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Titolo: Ho scritto...

Autore: Aldo Palazzeschi

Data: 1934-12-12

Identificatore: 1934_521

Testo: Ho
scritto...
Le sorelle Materassi
Il mondo poetico di questo romanzo è la famiglia nelle sue alterne vicende. Mondo ristretto e sconfinato; tanto vecchio e sempre nuovo; pozzo inesauribile a cui si è attinto per i millenni e a cui, probabilmente, per i millenni si attingerà.
Le sorelle Materassi, esempio di rettitudine e di energia, che con la loro virtù hanno saputo salvare la propria famiglia sull’orlo del precipizio, quindi ricostruirne la dignità e riconquistarne i beni, hanno posto il lavoro al disopra di ogni bene terreno, facendo convergere in esso ogni loro facoltà e aspirazione. Queste donne brave e virtuose, che una tale fatalità ha esiliato dalla vita, dovranno fare i conti con l’amore.
Alle soglie della vecchiezza il caso le chiama alla nuova prova allorquando un orfano, loro nipote, entrerà come per incanto nella loro casa e in forza del suo intervento i sentimenti elementari della donna si riveleranno e svilupperanno in esse tardivamente e confusamente. Diverranno madri e donne insieme. Ma di questo secondo sentimento che attraversa il primo, e alternativamente lo segue o lo precede, noi soli possiamo vederne la presenza, seguirne le fasi; esse ne subiranno le attrazioni e le repulsioni, i turbamenti e gli smarrimenti di cui non sapranno rendersi ragione nè indovinarne le cause. Per questo le vediamo muoversi, talora, quasi fossero bendate, o vivere la loro vita attraverso la commedia di essa; però bella ugualmente.
Qui è il romanzo.
Fatti i conti con l’amore, passato il suo temporale, al disopra delle loro teste ne innalzeranno il simbolo nella sua testimonianza tangibile, e ai suoi piedi ritroveranno la loro antica virtù: il lavoro riprenderà calmo e sorridente. Ma al disopra di esso, ora, è un sentimento più grande.
Romanzo, dunque, in profondità, studio di anime amoroso e diligente, scrupoloso, mi permetterei dire, come comanda il nostro spirilo assetato di realtà, o, più precisamente, assetato di cambiare la realtà, anche la più crudele, in poesia.
Giovanni Ansaldo, che ha tenuto a battesimo questo libro parlandone per il primo, così si esprime : «... egli non ha confessato soltanto le povere Materassi; ma un po’ tutte le donne nella cui giovinezza non è passato l’amore ». Dovendo ripetere io stesso questa, definizione troppo lusinghiera ma tanto efficace, dirò solamente: « Ho cercato di confessare un po' tutte le donne nella cui giovinezza non è passato l'amore ».
E per la schiettezza nostrale dell’ispirazione aggiungerò un documento infallibile: questo lavoro è stato citato all'ordine del giorno di Strapaese.
Aldo Palazzeschi.
Aldo Palazzeschi.

Il merlo sulla forca
Il mio nuovo volume: Il Merlo sulla Forca (Villon), che Vallecchi farà uscire tra qualche giorno, è un libro — come avverto nella prefazione — da non darsi in mano (direbbe un tale di Bellaria) alle devote pulzelle. E aggiungo:
« Inevitabile, dunque, l’unanime riprovazione de « la buona stampa ». Ma da ciò un bene: mi sarò giocato la stima (finalmente! ) della santocchieria cattolica. Racconto, commento, scandaglio la vita, l'opera e l’anima di quel Cecco Angiolieri parigino del secolo XV, che, da un piedistallo di fango con ve nature d'oro, oltrepassa, anche nel male, il ranocchio di Fontebranda.
Tuttavia, a lettura finita, qualche illustre rosicante resterà deluso. Infatti, nelle pagine del libro, nessuna traccia di ricerche erudite, di sottigliezze ipercritiche, di nuovi contributi, ecc. Ho scritto unicamente per coloro, pochi o molti che siano, i quali, ignorando ancora quasi tutto del « bon pollastre », desiderassero di seguirne le perigliose avventure e di ascoltarne il canto ».
Questo ho detto nella prefazione. Ora, aggiunto: Villon è un povero multicolore arnesaccio: Bisognava che lo mostrassi da tutti i lati; bisognava che non solo parlassi di lui ma che lo lasciassi parlare. Traducendo, perciò, le sue liriche più belle, senza omettere, fra queste, le più scabrose, non gli ho posto mai una mano sulla bocca per impedirgli, di dire certe cose che un tempo (quando usava meno il rossetto) avrebbero fatto arrossire il gentil sesso. In lui c’è l'ombra e la luce; più ombra certamente che luce, ma non si poteva diminuire la prima senza indebolire il contrasto che fa più viva la seconda; senza, insomma, mutilare o falsificare l'uomo e l’artista.
Altri hanno scritto, in Italia, intorno al poeta della Vergine e della Grosse Margot; ma questa non m'è parsa una buona ragione per non affrontare, a mio modo, lo stesso argomento. Dico a mio modo, non dico in un modo da piacere a tutti.
Domenico Giuliotti.
Domenico Giuliotti.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 12.12.34

Citazione: Aldo Palazzeschi, “Ho scritto...,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1886.