Contratti di oggi e di ieri (dettagli)
Titolo: Contratti di oggi e di ieri
Autore: F.T. Marinetti
Data: 1935-02-06
Identificatore: 1935_90
Testo:
Contratti di oggi e di ieri
Marinetti a Bontempelli
L’accordo degli Autori con gli Editori (con relativo contratto tipo) ideato dal nostro Sindacato da più di cinque anni, e che ha avuto nell’amico Corrado Govoni un primo lavoro preparatorio, è stato realizzato e firmato da me in questi ultimi mesi nella sede della Confederazione Professionisti e Artisti, coll’aiuto intelligente del Presidente on. Pavolini, del Segretario Generale Di Marzio e degli avvocati Gatto e Valerio. A loro quanto a me va la massa di lettere dispacci telefonate e rallegramenti che lo hanno elogiato.
Rispondo personalmente ad alcune critiche mosse dai soliti eleganti professionisti dell’ironia del dubbio e del pessimismo. Fra queste scelgo e noto alcuni apprezzamenti infondati di Massimo Bontempelli.
1°) È infondato considerare lo scrittore come un qualsiasi altro prestatore d’opera. Sindacalmente esso non rassomiglia agli altri prestatori d’opera. Appare invece spesso come un vero e proprio produttore, e quindi collabora con l’altro produttore di lavoro che è l’editore.
2°) Il prezzo e la tiratura delie pubblicazioni non sono stati mai elementi di libera trattazione che per alcuni celebri autori. Per tutta la Categoria non vi era possibilità di discutere in proposito.
3°) Evidentemente Massimo Bontempelli non ha letto l’articolo III dell' Accordo Collettivo che dice: « Nel caso di controversie individuali, aventi per oggetto la materia prevista dal contratto tipo di edizione, la parte, prima di adire la Magistratura competente, deve interessare l’Associazione Sindacale dalla quale è rappresentata, per il tentativo di conciliazione. In tal caso le Associazioni Sindacali di categoria eserciteranno collettivamente i controlli eventualmente necessari, presso l'editore o presso l'autore, eseguendo le verifiche e gli accertamenti che fossero adatti allo scopo ».
Basterebbe questo patto per dare una eccezionale importanza pratica all’accordo e al relativo contratto tipo.
4°) La stampigliatura da noi ottenuta, che appare al critico meno facoltativa di quella riconosciuta dall’articolo della legge sul diritto d’autore, è in realtà obbligatoria, poichè l’editore, nel contratto tipo, non ha più alcuna possibilità di opposizione.
5°) Massimo Bontempelli dà importanza alla eventuale diminuzione di prezzo della pubblicazione dimenticando che l’essenziale per l’intera Categoria (non per i celebri privilegiati) consiste nel termine obbligatorio di stampa fissato di comune accordo.
6°) La caratteristica delle famose consuetudini vantate e rivendicate a nostra confusione è quella di non essere mai state rispettate. Unica consuetudine spesso rispettata dagli editori è quella di dimenticare assolutamente i rendiconti. Considerino gli eleganti professionisti dell’ironia del dubbio e del pessimismo che il nostro accordo con gli editori ha la durata di tre anni ed è logicamente perfettibile. Vanta ad ogni mòdo il merito inconfutabile di aver messo per il primo su un piano di sincerità collaborativa e di chiare garanzie gli Autori e gli Editori.
F.T. Marinetti.
Gli scrittori e i "sùbiti guadagni"
I « sùbiti guadagni » non sono parole da imprimere a impresa sul blasone degli scrittori, Degl’italiani meno che degli altri, se è vero che un libro-successo del tipo delle avventure di Pinocchio, tirato a centinaia di migliaia di esemplari, ristampato anche ai nostri giorni e diffuso attraverso tre generazioni, ha reso al povero Collodi soltanto di che pagare un modesto debito di gioco. I carteggi degli autori coi loro editori sono, a questo riguardo, abbastanza istruttivi; e specialmente quelli della seconda metà dell’Ottocento ci forniscono dati interessanti sul costume letterario e sulle esigenze del mercato editoriale, nonchè sui suoi profitti. Qualche autore privilegiato non mancò: per esempio il De Amicis, ogni libro del quale contava su una massa di pubblico precedentemente mobilitata; ma si tratta sempre di casi che, appunto per illustrare la condizione generale, vengono citati come eccezionali. Lasciamo stare il Leopardi e il Manzoni, che all’ombra della loro gloria non raccolsero certo messi in libreria; ci sono capolavori che rendono in doni spirituali all’umanità quel che non rendono in doni pratici ai loro autori. Ma il Carducci, per esempio, cominciò a scrivere per pochi paoli le prefazioni ai classici della Biblioteca Diamante di Barbera, e continuò per tutta la vita a postillare e a insegnare, a curar testi, a scrivere prose d’arte e di battaglia e poesie civili per Sommaruga e per Zanichelli tenendo fede per conto suo all’antico dettato che « carmina non dant panem ».
Riassume un poco i motivi di tutti la confidenza alla quale, dopo il successo europeo del Santo, si lasciò andare Antonio Fogazzaro: « Centomila copie se ne sono vendute in America e in Inghilterra. Centomila copie che, per la mia inettitudine a mercanteggiare, non mi hanno reso neppure quello che mi rendono cento pagine sulla Revue des Deux Mondes ».
Questa inettitudine a mercanteggiare è la patente di nobiltà dell’artista, ma è anche la sua croce, quella che ispira il classico sorrisetto d’intesa e di commiserazione all'uomo pratico e al procacciante borghese.
Del resto, chi sa quanto siano state pagate le opere celebri? Dicono che Milton abbia ricevuto cinque sterline per il Paradiso perduto. Meglio protetti dalla sorte. Goldsmith ne ebbe cinquanta per il famoso romanzo Il vicario di Wakefield e il poeta Béranger cedette all’editore la proprietà delle sue opere complete per un assegno annuo a vita di 800 franchi.
Il passato è pieno di istruttivi insegnamenti in fatto di diritti d’autore, di proprietà letteraria e di relative rendite. Vedete Rousseau, che è forse l’uomo ch’ebbe maggior successo di libreria nel secolo XVIII: pare che in tutta la sua vita non abbia ricavato dalla vendita delle sue opere più di 20. 000 franchi. Non migliori affari fece Voltaire: egli generalmente regalava le sue opere, e quando le vendeva non realizzava certo delle fortune. Marivaux cedette tre lavori per una somma equivalente a 500 delle nostre lire; e Diderot si sottopose alla fatica dell'Enciclopedia per 1200 lire all’almo.
E questi sono i grandi scrittori. Ma, grandi e piccoli, i loro rapporti col mercato editoriale e librario sono stati in ogni tempo sostanzialmente idealistici. Diceva Diderot, ed è sentenza che si può ripetere ancor oggi, che gli editori è librai sono « persone delle quali facciamo la fortuna e che ci costringono a masticare foglie di lauro... ».
Collezione: Diorama 06.02.35
Etichette: F.T. Marinetti
Citazione: F.T. Marinetti, “Contratti di oggi e di ieri,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1999.