Il libro del giorno (dettagli)
Titolo: Il libro del giorno
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1934-12-26
Identificatore: 1934_543
Testo:
IL LIBRO DEL GIORNO
Esce un libro che bisognava scrivere. L’Italia d’oggi può rendere il dovuto onore ai pionieri della politica coloniale del nostro paese, ultimo arrivato, anzi escluso dalla conquista bianca del mondo. Qualche nome varrà a richiamare tutta un’epopea che i contemporanei conobbero male o disconobbero, ma le cui fasi eroiche meritano di essere rievocate e divulgate: Romolo Gessi, Pellegrino Matteucci, monsignor Massaia, Giovanni Miani, Carlo Piaggia, monsignor Comboni, Manfredi Camperio, Gaetano Casati. È appunto quest’ultimo il protagonista del romanzo storico
Mal d’Africa
(ed. Treves, Milano, L. 12) nel quale Riccardo Bacchelli ha richiamato alla vita un’epoca della storia italiana e i suoi uomini, lavorando sulla nuda cronaca e sui diari per trasformare la materia grezza in arte. Il nuovo libro del Bacchelli nasce così sotto un’ottima stella, e in un momento propizio? E quanto egli valga in codesto genere di rievocazioni di sapore e di colore ottocentesco non possono aver dimenticato i lettori del Diavolo a Pontelungo. I due romanzi, anzi, in un certo senso, si corrispondono e si completano, esauriscono il ciclo della cronaca italiana tra il compimento dell’unità e la fine del secolo, mentre si chiude il capitolo municipale e borghigiano e si annunzia la nascita dei primi grandi centri industriali della Val Padana.
Nel primo capitolo il Bacchelli mette il Casati di fronte al Camperio: figli entrambi di patrioti delle prime vigilie del Risorgimento, cospiratori e combattenti essi stessi, poi ufficiali dell’esercito italiano. Il Casati è figlio della borghesia campagnola, frugale e dimessa; il Camperio rappresenta la bella società lombarda, quella che ha portato nelle cospirazioni, nell’opposizione d’ogni genere all’Austria, nelle carceri, nell’insurrezione e nella guerra un estro, un brio, uno spirito d’avventura « trascinante come le passioni e traversie d’amore che non malvolentieri vi avevano intrecciato le belle patriote ». Manfredi Camperio viaggiò poi l’Asia e l’Africa, fu cercatore d’oro in Australia, e tornato a Milano fondò col geografo Cristoforo Negri una società per il commercio e l’esplorazione coloniale e un giornale intitolato L’Esploratore. Frequentando la redazione del giornale, al quale dava qualche articolo geografico, il Casati si legò d’amicizia col Camperio. E poiché era sui quarantanni e desideroso, prima del crepuscolo, di evadere dalla vita mediocre e di tentar l’avventura, il giorno che dal Sudan Romolo Gessi scrisse al Camperio per chiedergli un ufficiale abile nelle operazioni di rilevamento topografico, si offrì di partire, sulle orme dei molti esploratori italiani che avevano percorso e visitato i paesi e le genti d’Africa non seguendo appetiti mercantili, ambizioni politiche, missioni confessionali, ma condotti soprattutto da un ingenuo amor del prossimo e della novità. Si era formata una tradizione, era sorto un tipo di esploratore italiano opposto a quello d’altre nazioni come la francese e l’inglese, conquistatrici, o, come si disse poi, imperialiste; un tipo di esploratore romantico. A questo tipo appartiene il Casati.
Seguendo fedelmente la relazione di viaggio del Casati (pubblicata nel 1891 col titolo Dieci anni in Equatoria e ritorno con Emin Pascià e scritta col solo sussidio della memoria perchè gli appunti originali erano andati dispersi durante il periodo che il Casati passò in prigionia presso Cabrega re dell’Unyoro), Riccardo Bacchelli ricostruisce punto per punto l’avventura africana del suo eroe non romanzandola o abbellendola fantasticamente, ma riducendola anzi al suo schema strettamente umano. Grandiosa e paurosa la cornice; ammirevole l’uomo, che in tempi tristissimi preannuncia l’italiano nuovo. Di lui disse il grande Stanley: «Casati, moderno Ulisse, ha mostrato durante una terribile decade di sofferenze di che cosa siano capaci gli italiani nelle più critiche circostanze ». Bastava dunque lasciar parlare i fatti; e il Bacchelli li ha lasciati parlare in quella sua prosa robusta, classicamente polita, degna della nostra tradizione migliore, che forma una delle attrattive dei suoi libri. Poi s’indovina sotto l’attenzione dello scrittore la cordialità dell’uomo; tutto il romanzo ne è come illuminato. In questa atmosfera d’arte e di sentimento si svolge, ricostruita dal Bacchelli, l’impresa dell’Ulisside: che divise le sorti di Emin Pascià e gli tenne fede a rischio della vita; prigioniero del re Cabrega e condannato a morte, riuscì a salvarsi con una drammatica fuga che gli permise di raggiungere le rive del lago Alberto e di intravedere per primo il Ruvenzori che poi lo Stanley doveva rivelare. Finiva, con la sconfitta di Emin e con l’abbandono di Equatoria, il sogno d’uno stato indipendente di indigeni sotto nome egiziano; si chiudeva un capitolo importante della storia coloniale centro-africana. Nell’estate del 1890 il Casati tornava in Italia: feste, onori, poi a poco a poco l’oblio. Lui, malato del mal d’Africa, inguaribile nostalgia, si mise a scrivere le sue memorie e, ritiratosi in Brianza, vi attese abbastanza serenamente la fine. « In Italia, rovesci e rinuncie della infelice guerra d’Etiopia, rendevano impopolare l’Africa e gli africanisti... ». Quando la morte lo colse, Gaetano Casati era guarito del mal d’Africa. Fu la notte dal 6 al 7 marzo del 1902.
Collezione: Diorama 26.12.34
Etichette: Il libro del giorno
Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Il libro del giorno,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 03 dicembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1908.