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Titolo: Letture: Bontempelli e gli schiavi

Autore: Eugenio Bertuetti

Data: 1935-02-13

Identificatore: 1935_106

Testo: Letture
Bontempelli e gli "schiavi"
L’ultimo libro di Massimo Bontempelli è, come dice lui, uscito dalle « viscere della Gazzetta del Popolo », l'ha stampato Mondadori, s'intitola La galleria degli schiavi ed è un libro molto importante. In un quadro aggiornato della letteratura italiana questa galleria viene da sé sola in primissimo piano, col rilievo l’imponenza e l’evidenza dei « primi piani » cinematografici. lì stupisce innanzitutto la bella spontaneità con cui ti è concesso — dopo così lungo e in apparenza sinuoso camminare — di ritrovare il Bontempelli di sempre, fedele a se stesso come pochi sanno esserlo, massime in tempi che le mode creano l’uomo in luogo d’esserne il frutto.
Non tutti i sedici racconti o novelle o favole o addirittura quadri — se vogliamo tenere conto del titolo del libro e dell’indice (che l’autore chiama catalogo) e della suddivisione di esso catalogo in Prima sala, Seconda sala, Corridoio dei disegni — non tutti sono già apparsi su queste colonne, ché almeno tre — Domenica, Salvato dalle acque, Re a passeggio — sono inediti, e tutti e tre stupendi.
In Domenica, con una maniera di comporre asciutta e levigatissima, tutta vòlta allo scopo, il Bontempelli ci dà in poche e spaziate paginette un racconto così denso e sorprendente da sbalordire. La vendetta di questo protagonista — il primo schiavo della serie — scoppia in un'atmosfera che più equivoca e borghese e reale non potrebbe essere, ma l'arte dello scrittore, indiavolata per accorgimenti, sottigliezze sintattiche, facoltà del dire con parole essenziali, riesce a trasformare gli elementi equivoci e borghesi e reali in fiori di stralucida fantasia, di guisa che il quadro (la favola) ti s'ingrandisce sotto gli occhi, t’occupa intero la coscienza — direi che si fa clamoroso in uno sfondo di silenzio rarefatto. (E non è certo il titolo scelto da lui, « Galleria degli schiavi », che ci fa pensare e scrivere come se proprio si trattasse di pitture, ma la qualità stessa degli oggetti e il modo di raccontarli. Sì, molta pittura, ma anche moltissima musica).
Schiavi sono dal primo all’ultimo i protagonisti di questa « galleria ». Alcuni lo sono soltanto di dentro — nell'intimo, altri soltanto di fuori; molti, quasi tutti, sono incatenati di dentro e di fuori. Cioè sono uomini, creature vive, che per sentire con spiritualità il dono non sempre generoso della vita, s'ammalano ogni tanto di insofferenza, di ribellione. Gli occhi di Massimo Bontempelli si sono posati diritti su questo male, misteriosissimo eppure comune, che provoca reazioni d’ogni genere a seconda degli individui, dalle più banali alle più impensate, qui grossolane e chiassose, là sottili recondite tortuose. Soprattutto queste ultime interessano l’arte dello scrittore, che per essere abituato a vedere a traverso i velami riesce a cogliere e registrare le manifestazioni che sfuggono al controllo della maggioranza. Sicché ogni ritratto, ogni sua piega tocco particolare ti colpiscono come rivelazioni. Ma c’è nella composizione bontempelliana un quid, un che di evidente e d’inenarrabile insieme, per cui tali rivelazioni ti vengono incontro con la leggerezza e la ricca vivacità della luce. Una fragranza, una giocondità che a tutta prima vorresti chiamare umorismo, e che poi t’accorgi essere molto di più, molto di meno, quella e un’altra cosa — e infinite altre cose. Parecchi di questi suoi schiavi il Bontempelli riesce a liberare, con trovate che sanno di tavola miracolistica (La prova dell’amore, Una rosa di più, L’elisire). Qui gli elementi della realtà — persone oggetti paesaggi — sono costruiti con nozione esatta del vero. Volumi da toccarsi, sentimenti che si potrebbero catalogare tanto sono controllabili, persone sulle quali potresti cucire un abito di lontano che non farebbe una grinza così bene le conosci, quand'ecco che d’un tratto — uno! due! tre! - il vero sensibile si fa trasparente, la materia grossa e spessa s’inciela. Se torni indietro e rileggi per renderti conto del miracolo — nella cui ineluttabile verosimiglianza eri entrato senz'accorgerti — la prosa disincarnata e felice, netta e vibratile come spera mattutina, ti si fa musica nell’anima, visione negli occhi, sfugge a ogni tentativo di analisi, s’impone alla fantasia, se la porta via con sé. Il verosimile — passato sotto esame — diventa vero.
(« Allora Stella pregava le rose: — Rose belle, prendetemi con voi. Deve essere fresco, col gambo nell’acqua; e vorrei anch'io avere tante foglie verdi. Prendetemi; tengo poco posto, rose;...
Alle parole di Stella, le rose tremarono un attimo sui capelli di lei.
Stella si spinse ancora un poco più in su. Senti il profumo delle tre rose farsi più denso e avvilupparla come un braccio soave e forte che la sollevava.
Il suo corpo si assottigliò, e tutta si faceva minuta, e saliva; attorno al collo sentì una collana di foglie spuntare e agitarsi con dolce festa... »).
Ma quando la bacchetta del mago non interviene, il sofferente rimane prigioniero con pochi spiragli aperti sull’azzurro di avare felicità, così lontani, inaccessibili, di sogno, che il male anzi che lenito le è esasperato (Finestra, La coppia più strana, Felicità della Madre). C’è davvero in queste creature una sofferenza acuita, e lo strano modo di patirla — prodotto d’intelligenza quintessenziale — la scopre poi è la irrita fin giù alle radici ultime, alle barbe capillari. Ne escono pagine sensibili come ferite a pena rimarginate, che hai paura di sfiorare, e se le tocchi ti pare d’aver toccato l'anima stessa del sangue che respira. Per contro in altri racconti, questa schiavitù che l’uomo si porta dentro da quando nasce, diversa a seconda del come nasce, erompe in modi bizzarri, allegri. Umanissima, nonostante la sofferente volgarità, è la ribellione del protagonista di Domenica; buffonesca, malta, bislacca quella del Salvato dalle acque e Dell’ultima notte di quell'anno; ironica e malinconica nel Re a passeggio.
Siamo così passati per la « prima sala », abbiamo percorso il « corridoio dei disegni », siamo usciti or ora dalla « seconda sala ». Se ci ascoltiamo sentiamo che la nostra esperienza spirituale s'è ingrandita — siamo diventati più ricchi. E abbiamo voglia di battere le mani.
Eugenio Bertuetti.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 13.02.35

Citazione: Eugenio Bertuetti, “Letture: Bontempelli e gli schiavi,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 14 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2015.