tanto avanti sono andato a Occidente che non so più nulla dell'Oriente.
Lisciandosi un piede, Imrulkais interrogò un altro:
— Sarai meno evasivo, o Massaudi. Dimmi, hai amato?
Massaudi era una specie d’Otello. Stritolò i denti:
— È la prerogativa di questi tempi di disgiungere tutto, è la pena di questo secolo di disperdere tutto.
E Imrulkais chiese a un terzo:
— Boccari certo, bruciato al sale di tutti i venti, ci parlerà con maggiore moderazione. Dimmi, o guerriero, hai amato?
— Chi è eletto anima è preparato alla morte.
Imrulkais chinò la fronte:
— Abu Nuas, sei vecchio come me, non hai più bisogno d'illuderti. O Abu Nuas, dimmi, hai amato?
Abu Nuas rispose sottovoce a sé:
— Aneissa, le nostre due ombre in un sogno del sonno si sono ritrovate e rinacque il nostro amore com’era una volta.
E s’udì Imrulkais mormorare:
— M’accorgo d'essere il solo vecchio fra voi.
Giuseppe Ungaretti.
Nota. — Devo alla rilettura di alcune antiche poesie arabe la frottola che avete letto e che fu abbozzata nell'Ottobre del ’23. A quell’epoca in Piazza Santa Croce non c’erano ancora il monumento e le piante ed era d’estate un luogo d’una grandezza tragica. Ed io stavo di casa da quelle parti. E credo proprio che fossi portato a cercare le poesie arabe e a ripensare alla mia infanzia in Egitto dallo spettacolo affricano che ogni momento mi suggeriva la Piazza.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 24.10.34

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Citazione: Giuseppe Ungaretti, “Egitto di sera,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1799.