Inchiesta mondiale sulla poesia (dettagli)
Titolo: Inchiesta mondiale sulla poesia
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1931-10-14
Identificatore: 182
Testo:
Inchiesta mondiale sulla poesia
Le risposte al nostro questionario
Abbiamo aperto sugli aspetti spirituale ed estetico del problema della poesia nel mondo un’inchiesta alla quale sono chiamati a rispondere i rappresentanti più insigni dell’arte e del pensiero del nostro e degli altri Paesi. Le domande sulle quali chiediamo ai poeti e ai pensatori di tutto il mondo di pronunciarsi sono le seguenti:
1. Qual è oggi la situazione della poesia nel mondo?
2. Quali sono le sensibilità nuove che vi si manifestano, volte alla ricerca di nuova materia di ispirazione e di forme originali?
3. Esiste una nuova poesia che si ispira alla civiltà meccanica del nostro tempo?
4. Quali sono le nuove possibilità tecniche della poesia, e quale valore attribuite alla sua evoluzione che dai metri chiusi ha condotto al verso libero e al di là di questo alle parole in libertà?
F. T. Marinetti
F. T. Marinetti, accademico d'Italia, fondatore del Futurismo, apostolo e galvanizzatore d'un movimento al quale oggi nessuno disconosce il merito d’aver spalancato prepotentemente le finestre chiuse del vecchi metri e d'aver portato nella vita e nell’arte una corrente nuova, si batte ancora una volta, rispondendo alla nostra inchiesta, per la causa delle parole in libertà, motto e impresa, da un ventennio, della sua bandiera di poeta e di polemista.
Fra le risposte ottenute dall’importantissima inchiesta mondiale sulla Poesia, quella del poeta futurista Paolo Buzzi sola mi piace. E’ infatti semplice, breve, diretta, rapida e commossa come la Poesia.
L’autore di « Aeroplani » e di « Ellisse e la Spirale » ama ugualmente la nostalgica e gemente poesia rurale, gli scoppi furibondi della poesia guerresca e la continuità splendida di quella meccanica, dal verso libero alle parole in libertà e alle tavole parolibere.
Francesco Chiesa si manifesta scettico per i versi liberi e le parole in libertà, forse dimenticando che i suoi più fedeli ammiratori preferiscono nostalgicamente il suo forte debutto scapigliato.
Valeri accetta il verso libero a condizione che rimanga... prigioniero. Ma un verso libero non può esistere, esistono ondulazioni di versi liberi.
Massimo Bontempelli da brillante ironista e scettico amico-nemico della civiltà meccanica palleggia variopinte contraddizioni. Nessuno gli nega che la poesia può palpitare dovunque con o senza versi. Nessuno gli nega che noi parliamo non di macchina ma di stato d'animo davanti alla macchina. (Sono vent'anni che il futurismo insiste sulla sintesi e la trasfigurazione della realtà). Non è quindi convincente quando egli dichiara Palazzeschi l'unico poeta rivelato dal futurismo benché non abbia mai cantato le macchine. Noi rivelammo futurista Palazzeschi perchè stritolava in versi assolutamente liberi e con una scintillante sincerità di ruote dentate il vecchio romanticismo zazzeruto e piangente che più tardi Petrolini prese a schiaffi futuristi sul palcoscenico.
Mi è facile dare delle definizioni di questa assoluta padrona del mondo che si chiama Poesia.
La Poesia è la capacità umana d’inebriarsi dell’universo e d’inebriare l’universo di noi stessi.
La Poesia è l’ottimismo assoluto che distribuisce immortalità.
La Poesia è la facoltà di staccarsi dal quotidianisino pesante.
La Poesia è lo slancio del maschio verso la donna, cioè la vita a forte tensione.
La Poesia è la potenza di sintesi: è anche la fantasia trasfiguratrice e colorante; è anche la distruzione d’ogni ironia.
L’amico Bertuetti la definisce « l’atto umano disinteressato per eccellenza ».
Infatti una Poesia di eroismo assolutamente disinteressato gonfia i laboratori di ricerche chimiche e i capannoni dove si perfezionano i motori di velocità per l’ingigantimento, il raddoppiamento c la moltiplicazione del corpo umano.
Apparentemente pericolante sotto il peso della questione economica, una grande Poesia di entusiasmo, sacrificio eroico e record agita gli uomini. Questa ha creato lo splendore geometrico della dinamica e colorata architettura Sant’Elia di cemento, ferro, vetro alati; e ha creato pure l’opera musicale futurista «L’aviatore Dro » di Pretella e « La danza dell’elica » di F. Casavola. E’ una Poesia non chiusa in torri d’avorio. I pubblici enormi della Francia, dell’Inghilterra, della Svizzera, della Spagna, del Belgio, della Ritmema, dell’Argentina e del Brasile che applaudirono freneticamente il mio « Bombardamento di Adrianopoli » e le mie parole in libertà sulla « Transvolata Atlantica » di Balbo, a mano tutti la nuova autentica Poesia della civiltà meccanica.
La Poesia può esistere con o senza gesto, con o senza espressione verbale, plastica o architettonica. Diamo però con preferenza il nome di Poesia alla sua espressione verbale. Sono quindi importantissimi gli sviluppi di queste manifestazioni verbali. La Poesia sentiva una volta la necessità dei metri chiusi. Avvenne che un pensiero, un sentimento, un’immagine esigevano ognuno il ricco cofano splendente di un unico verso. I versi chiusi furono condannati perchè inevitabilmente sempre viziati da zeppe (disastrose anche quando sono preziose e forbite).
La grande rivoluzione dei versi liberi iniziata in Francia da Gustave Kahn e Jules Lafforgue e in Italia da Gian Pietro Lucini, Paolo Buzzi, Govoni, Folgore e da me con una grande inchiesta mondiale lanciata dalla Rivista Internazionale « Poesia », è stata la prima liberazione della Poesia.
L’ispirazione lirica, fuori da ogni canale predisposto, come un fiume poteva finalmente scavare e modellare il suo letto.
Vittoria dell’individualismo, ricchezza, elasticità e immensificazione delle immagini, massima delicatezza di sensibilità.
I versi liberi però implicano una i nevitabile monotonia di ondulazioni, andirivieni e martellamento che non risponde alle esigenze della nostra a nima d’oggi.
I versi liberi inoltre implicano il quasi sempre arbitrario taglio di versi, dettato a casaccio dall'occhio del poeta scrivente o dalla voce del poeta declamante, senza importanti vantaggi musicali o coloristici.
Giungemmo così alle parole in libertà, le quali contano opere importantissime.
Dopo le mie prime parole in libertà: Battaglia Peso + Odore (11 Agosto 1912) e Zang tumb tumb, le Edizioni Futuriste di « Poesia » diffusero in I talia e nel mondo intero Piedigrotta di Francesco Cangiullo, Ponti sull'Oceano di Luciano Folgore, L’Ellisse, e la Spirale di Paolo Buzzi, Guerrapittura di Carrà, Rarefazioni e Parole in libertà di Corrado Govoni, Baionette di Auro d’Alba, Archi voltaici di Volt, E quatore notturno di Francesco Menano, Firmamento di Armando Mazza, Les mots en liberté futuiristes di Marinetti, Barbara romanzo parolibero di Gerbino.
Presso altri editori e in esposizioni, apparvero tavole parolibere di Balla, Benedetta, Boccioni, Buzzi, Cangiullo, Caprile, Carli, Carrozza, Catrizzi, Cerati, Primo Conti, Bruno Corra, De Nardis, Depero, Dessy, Escodamè, Farfa, Fillia, Luciano Folgore, Folicaldi, Forti, Giardina, Gerbino, Ginna, Corrado Govoni, Guglielmino, Guizzidoro, Illari, Jamar 14, Jannelli, Mainardi, Marchesi, Masnata, Morpurgo, Nannetti, Nicastro, Olita, Palazzeschi, Pasqualino, Presenzini Mattioli, Rognoni, Sandri Sandro, Sanzin, Settimelli, Simonetti, Ardengo Soffici, Soggetti, Soldi, Steiner, Vasari.
Il paroliberismo ha vinto, influenzando tutte le letterature. Le riviste estere d’avanguardia sono piene di parole in libertà.
Le parole in libertà orchestrano i colori, i rumori e i suoni, combinando i materiali delle lingue e dei dialetti, le forinole aritmetiche e geometriche, i segni musicali, le parole vecchie, deformate o nuove, i gridi degli animali, delle belve e dei motori.
Le parole in libertà spaccano in due nettamente la storia del pensiero e della poesia umana, da Omero all'ultimo fiato lirico della terra.
Prima di noi gli uomini hanno sempre cantato come Omero, con la successione narrativa e il catalogo logico di fatti, immagini, idee. Fra i versi di Omero e quelli di Gabriele D’Annunzio non esiste differenza sostanziale.
Le nostre tavole parolibere, invece, ci distinguono finalmente da Omero, poichè non contengono più la successione narrativa, ma la poliespressione simultanea del mondo.
Le parole in libertà sono un nuovo modo di vedere l’universo, una valutazione essenziale dell’universo come somma di forze in moto che s’intersecano al traguardo cosciente del nostro io creatore, e vengono simultaneamente notate con tutti i mezzi espressivi che sono a nostra disposizione.
Campo di ricerche difficilissime, piene d’incertezze, lontane dal successo e dall’approvazione del pubblico. Tentativi eroici dello spirito che si proietta al di fuori di tutte le sue norme di logica e di comodità.
Dalle nostre parole in libertà nasce il nuovo stile italiano sintetico, veloce, simultaneo, incisivo, il nuovo stile liberato assolutamente da tutti i fronzoli e paludamenti classici, capace di esprimere integralmente la nostra anima di ultra-veloci vincitori di Vittorio Veneto.
Distruzione del periodo a scalini, drappeggi e festoni. Frasi brevi senza verbo. La punteggiatura impiegata soltanto per evitare l’equivoco. Alcune parole isolate fra due punti perchè si trasformino in ambiente o atmosfera.
Posso facilmente dimostrare come le parole in libertà futuriste non soltanto trionfino nella letteratura mondiale, ma abbiano influenzato anche il giornalismo.
Si trovano continuamente negli articoli narrativi e descrittivi dei brani di stile velocizzato, sintetico, essenziale, e talvolta delle vere parole in libertà coi relativi balzi di pensiero, di notazioni e simultaneità.
Balilla Pratella scriveva nel Popolo d’Italia: « Le parole in libertà hanno ormai conquistato nella loro essenzialità i nostri maggiori uomini e scrittori: fra i quali Gabriele d’Annunzio, che nel suo recente « Notturno » se n’è servito genialmente da pari suo nelle prime centotrenta pagine e che a pagina 124, per esempio, ha saputo trovare effetti simili al notissimo « Vampe vampe vampe... » della « Battaglia di Adrianopoli » di F. T Marinetti ».
Ecco il brano a cui allude Pratella:
« Volti volti volti, tutte le passioni di tutti i volli, scorrono attraverso il mio occhio piagato, innumerabilmente, come la sabbia calda attraverso il pugno. Nessuno s'arresta. Ma li riconosco ».
« Qualche canto d’ubriaco, qualche vocìo, qualche schiamazzo.
I fanali azzurri nella fumea.
II grido delle vedette aeree arrochito dalla nebbia ».
Oppure più significativo ancora:
« Il motoscafo di Sant’Andrea romba alla riva. Porto con me le valige e il sacco dei messaggi.
La laguna agitata.
L’acqua che spruzza.
Il motorista siciliano con cui converso ».
E ancora:
«.... Si va.
Il bacino di, S. Marco, azzurro.
Il cielo da per tutto.
Stupore, disperazione.
Il velo immobile delle lacrime.
Silenzio.
Il battito del motore.
Ecco i Giardini.
Si volta nel canale ».
E del Notturno cito anche altri frammenti tipicamente paroliberi:
« La testa fasciata.
La bocca serrata.
L'occhio destro offeso, livido.
La mascella destra spezzata: comincia il gonfiore.
Il viso olivastro: una serenità insolita nell’espressione.
Il labbro superiore un poco sporgente, un po’ gonfio.
Batuffoli di cotone nelle narici ».
« L’afa dei fiori e della cera.
La coltre nera, immutata. La forma del cadavere, immutata,
I due marinai di guardia.
Il rumore del giorno, di fuori. Le trombe, le campane, il risveglio della città, il ricominciamento inevitabile ».
« Acqua azzurra, felicità dell’aria dorata, stormi di gabbiani che ridono del loro riso chioccio ».
« Oscurità. Ombre erranti. Chiacchiericcio. Odore di cucina, ombre di miseria ».
« Visi dolorosi di Marie, visi travagliati dalla fatica e dalla sventura, visi di pietà.
Bambini macilenti, tutto'occhi, sudici, tristi.
L'acqua del rio malata.
La casa rossastra coi dieci camini a imbuto ».
« Mi volto. Discendo. La guerra! La guerra! Volti. Volti. Volti. Tutte le passioni di tutti i volti. Ceneri. E’ un acquazzone di marzo. Bora. Pioggia. Origlio lo scroscio ».
Il poeta futurista Paolo Buzzi, dopo aver citato questo brano, dice: « Di queste zone di parole in libertà, il volume, a suo onore, è pieno. E’ una verità che non c’è neppur bisogno di gridare troppo alta. Lo dice ormai tutta Italia, e — si capisce — tutto il mondo ».
Concludo: la grande nostra civiltà meccanica può esprimersi liricamente soltanto con le parole in libertà.
F. T. Marinetti.
A. S. Novaro
Il pessimismo della risposta di. Angiolo Silvio Novaro, accademico d'Italia e poeta della gentilezza e della bontà, è in fondo un atto di fede nella poesia. Angiolo Silvio Novaro, pur riconoscendo la enorme forza spirituale della tradizione, non ha mai chiuso l’orecchio alle voci nuove che si levavano intorno a lui, ma le ha seguite con la curiosità, l'attenzione e la comprensione d'ogni vero artista. Per questo la sua poesia, rispettosa dei metri tradizionali, è nell’ispirazione e nell’espressione carica di religiosa inquietudine, vibrante di modernità.
Non conviene illudersi. Se non è morta o vicina a morire come molti vorrebbero, la poesia sta male, innegabilmente male. E tale malessere ha radice a mio avviso esclusivamente nell’attuale condizione dello spirito umano, disorientato, smarrito, disamorato e disancorato in questo tragico dopoguerra, e lontano da quella serenità e possibilità di limpide visioni fuori da cui lirica non nasce o nasce stenta, gracile, frammentaria. Ecco perchè, se alcuni nobili poeti riescono a far udire la loro voce, trattasi di manifestazioni solitarie, che nessuna comune tendenza lega o affratella, e che esprimono l’anima del singolo, non il volto e il pensiero di un’epoca, e i cui deboli suoni si perdono nel fracasso di questo mondo odierno di macchine, velocità e forsennata fuga.
Ma non è affatto il caso di pensare che gli aspetti della vita d’oggi siano contrari all’ispirazione lirica e in qualche modo responsabili della presente aridità. Ambienti esterni favorevoli o sfavorevoli alla poesia non esistono. La poesia zampilla indifferente tra il fragore delle officine Ford come nel campo di garofani che costeggia la strada della Cornice, tra le arene del Sahara come al piede dei grattacieli. E’ seme che l’uomo porta con sé dalla nascita e germoglia sotto tutte le latitudini, che si eredita e non perisce, e non chiede per schiudersi se non quella data intima atmosfera, quel calore morbido, quella cara luce segreta.
Intanto, che una nuova poesia sia sorta dalla civiltà meccanica del nostro tempo non mi pare. Verrà se Dio vuole. Perchè, ripeto, la poesia non muore e non morirà che con l’uomo. E quanto a mezzi tecnici è assurdo dire che sono esauriti. Si dica che sono esausti i vecchi schemi, e basta. Perchè le possibilità tecniche della poesia rimangono illimitate, e il poeta nello stesso punto in cui gli scoccherà dentro la scintilla dell’estro, troverà i suoi nuovi ritmi appropriati. Sobrietà, rapidità, concisione, stringatezza caratterizzeranno probabilmente codesta nuova tecnica. Verso libero si, ma disciplinato da una più o meno nascosta legge e certo senza arrivare alla demenza delle così dette parole in libertà.
Angiolo Silvio Novaro
Nel prossimo numero pubblicheremo le risposte di Giuseppe Ungaretti, Aldo Palazzeschi, Mario Carli, Giuseppe Villaroel, Eugenio Montale, Jean Royère, Nicolas Beauduin, Fernand Divoire.
Collezione: Diorama 14.10.31
Etichette: Inchiesta mondiale sulla poesia
Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Inchiesta mondiale sulla poesia,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 23 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/182.